"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 19 dicembre 2014

Sfogliature. 34 “L’otto per mille andrebbe abrogato”.



C’è stato un tempo nel quale ad una rubrichetta di questo blog avevo dato per titolo “Cattivipensieri”. Cattivi, non sempre però, ma fissi lì come quei pensieri che affollano la mente e che non ti lasciano in pace come quel tarlo del legno della aggressiva attività del quale il segnale più evidente risulta essere, ad un cento punto, quella impalpabile polverina che si deposita sul pavimento sovrastato dal legno aggredito e finemente sminuzzato. Trascrivo quel post di quella rubrichetta di “cattivipensieri” che risale all’8 di giugno dell’anno 2010 - “L’otto per mille andrebbe abrogato” – :
“Per me c’è qualcosa di strano nelle valutazioni etiche di quanti credono che una divinità onnipotente, onnisciente e benevola, dopo aver preparato il terreno per molti milioni di anni di nebulosità priva di vita, possa considerarsi giustamente ricompensata dall’apparizione finale di Hitler, Stalin e della bomba H”. Bertrand Russell, “Perché non sono cristiano”, Longanesi (2006). Da “Otto per mille: a chi?” di Paolo Flores d’Arcais, pubblicato sul giornale “il Fatto Quatidiano”.“(…). All’origine della democrazia liberale, (…), sono i Padri fondatori degli Stati Uniti d’America che stabilirono in modo rigoroso il principio secondo cui ogni confessione religiosa si mantiene materialmente con le donazioni dei fedeli, senza oneri per lo Stato (…). Punto. (…). L’otto per mille è invece una violazione doppia del principio di laicità, l’Italia in questo vuole essere all’avanguardia. Non solo perché lo Stato si fa esattore per la Cei – Conferenza Episcopale Italiana – di oboli che i fedeli dovrebbero versare direttamente, secondo generosità volontaria (…), ma perché il cittadino che non firma per nessuna confessione religiosa e neppure per lo Stato (almeno la metà dei contribuenti), versa egualmente l’obolo che palesemente non intende dare: d’ufficio e obtorto collo, a tutte le confessioni religiose e allo Stato (cioè al governo) in proporzione alle scelte fatte dagli altri contribuenti. Ma non finisce qui. Lo Stato, cioè il governo, della quota racimolata fa spesso un uso che più improprio non si può, cioè la storna di nuova alla Chiesa gerarchica come sostegno e contributo alle iniziative più diverse. Insomma: l’otto per mille andrebbe abrogato, questa è l’unico obiettivo coerente da un punto di vista democratico. Del resto andrebbe abrogato il Concordato in quanto tale, sempre secondo quella coerenza che nel centocinquantesimo anniversario della nascita della strombazzata – solo nella retorica – Patria, sarebbe un piccolo omaggio concreto alla memoria dei patrioti che l’Italia hanno fatto, cominciando da Garibaldi, Mazzini e Cavour, il più moderato, ma comunque intransigente nell’opporre a ogni cedimento concordatario il sacrilego (Pio IX dixit) ‘libera Chiesa in libero Stato’. Oggi non c’è nessuna forza politica disposta a prendere neppure lontanamente in considerazione l’abrogazione dell’otto per mille (non parliamo del Concordato). E poiché il tema – almeno a sé stante – non sembra tale da mobilitare le masse in piazza, per il cittadino laico sembra non resti nulla da fare se non rodersi il fegato in isolata e impotente indignazione. E invece no, qualcosa si può fare, e anche di notevole e materialissima efficacia, contro questa prepotenza clericale. (…). C’è (…) già la possibilità, per quanto possa suonare paradossale, di combattere il clericalismo con la religione. Esiste infatti una confessione religiosa che si impegna solennemente – e fornisce tutti gli strumenti di controllo – a utilizzare la sua quota di otto per mille esclusivamente per opere di beneficenza o promozione culturale, puntualmente elencate, e di non spendere neppure un euro per i propri pastori d’anime o per le strutture materiali delle proprie chiese. Non a caso ho detto pastori, perché si tratta della Chiesa valdese, ora ufficialmente denominata Chiesa Evangelica Valdese - Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste -, dalle nobilissime origini eretiche e conseguenti persecuzioni di secoli, caratterizzata da un atteggiamento di rispetto della laicità che manca purtroppo a tanti scettici, miscredenti e atei (più o meno devoti). Versare l’otto per mille a questa confessione è oggi la scelta più radicalmente laica che si possa fare, e infatti a praticarla non sono solo tanti agnostici e atei (non devoti) ma perfino dei cattolici che sentono l’obbedienza a quanto dice il Vangelo più importante dell’obbedienza alla Cei dei Ruini e dei Bagnasco o al Vaticano del Papa e dello Ior. (…)”.Una personale considerazione all’appello di Paolo Flores d’Arcais, appello che condivido pienamente. L’appartenenza di ciascuno di noi ad una qualsivoglia confessione religiosa è un fatto personale e privatissimo. Personale e privatissimo. Punto. Da questo assunto, ne deriva che, se ho bisogno di curare in vita la mia anima e salvarla dalle pene eterne dell’inferno, sarà piacere mio e dovere mio sostenere i rappresentanti della confessione da me prescelta, o tramandatami dall’educazione familiare o impostami per ragioni diverse. Sarebbe questo un modo per impetrare le benevolenze del cielo, un modo tangibile – anche pecuniario - per conquistare il mio posticino per la visione eterna e consolatoria dell’onnipotente. Un biglietto d’ingresso per l’eternità. Una