"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 1 luglio 2015

Oltrelenews. 50 “SOS Europa”.



Da “L'esperimento su Atene: svuotare la democrazia” di Barbara Spinelli, su “il Fatto Quotidiano” del 9 di giugno 2015: (…). …un’oligarchia tecnico-politica sta usando la Grecia per accrescere il proprio potere disciplinatore nell’Unione, e ciò avviene collaudando un preciso modello di democrazia, de-costituzionalizzata e de-parlamentarizzata. (…). L’esperimento è riuscito, dal punto di vista dei collaudatori, perché la meta fondamentale è raggiunta. Le democrazie e le costituzioni nazionali stanno subendo erosioni progressive e il suffragio universale, soprattutto, viene ridotto a variabile fastidiosa, da aggirare o sacrificare. Efficacia e governabilità prendono il posto della rappresentatività, nella gerarchia delle priorità, e il colpo di mano è reso possibile dall’identificazione fra sovranità nazionali e sovranità popolari. La perdita delle prime, sempre più forte dal dopoguerra, trascina nel baratro anche le sovranità cittadine. Quest’evaporazione generale di sovranità viene in genere presentata come premessa di uno sviluppo federale dell’Unione, ma nessuna Federazione è in vista, sicché la sovranità semplicemente si disperde, a vantaggio dei poteri che gestiscono la globalizzazione e sono chiamati sbrigativamente mercati. Il negoziato fra Atene e Unione assumerebbe tutt’altra forma, in un’unione politica che fosse federale. Conterebbero gli argomenti avanzati dal governo greco – esisterebbe un’agorà europea – e non prevarrebbe la potenza relativa di questo o quello Stato. Non è pensabile, in una Federazione, che uno Stato membro venga punito, per il proprio debito, con l’estromissione dalle istituzioni federali e dalla loro moneta. Le Federazioni nascono proprio per evitare questo. Il fatto è che assistiamo a una formidabile regressione dell’Europa, e questo è il vero esperimento in corso. Il caso greco serve a mettere in questione l’idea sorta nel dopoguerra di un’Europa che sormonti in tre modi i vecchi equilibri fra potenze nazionaliste – la balance of power che scatenò due guerre mondiali nel ‘900: creando permanenti vincoli di solidarietà fra gli Stati, preservando le sovranità popolari che fondano le democrazie costituzionali, e facendo della lotta alla povertà, del Welfare, il perno della nascente comunità. La nuova Europa oligarchica che nella crisi è andata consolidandosi è governata da un finto “federalismo degli esecutivi”, come ha scritto Jürgen Habermas, e il direttorio è responsabile  dell’entropia che stiamo vivendo: un graduale depotenziamento dei Parlamenti, e una tendenza dell’unità europea a spoliticizzarsi e morire. L’entropia dell’Unione europea non comincia oggi ma già negli anni ‘70, quando la Commissione Trilaterale incaricò tre politologi di redigere il vademecum della democrazia de-costituzionalizzata, al fine di renderla “governabile”. (…). E se parlo di formidabile regressione, è perché quel che fa ritorno è l’antica offensiva ottocentesca contro il suffragio universale: quella che imperversò quando in Inghilterra furono introdotte le prime estensioni del diritto di voto. Il suffragio era il nemico da abbattere, perché metteva in forse i vecchi poteri costituiti. La stessa polemica colpì, grosso modo negli stessi anni, i primi timidi tentativi di introdurre leggi di Welfare contro le devastazioni sociali della rivoluzione industriale.Ambedue, suffragio e Welfare, rappresentavano una minaccia per le élite fino ad allora protette, e quindi per le autorità dei governi. (…).

Da “Così si salva la democrazia”, appello di Barbara Spinelli - europarlamentare indipendente del “Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica” – e di Étienne Balibar  filosofo francese, sul quotidiano la Repubblica del 29 di giugno 2015: Caro direttore, chiediamo ai tre creditori della Grecia (Commissione, Banca centrale europea, Fondo Monetario internazionale) se sanno quello che fanno, quando applicano alla Grecia un’ennesima terapia dell’austerità e giudicano irricevibile ogni controproposta proveniente da Atene. Se sanno che la Grecia già dal 2009 è sottoposta a un accanimento terapeutico che ha ridotto i suoi salari del 37%, le pensioni in molti casi del 48%, il numero degli impiegati statali del 30%, la spesa per i consumi del 33%, il reddito complessivo del 27%, mentre la disoccupazione è salita al 27% e il debito pubblico al 180% del Pil. Al di là di queste cifre, chiediamo loro se conoscono l’Europa che pretendono di difendere, quando invece fanno di tutto per disgregarla definitivamente, deturparne la vocazione, e seminare ripugnanza nei suoi popoli. Ricordiamo loro che l’unità europea non è nata per favorire in prima linea la governabilità economica, e ancor meno per diventare un incubo contabile e cader preda di economisti che hanno sbagliato tutti i calcoli. È nata per opporre la democrazia costituzionale alle dittature che nel passato avevano spezzato l’Europa, e per creare fra le sue società una convivenza solidale che non avrebbe più permesso alla povertà di dividere il continente e precipitarlo nella disperazione sociale e nelle guerre. La cosiddetta governance economica non può esser vista come sola priorità, a meno di non frantumare il disegno politico europeo alle radici. Non può calpestare la volontà democratica espressa dai cittadini sovrani in regolari elezioni, umiliando un paese membro in difficoltà e giocando con il suo futuro. La resistenza del governo Tsipras alle nuove misure di austerità — unitamente alla proposta di indire su di esse un referendum nazionale — è la risposta al colpo di Stato postmoderno che le istituzioni europee e il Fondo Monetario stanno sperimentando oggi nei confronti della Grecia, domani verso altri Paesi membri. Chiediamo al Fondo Monetario di smettere l’atteggiamento di malevola indifferenza democratica che caratterizza le sue ultime mosse, e di non gettare nel dimenticatoio il senso di responsabilità mostrato nel dopoguerra con gli accordi di Bretton Woods. Ma è soprattutto alle due istituzioni europee che fanno parte della trojka — Commissione e Banca centrale europea — che vorremmo ricordare il loro compito, che non coincide con le mansioni del Fmi ed è quello di rappresentare non gli Stati più forti e nemmeno una maggioranza di Stati, ma l’Unione nella sua interezza. Chiediamo infine che il negoziato sia tolto una volta per tutte dalle mani dei tecnocrati che l’hanno fin qui condotto, per essere restituito ai politici eletti e ai capi di Stato o di governo. Costoro hanno voluto il trasferimento di poteri a una ristretta cerchia di apprendisti contabili che nulla sanno della storia europea e degli abissi che essa ha conosciuto. È ora che si riprendano quei poteri, e che ne rispondano personalmente.

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