"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 25 luglio 2014

Storiedallitalia. 59 “In politica le bugie funzionano, e come!”.



Ha scritto Alessandro Robecchi su “il Fatto Quotidiano” di ieri 24 di luglio – “Le citazioni che stanno bene su tutto, un po’ come il beige” -: “In politica le bugie non funzionano”. È pur vero che la citazione in questione, attribuita dalla storia politica poco commendevole del bel paese, viene attribuita a quell’Amintore Fanfani esponente di rilievo di quella che veniva definita, con sommo disprezzo dagli oppositori del tempo, la “balena bianca”. A richiamare la citazione, nelle divenute poco solenni aule parlamentari, è stato un ministro della cosiddetta “nouvelle vague”, ché di quella cosiddetta “balena bianca” ha suzzato la linfa vitale. Sperava quel tale ministro d’aver aperto vie inesplorate della cultura politica. Ahimè! Ben fa l’Autore del pezzo a porsi la domanda che segue:    Chissà cosa ne pensa Matteo Renzi. Uno che tra dicembre 2013 e febbraio 2014 disse cose come “Letta mangerà tanti panettoni”, o “Il Presidente del Consiglio per il 2014 di chiama e si chiamerà Letta”, o “Nessuno trama contro Enrico Letta”, o “Mai a Palazzo Chigi senza elezioni”. È strano che Matteo Renzi non abbia letto Fanfani, e dunque dobbiamo dedurre che se l’ha letto non ne ha tenuto conto. Possiamo perdonare invece a Fanfani di non aver visto in azione Renzi: l’avesse fatto forse non avrebbe pronunciato quel bizzarro aforisma. (…). Ecco un caso, uno dei tanti, su cui verificare l’affermazione di Fanfani rilanciata dalla Boschi: “Le bugie in politica non funzionano”. (…). Che poi, a dirla tutta, questo fatto delle bugie che in politica non funzionano fa un po’ ridere, detta da un ministro delle Riforme che si vanta davanti all’aula dell’appoggio di Forza Italia alle sue riforme. La più grande fabbrica di bugie mai vista in politica, insomma, dal milione di posti di lavoro all’aiutare chi è rimasto indietro, a meno tasse per tutti, passando ovviamente per il classico dei classici (la nipote di Mubarak), si è trovata l’altro giorno ad applaudire una frase che smentirebbe, se fosse vera, tutta la sua storia. Dunque, a farla breve e senza nulla togliere a Fanfani buonanima, si può dire che la frase pronunciata con la veemenza dei missionari dalla ministra Boschi è, né più né meno, una bugia. Di più: è una bugia in politica. E a giudicare dai commenti benevoli dei giornali allineati e coperti che hanno lodato quel discorso, ha funzionato. Alla grande.
Ma delle bugie ne è intrisa tutta la vita politica del bel paese. È che un tempo v’era pure una opposizione che quelle bugie afferrava per le corna onde mostrarle alla pubblica opinione in tutta la loro mostruosità. Si dia ora il caso che quegli stessi oppositori, divenuti oggigiorno ed inaspettatamente forza di governo, pratichino agevolmente ed amorevolmente il vezzo italico del dire bugie. Poiché il dire bugie paga politicamente. E come! Intanto distrae le masse. Indirizza l’attenzione verso obiettivi che poco hanno a che fare con i bisogni e le necessità dei cittadini. Ora v’è “la riforma del senato”. Orbene, ben venga e nulla tolga per tempo dovuto ed attenzione generale a quella miriade di altri problemi più urgenti e più stringenti per i cittadini. Orbene, nulla di tutto ciò. Il senato e basta. E così sia. Poiché su tutti gli altri problemi, che divengono sempre di più drammatici, non si ha il briciolo di una idea per come uscirne. Poiché è molto meglio concionare del nulla e sul nulla quando non si sa come risolvere ciò che al momento appare irrisolvibile. Dove starebbe allora la rivoluzione di quelli che volevano far  “cambiare verso”? Starebbe nel dire la verità, che non si sa quale diavolo prendere, che è meglio parlare del senato la riforma del quale non riavvierà nessuna ripresa. È che, allorquando quel tale che al tempo delle promesse e dei miracoli irrealizzati concionava nelle forme avvilenti che tutti ancor oggi ricordiamo, quelli che lo strattonavano fingendo di fare una opposizione dura e pura e senza respiro in verità si preparavano a sostituirlo nell’arte suprema degli imbonitori e degli illusionisti. Il verso in fondo non è cambiato per nulla. Ma su come stiano le cose, quelle che opportunisticamente sono uscite dall’attenzione della politica e della pubblica opinione, è sempre abbastanza semplice venire a scoprire. Basta averne l’interesse. Basta non farsi frastornare dalla politica, dalle sue inutili esternazioni, dalla sua esiziale pratica del mentire. Povero Amintore, tirato per la giacchetta ora che ha raggiunto la pace eterna! “In politica le bugie non funzionano”. È che quell’Amintore, toscanaccio come pochi altri, sapeva benissimo che con le bugie si conducono battaglie cruente ma sempre vittoriose. Per lo meno per un certo tempo. Ma non per sempre. Ecco, dei problemi che interessano alla gente perbene si è fatto carico, sul piano della corretta informazione, Federico Fubini sul