"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 24 ottobre 2014

Storiedallitalia. 64 "Renzi getta via i diritti come mele marce".



Questa è una “storia” di diritti antichi. Questa è una “storia” di diritti che oggigiorno si vogliono annullare. E questa “storia” non può non avere come inizio che una stentorea affermazione dell’arrembante primo ministro: “Per la nuova generazione la bandiera rossa è il simbolo della Ferrari e non un riferimento politico, il Reno è un fiume e non il confine di guerre spaventose, la lira è uno strumento musicale e non una divisa economica... L’Internazionale evoca il nerazzurro del calcio e non un futuro socialista e rivoluzionario. E del resto, oggi, ci si appassiona alla politica molto più seguendo un intervento di Bono Vox, leader degli U2, che non studiando le grandi figure della storia italiana”. Stupendo! Non c’è che dire. L’irrilevanza culturale al potere. S’era già visto. Non si “cambia verso”. La scriveva, quell’affermazione,  il Renzi Matteo nel suo libello - misconosciuto ai più - che ha per titolo “Tra De Gasperi e gli U2. I trentenni e il futuro” – edito da Giunti (2006) -. Ne traspare una “storia” di trascorsi politici che non hanno nulla in comune con quell’immenso movimento che ha portato ai diritti antichi. È la facciata storta della “storia”.
Per non dire, poi, di quando il Renzi Matteo ebbe a sostenere: “Ripristiniamo la regola di un grande italiano, Adriano Olivetti, un esempio per l'Italia di oggi, al quale sono affezionato: il manager non può guadagnare più di dieci volte il salario di chi, in quell’azienda, prende meno di tutti”. Ha riportato quel solenne, falso pronunciamento del nuovo imbonitore la giornalista Sandra Amurri nella Sua bellissima intervista a Giovina Volponi pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 12 di ottobre ultimo scorso col titolo, per l’appunto, “Renzi getta via i diritti come mele marce". È a questo punto che vien fuori la facciata bella di questa “storia”, “storia” di diritti costruiti nei decenni passati con le lotte di milioni di uomini e donne e che oggigiorno, ai tanti come me, non sembra giusto gettare “come mele marce”. Esordisce Giovina Volponi, che ha oggi 84 anni e che è stata assistente di Adriano Olivetti negli anni del boom economico e della conquista dei diritti: “Questa poi, mi era sfuggita! Ma come si fa a mettere a confronto due persone di questo genere, non lo trovo giusto, è un’assurdità! (…). Renzi mi sembra un fiorentino di quelli supponenti. Io mi baso sulla prima impressione visiva, sulla fisiognomica, quel suo musetto da uccellino che becca di qua e di là non mi convince affatto e il suo comportamento è coerente con questa sua apparenza. Mi sembra che abbia il senso del comico ma non del ridicolo. Posso sbagliarmi, posso peccare io di supponenza, ma lo trovo insopportabile. Mi indigna profondamente. Dovrebbero spiegargli chi era Adriano Olivetti, la sua idea di profitto intelligente non come fine ma come mezzo per arricchire la collettività. L'incontro tra cultura e impresa, indispensabile per sostenere il progresso industriale e per trasformare la fabbrica in luogo di elevazione materiale, culturale e sociale di quanti vi lavorano, che sente sulle spalle la responsabilità di mettere a disposizione del territorio lavoro, servizi, cultura. Adriano si dedicava agli asili, alle colonie, alle case, alla mensa, all’assistenza medica. Se non sbaglio Renzi le fabbriche lascia che vengano chiuse gettando in strada migliaia di famiglie, snobba i sindacati, getta via i diritti come fossero mele marce, va a braccetto con Marchionne che io trovo repellente. Adriano era un unicum molto particolare. Di lui ho un ricordo intenso e nitido, della sua applicazione del capitalismo umano. I suoi collaboratori, dirigenti