conquista della vita futura attraverso un sacrificio monetario e patrimoniale diretto e personale. Di tutto ciò non si ha traccia nella pratica del cosiddetto otto per mille inventato nel bel paese per compiacere soprattutto la religione fattasi chiesa di potere, la chiesa di Roma. Avviene invece che, dalla fiscalità generale, ovvero dal gruzzolo di danaro che la fiscalità preleva dalle tasche di tutti i cittadini del bel paese e che servirebbe per le finalità generali e laiche di un paese veramente moderno, una fetta di quel gruzzolo viene sottratta alle utilizzazioni più pregnanti per sostituirsi così, con il concorso della fiscalità generale, agli adepti tiepidi ed eventualmente inadempienti, che dovrebbero invece concorrere, con il personale diretto impegno e sacrificio, a sostenere la propria confessione religiosa di appartenenza o di scelta. Facile e di carità pelosa è a questo punto sostenere la propria confessione religiosa con il concorso di tutti indistintamente, con il concorso anche di coloro che non avrebbero in animo di sostenere alcuna confessione che sia. Sarebbero gli adepti della chiesa di Roma disposti a sostenere con il proprio reddito, e non con il gruzzolo della fiscalità generale, la propria chiesa? Ci sarebbe da dubitarne. Con l’otto per mille si è consumato nel bel paese un solenne atto di deresponsabilizzazione dei sedicenti “fedeli”; è stato, peraltro, un sottrarli ad un atto di obbedienza dovuto e necessario nei confronti della propria confessione, qualora, sollecitata la loro morale, li si fosse chiamati a rispondere di persona, con i propri averi, per il sostentamento dell’imponente apparato clericale della chiesa di Roma. Sottratti, come sono stati sottratti all’obbligo dell’obbedienza, non vedo in quale misura e forma possano essi trovare conforto all’interno di una morale che appare, con tutta evidenza, tiepida tiepida. Ha scritto Fernando Savater nel Suo “La vita eterna”   edito da Laterza (2007) alla pagina 172 -: “(…). … la peculiarità della religione è fomentare l’obbedienza, non la morale autonoma basata su ragioni o sentimenti. E l’unica motivazione che in realtà toglie peso morale a un comportamento è l’agire per mera obbedienza… soprattutto se viene rafforzata da timori di punizioni divine o dall’attesa di ricompense celesti. Sottomissione, intimidazione o corruzione… Che bel cammino per raggiungere la perfezione morale! Così si riesce a mettere la gente sulla retta via, non a renderla migliore… e nemmeno eticamente matura. (…)”. E venendo ai giorni nostri leggo su “il Fatto Quotidiano” del 16 di dicembre ultimo l’interessante nota a firma di Marco Politi che ha per titolo “Alcol e omissioni (sull’8 per mille)”: (…). Il giovane premier, così intento a progettare grandi riforme, aveva ricevuto dalla Corte dei Conti il cortese invito a ragionare sull’abnorme distorsione dell’attribuzione dell’8 per mille alla Chiesa cattolica e di conseguenza a decidere di attivare la commissione bilaterale governo-Cei per rivedere il meccanismo di assegnazione dei fondi, che porta alla Chiesa oltre un miliardo di euro. (…). L’analisi della Corte dei Conti, resa pubblica a novembre, era stata infatti estremamente chiara. Per l’anno 2014 la Chiesa cattolica ha ricevuto un miliardo e 54 milioni di euro. Una cifra da capogiro, specialmente se paragonata alla constatazione che nel 1990 ne prendeva circa 200 milioni (l’equivalente, grosso modo, della cifra in lire stanziata per la congrua ai parroci). Agganciato all’Irpef, l’8 per mille porta nelle casse della Chiesa una somma cinque volte maggiore di quando fu firmato il concordato di Craxi senza che nel frattempo siano quintuplicati i sacerdoti. Anzi, se ne devono importare dall’estero. Tutte cose che già si sapevano, ma che hanno acquisito nuova autorevolezza per il fatto che è la Corte dei conti a pungolare il governo a intervenire. Sia per la somma dei contributi “tali da non avere riscontro in altre realtà europee”. Sia per la necessità di una generale revisione della spesa. Sia per il meccanismo irrazionale per cui la Chiesa cattolica, ricevendo dai cittadini soltanto il 37,9 per cento delle opzioni, incassa l’82 per cento dei fondi grazie alla ripartizione delle opzioni non espressi (cioè di chi si astiene dal dichiarare una scelta). Meccanismo abnorme inesistente in qualsiasi nazione europea. C’è da aggiungere che il sistema – ideato a suo tempo da Tremonti – colpisce ulteriormente le altre confessioni, che totalizzano pochi “voti”, mentre la lentezza o la cattiva volontà dei governi nel riconoscere l’8 per mille a ulteriori confessioni fa sì che, per esempio, un milione di fedeli musulmani siano privati degli stessi diritti che spettano a cattolici, valdesi o buddhisti. (…). Se, invece, il premier volesse imparare qualcosa dalla Germania, potrebbe portare in Parlamento una legge facile facile, che subordini il pagamento di fondi pubblici per qualsiasi ente (Cei o diocesi) alla pubblicazione del bilancio completo: inclusi beni patrimoniali e immobiliari. Si scoprirebbe d’incanto che la riforma dell’8 per mille non farebbe male a nessuno e anche le scuole cattoliche potrebbero attingere ai patrimoni ecclesiastici invece di gravare con continue richieste su un bilancio statale allo stremo. (…). Ma forse è chiedere troppo a chi fa il don Rodrigo con gli operai e il don Abbondio con i potenti.

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