"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 30 dicembre 2015

Paginatre. 16 “Buon anno, Terra!”.



Da “L’Occidente in guerra con la natura” di Emilio Molinari, su “il Fatto Quotidiano” dell’11 di dicembre 2015: L’Isis ha dichiarato guerra all’Occidente, rispondiamo senza pietà al canto della Marsigliese. Non ho tentennamenti nella condanna al terrorismo e al cordoglio delle vittime, ma l’unanime grido: sono in gioco la nostra civiltà, i nostri valori, il nostro stile di vita, la nostra felicità e la nostra gioia…mi inquieta. Perché? Perché sono convinto che siamo nel bel mezzo di una “Terza Guerra Mondiale a pezzi” di cui il terrorismo in nome di Dio è solo uno dei tanti pezzi. Che l’orrore parigino è solo una delle tante “rotture” con le quali il pianeta ci segnala che non ci regge più…e non regge proprio il nostro stile di vita, la nostra felicità, la nostra gioia e… l’arroganza della nostra cultura. Perché siamo in guerra con la natura, la quale proprio a Parigi, alla Cop 21 sul clima, ci presenta un conto salatissimo, tragico e ultimativo. E non sarà chiudendo la bocca agli ambientalisti in nome della sicurezza che risolveremo i problemi. Siamo in guerra con gli emigranti che assediano le nostre frontiere. Siamo in guerra con i beni comuni: l’acqua, la terra, l’aria, il fuoco. Le guerre portano il segno dell’accaparramento dei combustibili fossili che scarseggiano. Sono infinite e hanno provocato un milione di morti nel solo Iraq: dolore, torture e indicibili umiliazioni, inflitte a intere popolazioni dall’Occidente, senza “dissociazione” alcuna da parte nostra. Ci scusiamo dopo, per gli errori commessi, mai per gli orrori e il dolore generati. I mutamenti climatici provocano morte e dolore incalcolabili. Quarantasette bambini ogni giorno muoiono affogati in Bangladesh, solo perché il paese va sott’acqua. E non per colpa dei poveri della terra, ma perché ogni ora il nostro mondo spara nell’atmosfera centinaia di milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Siamo in guerra per l’acqua e con l’acqua e pensiamo di privatizzarla. I nostri governi e le nostre multinazionali negano l’accesso all’acqua potabile a un miliardo di persone e 5.000 bambini muoiono ogni giorno per questa ragione. Siamo, (…), in guerra con i contadini per accaparrare le terre e cacciarne uomini e donne che ci vivono da secoli.
La guerra agli emigranti è sotto i nostri occhi con muri, fili spinati, barche affondate e con il modo con il quale li trattiamo in Occidente: sfruttati, umiliati, insultati, schiavizzati. E siamo in guerra con i poveri delle favelas e con i poveri delle nostre stesse periferie cittadine. Ma non ci passa per la testa che al fondo c’è proprio il nostro stile di vita occidentale intoccabile e che sbandieriamo come una chimera a tutto il resto del mondo. Parliamo dei nostri valori mentre priviamo i nostri stessi cittadini europei dei diritti sociali fondamentali su cui si fondano le nostre Costituzioni. Anzi, cancelliamo dalle Costituzioni questi diritti e li sostituiamo con il pareggio di bilancio. Circondati da povertà, da ingiustizia, da catastrofi ambientali, consideriamo le cose inutili indispensabili e i nostri desideri diritti universali. Vengono al pettine tutte le contraddizioni del “nostro sviluppo” e il mondo, come una locomotiva, corre inarrestabile verso la catastrofe, guidata da un impalpabile conduttore: il mercato, che guida la Casa Comune senza “misericordia alcuna” ad una velocità infinitamente superiore alle nostre capacità di pensare. Di pensare al dolore e all’odio che seminiamo in tutto il mondo, di pensare a come rielaborare questo nostro dolore spettacolarizzato, per sentire quello ignorato, che provochiamo negli altri. Il dolore universale è l’elemento da far emergere dai tragici fatti di Parigi. Da decenni l’Occidente genera indifferenti e conformisti, incoscienti del grande dolore che il futuro prossimo ci riserva. So che dire queste cose oggi con i morti di Parigi negli occhi, viene letto come tradire o giustificare l’orrore; è sottrarsi “all’arruolamento” nell’esercito occidentale. In questo contesto, so di sottrarmi alle domande sul che fare per fermare l’ISIS, ma sento che la priorità è quella di generare un grande movimento per cambiare le coscienze e il nostro stile di vita. Sento che il Papa è l’unica autorità mondiale a parlare del “grido che sale dall’umanità e dalla Terra”. Ed è inascoltato, attaccato da destra e ignorato da una sinistra diffidente e in tutt’altre faccende affaccendata. Attaccato da un laicismo ideologico che rischia di diventare una nuova forma di cecità che,  mentre il mondo va a rotoli, sembra appassionarsi solo per i temi delle coppie gay o per l’eutanasia. Mi è difficile come laico e di sinistra farmi capire su questo terreno. Difficilissimo dire alla sinistra e ai laici di buona volontà, che oggi il Papa e l’”Enciclica Laudato Si”, sono forse l’unica chance che abbiamo. Che non è un tradimento delle nostre convinzioni “arruolarci” nelle file di un movimento che ha questo “manifesto per il XXI” come richiamo. Non piacerà se sento di dover lanciare un appello al mio mondo, laico e di sinistra. E cioè che di fronte ai tamburi di guerra, all’imbarbarimento di quelli senza pietà e all’indifferenza dominante, occorre cogliere nel Giubileo della “misericordia” qualcosa anche di nostro e nelle migliaia di iniziative e di mobilitazioni che determinerà non un “fastidio”, ma una occasione unica, anche nostra, di esserci, di partecipare e di mobilitazione. Un anno, quello del Giubileo, in cui è doveroso costruire un ponte con i credenti, per dare vita assieme a un indispensabile grande movimento di resistenza alla Terza Guerra Mondiale, per la Pace con l’umanità e la natura e…. per l’Egalité e la Fraternité sparite dai nostri “valori” laici e occidentali.

