"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 31 marzo 2016

Lalinguabatte. 17 “Mimmu ‘u curdu”.



Manca ancora il “pigolio” dell’uomo di Rignano sull’Arno. Ma sono certo che non ci sarà. Poiché a quell’uomo che diserta impegni di governo o istituzionali per abbracciare sportivi e non che facciano però notizia di “Mimmu ‘u curdu” non importa proprio nulla. Ha scritto infatti Alessia Candito sul quotidiano la Repubblica di ieri  - “Il sindaco calabrese tra i potenti della Terra. Grazie ai migranti il mio paese è rinato" - nella interessante intervista a “Mimmu ‘u curdu”, che al secolo risponde al nome di Domenico Lucano, sindaco di Riace, il paese dei “Bronzi”, che il modello d’accoglienza messo in atto da “Mimmu ‘curdu”, per come scrive anche la rivista Fortune che lo ha indicato tra le 50 persone più influenti al mondo, "ha messo contro Lucano la mafia e lo Stato, ma è stato studiato come possibile soluzione alla crisi dei rifugiati in Europa".Allora è inutile attendere il “pigolio” di cui sopra. Ho ascoltato la bella voce di “Mimmu ‘u curdu” stamane alle ore 10 nel programma radiofonico “Tutta la città ne parla” su RadioRai3 e mi sono sentito riconciliare con il mondo intero. Tale e tanta è la voglia di sapere e di conoscere esseri umani semplici e di grande valore morale e civico. Afferma “Mimmu ‘u curdu” nella intervista: "Da militante del movimento studentesco pensavo di poter partecipare alla costruzione di un mondo migliore. Poi quella via in Italia si è smarrita, ma a me è rimasta la voglia di fare qualcosa di concreto. Provarci non è stato semplice: la prima volta che mi sono candidato, non mi ha votato neanche mio papà. Poi, nel '98, sulle nostre coste è sbarcato un veliero pieno di richiedenti asilo curdi. E quell'esperienza ha cambiato tutto".Ho capito così da quale mondo “Mimmu ‘curdu” provenga e quali strade della speranza abbia battuto. Non meriterà pertanto il “pigolio” dell’uomo di Rignano sull’Arno.
“Mimmu ‘u curdu” “si è guadagnato il 40esimo posto nella classifica delle persone più influenti al mondo della rivista Fortune, fianco a fianco con Angela Merkel, papa Francesco e l'ad di Apple, Tim Cook. In passato, aveva fatto innamorare un regista come Wim Wenders, che a Riace ha dedicato il film Il Volo”. E lui, nell’intervista sostiene: "Qui non ci sono centri d'accoglienza, qui ai migranti diamo una casa vera". Ed ancora: Lei è l'unico italiano in classifica . Si è chiesto perché? "Non so neanche chi mi abbia candidato. Forse una studentessa statunitense che ha lavorato su Riace, o una tv che si è occupata di noi. Io l'ho saputo da chi mi chiamava per farmi i complimenti, ma per me non è cambiato niente. Sono solo un sindaco che ci mette l'anima. Nonostante le difficoltà di un territorio condizionato dalle mafie, da problemi economici, dalla disoccupazione e dall'isolamento istituzionale, è un lavoro appassionante". Qual era, prima, la vita di Mimmo Lucano? "Per anni, sono stato un insegnante del laboratorio di chimica. Ora sono in aspettativa, ma non ho mai vissuto di politica né intendo farlo in futuro. Sono stato anche io un emigrante a Torino, a Roma. Tornare in Calabria è stata la scelta più difficile: come tanti, avrei potuto costruire la mia vita al Nord, ma la voglia di tornare era troppo forte". (…). Cos'è successo? "Anche con l'appoggio di monsignor Bregantini, allora vescovo di Locri, che invitò ad aprire i conventi per accogliere i migranti, ci venne l'idea di usare le case abbandonate del centro storico per ospitare un popolo in fuga. In paese non erano rimaste più di 400 persone, una comunità che si spegneva giorno dopo giorno. Poi, Riace ha aderito al Programma nazionale asilo ed è diventata luogo di transito di tantissimi migranti. Questo ha dato speranza a chi è arrivato, ma anche a chi ha accolto".Questa esperienza è servita da modello in Calabria? "Quando discutono di immigrazione in Regione neanche mi chiamano. Pensavo che il governatore Mario Oliverio, che come me viene da una tradizione di sinistra, sarebbe stato più aperto al confronto. Nel 2009, l'ex presidente della Regione Loiero fece approvare una legge nota come "Modello Riace". La presidente della Camera Laura Boldrini è nostra cittadina onoraria. Oggi non riusciamo più a farci ascoltare". Si è pentito di essere tornato? "No, ma non è stato facile. Qui sono solo: mia moglie è a Siena, i miei figli studiano a Roma. Ma quest'esperienza, per quanto non pretenda di risolvere i problemi del Sud, dà un contributo. Dimostra che un altro modo di agire è possibile". Ha