settimanale Affari&Finanza del 21 di luglio col titolo “La ripresa che non c’è dalla Cina alla Germania il gelo ora torna globale”. Scrive il brillante analista economico: Due anni fa di questi tempi Mario Draghi, presidente della Bce, disse che avrebbe fatto “qualunque cosa” per fermare la crisi. “E credetemi, sarà abbastanza”. Quelle parole cambiarono la psicologia dei mercati e inaugurarono una lunga discesa degli spread fino ai livelli attuali. Un titolo di Stato decennale dell’Italia, un Paese il cui debito sfiora il 135% del Pil, oggi rende appena il 2,8%. Questo significa che l’area euro è pronta a festeggiare la svolta di Draghi con un’estate tranquilla? In apparenza sì, eppure i segnali della fragilità dello stato di calma raggiunto sono troppi per poter essere ignorati. Ci sono le cronache dei mercati, che non portano solo buone notizie. (…). Nel frattempo la produzione industriale in Italia ha segnato una brusca battuta d’arresto di maggio. Il Centro studi Confindustria stima che nel secondo trimestre il settore manifatturiero sia stato in arretramento dello 0,5%. Un calo più marcato di quello dello 0,1% del primo trimestre. Nel frattempo l’indice dei prezzi al consumo resta paralizzato allo 0,3%, mentre i prezzi dei beni all’uscita dai cancelli delle fabbriche stanno scendendo. Gli imprenditori sanno che hanno costi per la materia prima e i macchinari più alti dei prezzi a cui riusciranno a vendere i prodotti. (…). Il contesto non è semplice. (…). Quest’estate la ripresa tedesca si sta mostrando più debole di come fosse atteso. La Germania ha avuto un primo trimestre dell’anno di crescita solida, trainata più dalla domanda interna che dall’export, ma inizia a soffrire del rallentamento dei clienti internazionali. In particolare la Cina è fra i sospettati delle difficoltà dell’export tedesco. La leadership della Repubblica popolare sembra aver compiuto la sua scelta: dopo anni di eccesso di indebitamento delle imprese non tornerà più agli estremi del passato per gonfiare artificialmente il tasso di crescita. Nel secondo trimestre la Cina è cresciuta a un rispettabile 7,5% annualizzato, oltre le aspettative, ma il boom di acquisti di beni d’investimento tipicamente tedeschi non tornerà presto. Negli ultimi anni la Germania ha lavorato a riorientare radicalmente i mercati di sbocco, dall’area euro verso i mercati emergenti. Ma ora la frenata di questi contribuisce a rallentare l’economia tedesca e, con essa, la domanda di beni intermedi del made in Italy. Questa filiera dunque farà sì che la ripresa in Italia, se ci sarà, non sarà pronunciata. (…). Di recente il Fondo monetario internazionale ha ridotto la sua stima del potenziale di crescita americano al 2%, cioè ha ridotto quello che si considera un po’ il limite di velocità del motore dell’economia. Incidono tre fattori. C’è la polarizzazione sociale, che frena la domanda perché l’aumento dei redditi solo per l’1% più ricco non produce un aumento di consumi significativo (fa ridere la trovata degli ingenui, improvvisati amministratori del bonus di 80 € che nessuno ha visto essersi trasformato in ingenti acquisti n.d.r.). Inizia a sentirsi, anche in America, l’aumento dell’età media della popolazione: il numero di persone in età da lavoro cresceva dell’1,2% l’anno negli anni ’90 ma è salito di appena lo 0,4% nel 2013; la forza-lavoro in America è già scesa dal 67% al 63% della popolazione. Infine ci sono le nuove tecnologie, che per ora tardano a far sentire i loro effetti sugli aumenti della produttività. Il risultato è che l’Europa e l’Italia oggi si stanno muovendo in un mondo senza locomotive. (…). Il governo aveva messo in conto una crescita dello 0,8% per quest’anno e, se va bene, non supererà lo 0,3%. Con tre milioni di disoccupati ufficiali - ma di fatto il doppio - l’Italia non se lo potrebbe permettere. I numeri raccolti da Credit Suisse dicono che la crescita media del Paese dal 1990 al 2012, una fase che include lunghi periodi di boom globale, è stata di appena lo 0,9% l’anno. Nello stesso periodo la Spagna è cresciuta del 2,3%, la Grecia dell’1,3%, la Germania dell’1,7% e la Francia dell’1,6%. Ciò significa che, per gli italiani, aspettare che il resto del mondo li tiri fuori dai guai non è più un’opzione. Se nulla cambia nel Paese, la ripresa che arriverà sarà comunque insufficiente a riassorbire la disoccupazione e contenere il debito pubblico. (…). I punti interrogativi più seri si pongono semmai per i mesi seguenti. Fra ottobre e novembre si saprà se alcune banche italiane hanno fallito gli esami della vigilanza europea e se avranno bisogno di un intervento pubblico per ricapitalizzarsi. Se succedesse, il debito pubblico potrebbe salire ancora e la normativa europea prevede che certi obbligazionisti delle banche stesse debbano subire delle perdite sui loro crediti (…). È per questo che il governo Renzi ha davanti a sé un’estate (abbastanza) tranquilla.

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