Da “Il nostro sviluppo inquina per natura” di Massimo Fini, su “il Fatto Quotidiano” del 29 di dicembre 2015: (…). I paesaggi così come li abbiamo conosciuti finora, in Italia e nel mondo, siamo destinati a non vederli più, se non attraverso ricostruzioni virtuali rese possibili dalla tecnologia, così come in Cina viene riprodotto un Colosseo che nella realtà non esiste più da secoli e a Las Vegas, fra rovine romane artefatte, ogni giorno Bruto pugnala Cesare. Né il disboscamento è la causa principale delle famigerate polveri sottili che non sono che un aspetto, parziale, dell’inquinamento globale che sta sconvolgendo il clima in tutto il mondo sviluppato o in via di sviluppo e anche in quello che allo sviluppo non partecipa e nemmeno ne vorrebbe sapere, ma ne rimane coinvolto perché l’inquinamento prodotto dai Paesi industrializzati non riconosce, come la Bomba Atomica, i confini. (…). Perché vorremmo che fosse terminata al più presto la Napoli-Reggio Calabria, (…) in attesa da anni? Per rendere più scorrevoli e veloci i collegamenti fra Nord, Centro e Sud Italia. E perché devono essere più veloci? Per poter produrre meglio e di più. Cioè per poter crescere di più. Ma non ci può essere crescita senza inquinamento. L’una include l’altro. Se a Pechino non si può più nemmeno respirare è perché la Cina sta crescendo a ritmi forsennati, da quando, come l’India, è entrata nella logica del modello di sviluppo occidentale. Ciò che dobbiamo fare, in Italia e nel mondo sviluppato o in via di sviluppo, non è mettere ridicoli divieti alla circolazione delle automobili, pannicelli caldi che come dimostra l’esperienza servono a poco o nulla (la notte di Natale a Milano, dove non circolava un’automobile, i livelli di Co2 erano comunque superiori ai già laschi limiti) sperando con apposite danze rituali che arrivi la pioggia in modo che l’inquinamento invece che dall’alto ci arrivi, attraverso la corruzione delle falde acquifere, dal basso infilandosi su per il buco del culo. Quello che dobbiamo fare è ridurre la produzione, che è esattamente ciò che l’attuale modello di sviluppo non ci consente. Nella notte di Natale, Papa Bergoglio sotto la forma dell’ammonimento morale ha fatto il più duro attacco, a quanto io ricordi, almeno a livello di una autorità così importante, al modello di sviluppo industriale: “In una società spesso ebbra di consumo e di piacere, di abbondanza e lusso, Lui ci chiama a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale”. Se seguissimo – parlo naturalmente della parte ricca del mondo –le indicazioni del Papa e cioè non fossimo ebbri di consumo e di piaceri e tornassimo alla sobrietà e all’essenziale crollerebbero, appunto, i consumi, oggi, come sempre, tanto invocati e la produzione. E con essi l’economia dominante. Ma in quel riferimento a un ritorno all’“essenziale”e a una vita più semplice c’è anche il succo morale del discorso di Bergoglio. Perché è nell’essenziale che si ritrova quella gerarchia di valori, pre-economici, pre-politici, pre-ideologici e, oserei dire, anche pre-religiosi che oggi abbiamo perduto, non solo in Italia naturalmente, anche se in Italia in modo più evidente e sfacciato, ma nell’intero mondo cosiddetto sviluppato. Va da sé che il monito del Papa in quella notte che dovrebbe essere spirituale ma tale non è più da tempo, non verrà ascoltato da nessuno perché nessuno ha orecchie per intendere né, tantomeno, voglia di disturbare il Manovratore.

1 commento:

  1. Grazie, Aldo Ettore, di queste letture che ci offri e che inquietano la nostra coscienza avvelenata dalla droga del consumismo. E' difficile liberarsi da abitudini negative.
    Ma dobbiamo sforzarci di invertire la tendenza e adottare uno stile di vita sobrio che permetta ai quattro quinti della umanità di cominciare a non morire di fame. Buon anno, in questa direzione. Un abbraccio. Franca.

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