"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 11 aprile 2016

Scriptamanent. 1 “Quando il cittadino diventa un clandestino”.



Da “Quando il cittadino diventa un clandestino” di Barbara Spinelli, sul quotidiano la Repubblica dell’11 di aprile dell’anno 2012: Risale a più di dieci anni fa un articolo di Paul Krugman - uno dei più profetici - sul collasso della compagnia energetica Enron. La Grande Crisi che traversiamo fu preceduta da quel primo cupo segnale, e in esso l'economista vide, sul New York Times del 29 gennaio 2002, la forma delle cose future. Quella storia di finta gloria mischiata a frode era ben più decisiva dell'assalto al Trade Center, che l'11 settembre 2001 aveva seminato morte e offeso la potenza Usa. "Un grande evento - era scritto - cambia ogni cosa solo se cambia il modo in cui vedi te stesso. L'attacco terrorista non poteva farlo, perché di esso fummo vittime più che perpetratori. L'11 settembre ci insegnò molto sul wahabismo, ma non molto sull'americanismo". La vicenda Enron mise fine all'età di innocenza del capitalismo, svelando le sregolatezze e il lassismo in cui era precipitato. I sacerdoti di quell'età erano prigionieri di dogmi, e nessuna domanda dura scalfiva la convinzione che questo fosse il migliore dei mondi possibili. (…). …fra il 2007 e oggi la crisi ha cominciato ad avere i suoi morti, sotto forma di suicidi.
Sono iniziati in Francia, nel 2007-2008. Ora quest'infelicità estrema, impotente, lambisce Grecia e Italia, colpite dalla recessione e da misure che rendono disperante il rapporto fra l'uomo e il lavoro, l'uomo e la propria vecchiaia, l'uomo e la libertà. Senza lavoro, senza la possibilità di adempiere gli obblighi che più contano (verso i propri figli, la propria dignità) la stessa libertà politica s'appanna: diventi un emigrante clandestino in patria, un trapiantato. Suicidi di questo tipo non sono patologie intime, dislocazioni dell'anima che nella morte cerca un suo metodo. In Francia, in Grecia, in Italia, sono tutti legati alla crisi. Sono commessi da pensionati, lavoratori, imprenditori presi nella gabbia di debiti, mutui non rimborsabili, aziende fallite. È significativo che quasi tutti si immolino in piazza o nei posti di lavoro, lasciando lettere-testamenti che dicono l'indicibile scelta. (…). Il motivo sociale venne sottovalutato, come nel 2002 si sottovalutò il crollo di Enron, rovinoso per i fondi pensione di migliaia di lavoratori. (…). Il suicida è un indignato che naufraga perché non riconosciuto, non visto. (…). Chi ha detto che il capitalismo è movimento? Il suicidio studiato nell'800 da Emile Durkheim è l'autoaffondamento del cittadino cui sono strappati non solo i diritti ma gli obblighi stessi della cittadinanza: la libera sottomissione alla necessità del lavoro, il sentirsi parte di una società, di un ordine professionale, di un sindacato che includa e integri. A differenza del suicidio intimista, o dell'immolazione altruista, Durkheim lo chiama suicidio anomico. La sua radice è nell'anomia: nello svanire di norme che ogni crisi comporta. Nell'impunità di cui godono gli iniziati che di norme fanno a meno. In quest'anomia viviamo, senza più gli avvocati dell'individuo che sono stati i sindacati, gli ordini professionali, le chiese, i partiti. La corruzione di questi ultimi è una manna, per chi vuol fare un deserto e chiamarlo pace. Grecia e Italia ne sono malate, e non a caso è qui che il cittadino tramutato in cliente non spera più di essere udito. "Mai gli uomini consentirebbero a limitare i propri desideri se si credessero autorizzati a superare il limite loro assegnato. Ma per le ragioni suddette non possono dettarsi da soli questa legge di giustizia. Dovranno perciò riceverla da una autorità che rispettano e alla quale si inchinano spontaneamente. Soltanto la società, sia direttamente e nel suo insieme, sia mediante uno dei suoi organi è capace di svolgere questa funzione moderatrice, soltanto essa è quel potere morale superiore di cui l'individuo accetta l'autorità. Soltanto essa ha l'autorità necessaria a conferire il diritto e a segnare alle passioni il limite oltre il quale non devono andare". (Durkheim, Il suicidio, 1897). Della società fanno parte partiti, sindacati, imprenditori, governanti: tutti si sono rivelati incapaci di osservare e dunque imporre le norme, tutti sono portatori di anomia. Per questo leggi e tutele sono così importanti. Diceva nell'800 il cattolico Henri Lacordaire: "Tra il forte e il debole, tra il ricco e il povero, tra il padrone e il servitore: quel che opprime è la libertà, quel che affranca è la legge". Di legge, di nòmos, hanno bisogno i cittadini greci e italiani, apolidi in patria. Se è vero che viviamo trasformazioni planetarie, urge sapere che esse scatenano sempre un aumento di suicidi: secondo Durkheim anche i boom economici demoralizzano. Dobbiamo infine sapere che Camus aveva ragione: la rivolta è la risposta, l'unica forse, al suicidio (…). Quando è positiva, la rivolta tende a reintrodurre il senso della legge lì dove s'è insediata l'anomia.

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