o operai, erano parte dello stesso progetto. Renzi dice di ispirarsi ad Olivetti, non mi sembra che lui si sia scelto collaboratori forti, equipaggiati ma piuttosto che si astengano dalla critica per evitare complicazioni e mantenere la poltrona. Penso che questa sia una crisi aggravata dall'assenza di competenze e merito -. Ma quello era un capitalismo diverso, un capitalismo manifatturiero che ha arricchito il paese promuovendo anche quella mobilità sociale che ne è stato l’orgoglio principale. Cosa ne pensa di quella socialità l’arrembante primo ministro? I suoi atti di governo sembra vogliano percorrere altri itinerari, quelli già visti e sperimentati e che nella più grande cecità dei governanti ha portato all’impoverimento di quel “ceto medio” che è stato il primo destinatario della produzione dei beni di largo consumo. Sostiene provocatoriamente la giornalista: Però ha svecchiato la politica e portato molte donne al Governo. - Magari fosse un problema di età. Andrebbe benissimo se ci fosse un allevamento di giovani fatto con serietà e giudizio. C'è una incompetenza, una sottocultura dominante, è evidente a chiunque, basta ascoltare certi discorsi. Pensi solo a chi siede in Parlamento, sembra incredibile, persone che mai avresti immaginato potessero rappresentarti, incolte, volgari e pure disoneste. Come è stato possibile che un Paese di antica civiltà e cultura sia caduto così in basso, che sia prevalsa la furbizia sull'intelligenza? Donne, ma che donne!Non giudico se sono belle o brutte ma ti domandi che ci stanno a fare. Il guaio è che vengono mischiate ad altre superficialità e vanità. Ricoprono ruoli vitali per la vita democratica senza averne i titoli. Le ascolti e capisci che sono esperte di generiche banalità -. (…). Come ha conosciuto Olivetti? - Avevo 26 anni. Era il 1956. Rientrata dagli Stati Uniti, accettai di dirigere l'ufficio legale della Rai a Roma,ma prima di partire andai a salutare il professore Bruno Leoni, di cui ero stata assistente. Mi disse: Giovina, fai una sciocchezza, lascia che parli di te al mio amico Adriano. Olivetti mi convocò nel suo ufficio. Mi lasciò parlare per oltre un'ora poi mi propose la direzione dell'ufficio culturale in Piazza Castello. E dopo un mese mi ha chiesto di diventare la sua assistente personale a Ivrea. Lo stesso giorno venne assunto, come direttore sociale Paolo Volponi che sposai tre anni dopo -. Da Milano è tornata a vivere a casa Volponi dentro le antiche mura di Urbino. Nelle Marche dell'imprenditore Diego Della Valle che ha sferrato un attacco durissimo al Governo Renzi. – (…). Vedere che nel Paese ha trionfato la sottocultura, la cosa più grave e pericolosa. Meglio l'ignoranza intelligente che la sottocultura supponente. Berlusconi ha aperto la strada, ha determinato il disastro però si deve anche rivedere la propria opinione sul proprio Paese che lo ha permesso -. Torna in mente “Il leone e la volpe”: ”Le società modernizzate sono basate sull’esaltazione dell’individuo...e concepiscono solo l'etica edonistica e tecnologica, col successo individuale sulla natura e sugli altri uomini”. Suo marito, uno dei più grandi e complessi scrittori “un uomo integro del Novecento” come lo definì Stajano, che di sé disse:”"Ho servito, ma non ho obbedito.", che nel'75 venne licenziato dalla Fondazione Agnelli in seguito alla sua dichiarazione di voto per il Pci e quando il Pci ottenne un risultato storico, non accettò la richiesta di Agnelli di tornarvi. Pensa mai a come si sentirebbe oggi in questo deserto della sinistra? - Ci penso eccome. Continuerebbe ad essere una voce fuori dal coro. Ne soffrirebbe molto. Ripeterebbe quel verso del suo fraterno amico Pasolini come nell'intervista a Gian Carlo Ferretti: “Sono comunista per spirito di conservazione” spiegando