scritto in “Il nostro grido di dolore che il mondo non vuol sentire”  Enaiatollah Akbari, ragazzo afgano arrivato in Italia come profugo, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 5 di settembre dell’anno 2015: Chissà che cosa sarebbe diventato, il piccolo Alan. Magari un bravo avvocato, o un grande chirurgo. Invece il destino l’ha fatto morire troppo presto, sulle coste della Turchia, dopo esser fuggito assieme ai genitori dal suo Paese e aver abbandonato il suo nido, distrutto dalle bombe. In questi mesi, purtroppo, la sfortuna si accanisce su tanti altri bimbi, che magari non riescono neanche ad avvicinarsi all’Europa, perché falciati prima dalla fame o dalla sete. Altri piccoli, e sono molti di più di quanto non si creda, muoiono al settimo o all’ottavo mese nella pancia di una madre così stremata da non riuscire a portare a termine la gravidanza. Noi rifugiati siamo gente molto fragile. E tra gli umani apparteniamo alla categoria più debole. Già nel nostro Paese d’origine non abbiamo diritti, e subiamo le peggiori ingiustizie. Imploriamo aiuto al resto del mondo, ma non c’è quasi mai nessuno che ascolti il nostro dolore, nessuno che senta il nostro grido. Lo stesso accade quando siamo all’estero. Che esistono i diritti dell’infanzia e i diritti dell’uomo l’ho scoperto dopo essere approdato in Italia, quando ho cominciato a leggere e studiare. Prima, non me n’ero accorto che c’erano delle leggi internazionali sancite al solo scopo di proteggere l’essere umano, come non se ne accorgono i migranti in viaggio da Siria, Afghanistan o Nigeria. I diritti dell’uomo vengono forse rispettati al di qua del muro europeo, sicuramente non al di fuori. Perciò, per la maggior parte dei profughi sono un concetto molto astratto, di cui non vedono mai l’applicazione e nei quali hanno difficoltà a credere. Ora, senza l’applicazione di questi diritti, che ne è dei principi fondamentali degli Stati che li hanno firmati? La mia esperienza di guerra, vissuta quando vivevo in Afghanistan, mi ha insegnato che i bambini sono sempre i primi a morire. Ciò accade perché quando si trovano davanti a un campo minato, anche se i genitori li hanno messi in guardia e anche se ci sono dei cartelli che ne indicano il perimetro, loro non sono in grado di valutarne la pericolosità. Ci vanno ugualmente e saltano per aria. Oppure, quando una casa viene bombardata, sono loro i primi a morire, perché i più lenti. Io ce l’ho fatta, perché sono stato più fortunato di altri, e non più forte di loro. Per riuscire ho attraversato due guerre: quella nel mio Paese, dal quale era difficilissimo e pericolosissimo uscire; e quella per arrivare in Europa, dopo un viaggio interminabile, con pochissimo cibo e pochissima acqua. Lo stesso succede in questi giorni ai profughi che arrivano in Ungheria. Hanno attraversato mari, deserti e montagne, e quando arrivano lì, la prima cosa che trovano è il filo spinato che gli blocca la cammino. Vorrei solo che i popoli d’Europa capissero perché tanta gente s’ammassa alle sue porte. La maggior parte di chi fugge lo fa perché in patria è perseguitato. Che significa essere perseguitato? Significa che se ti trovano a casa tua, siano essi poliziotti, nemici o islamisti, ti ammazzano. Ho come l’impressione che questo concetto di persecuzione non sia chiaro a tanti. I siriani, per esempio, sono perseguitati dalle falangi dello Stato islamico, che torturano, chiudono le persone nella gabbie e gli danno fuoco, decapitano. Ora, le vittime di queste barbarie sono persone come noi, ma che hanno solo avuto la sfortuna di nascere in un Paese in guerra. Sono esseri umani come noi. Sono nostri fratelli, ai quali nessuno dovrebbe sbattere la porta in faccia. Mi fanno ridere coloro che temono l’arrivo di terroristi, travestiti da profughi. Infatti, tra i migranti siriani non ci sono uomini dello Stato islamico, né tra quelli afgani dei Taliban o tra i nigeriani dei guerriglieri di Boko Haram. Oggi ho 27 anni, e studio Scienze politiche e cooperazione all’Università di Torino. Sono pronto a qualsiasi lavoro mi verrà offerto, ma il mio sogno è di lavorare per le Nazioni Unite. Per poter al più presto aiutare le persone che stanno vivendo adesso l’odissea che fu la mia. Chi ricorda più il piccolo Alan morto su di una spiaggia turca? Non merita più un “tweet”, è passato di “moda”. Figurarsi se lo meriti “Mimmu ‘u curdu”. “Mimmu ‘u curdu” e la Sua gente di Calabria hanno ascoltato quel “grido di dolore che il mondo non vuol sentire”.

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