di voler conservare il mondo, la bellezza della natura, l'onestà, per camminare in armonia e sviluppare una felicità includente”. E ripeterebbe che la politica capisce poco dell'industria che si sviluppa per conto suo senza percezione dei suoi errori, quando invece va guidata, programmata dalla politica -. (…). E qui ha termine la bella intervista a Giovina Volponi. Ecco perché tutto, oggigiorno mi appare confuso, senza un senso. È per dare un senso alle cose di questi giorni confusi che propongo di seguito quanto ha scritto il professor Umberto Galimberti sul settimanale “D” del 30 di agosto ultimo col titolo “2014. Che cos’è di destra, che cos’è di sinistra”: (…). Io non so se destra e sinistra sono parole che oggi hanno ancora un significato (…). Dico queste cose non per qualunquismo, ma perché l'umanità a partire dagli anni 80 ha subito una trasformazione così radicale per effetto della globalizzazione, di internet, della ricchezza finanziaria che ha sostituito quella agricola e industriale, dell'abbassamento del livello culturale, soprattutto in Italia dove siamo all'ultimo posto per la comprensione di un testo scritto, con la disoccupazione giovanile generalizzata che fa saltare una o due generazioni in ordine alla formazione della classe dirigente, in un'Europa che non sa chi è, e che volto deve assumere nei confronti degli accadimenti del mondo, che davvero faccio fatica a decidere, come diceva Gaber: cos'è di destra e cos'è di sinistra. Dopo aver detto Uguaglianza, Libertà, Fraternità, valori cristiani in versione laica, contestati da una Chiesa dimentica del Vangelo (e qui già c'è un po' di confusione), la Rivoluzione Francese, per sua natura essenzialmente borghese, s'era dimenticata che quei valori potevano essere qualcosa di più che semplici parole solo se l'uguaglianza, da cui dipende la libertà (la fraternità è solo un soccorso a chi non è uguale agli altri, quindi non ha neppure un margine di libertà), fosse non solo di natura giuridica, ma avesse anche una base economica. A questo provvederà il pensiero di Marx, da cui prende le mosse il socialismo che ha privilegiato l'uguaglianza rispetto alla libertà, consegnando di fatto la prima alla sinistra e la seconda alla destra. Ma da qui nacquero nuovi fraintendimenti. La sinistra, che ha trovato la sua attuazione storica nell'Unione Sovietica, si è confusa con l'antropologia asiatica che, come diceva Marx, non disponendo di una classe borghese, e quindi dei valori della Rivoluzione Francese, non poteva esprimersi che come dittatura (Zar, Stalin, Putin), mascherata di democrazia. La destra ha inteso la libertà, (come scritto nella Magna Charta Libertatum con cui l'Inghilterra nel 1215 si diede la prima Costituzione) come "libertà dalla legge", di cui abbiamo avuto un esempio recente anche in Italia. Da noi poi la situazione è ancora più complicata per via della presenza nel bene e nel male della Chiesa. Nel male perché, in base ai suoi principi, (…), si oppone a quei diritti (…) a partire da una difesa della libertà dei cittadini correttamente intesa. Nel bene, perché si oppone concretamente alla mafia (vedi don Ciotti e Libera da lui fondata), e perché soccorre concretamente la povertà (vedi la Caritas) in termini più efficaci di quanto non faccia lo Stato. (…). …la situazione è molto confusa. E per uscire da questa confusione c'è una sola cosa di sinistra che è urgente fare: curare la scuola, la cultura e l'educazione, perché solo queste cose rendono liberi e capaci i cittadini di difendere con argomentazioni i diritti (…), e di sollevare le masse che, come diceva Wilhelm Reich, «desiderano il fascismo». Capita infatti a tutti coloro che non pensano, di desiderare uno che pensi e provveda per loro.

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