"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 1 maggio 2014

Uominiedio. 13 Il demonio ed il dio danaro.



Gracchia il citofono. Chiedo: - Chi è? -. Lei: - Buon giorno, non mi conosce ma posso farle una domanda? -. Sono le 9 del mattino. Comincia bene la giornata! La voce è giovanile. Mi concedo per la domanda. – Secondo lei qual è il male del mondo? -. Da stendere chiunque. Rispondo: – Il danaro -. Lo smarrimento dell’intervistatrice deve essere enorme. Di certo non si aspettava una rispostaccia del genere. Scorre del tempo che sembra una eternità. L’intervistatrice ha però il tempo per riprendersi. Propone la sua versione. – Sì, il denaro va bene, ma del demonio cosa ne pensa? -. Oh dio, ora cosa c’entra il buon diavolo che nella economia del creato avrà pure il suo provvidenziale ruolo? Ribatto: - Penso che il vero demonio del mondo sia il danaro -. Mi verrebbe a questo punto di considerare finita l’intervista. Ma mi sento cortese alle 9 del mattino. La replica arriva, questa volta velocissima: – Sì, ma per sconfiggere quel demonio che lei dice cosa bisognerà fare? -. Rispondo: - Che gli uomini crescano un tantino di più, che se ne facciano una ragione, che maturino una maggiore consapevolezza del valore della propria vita -. Lei insiste: - Ma c’è Dio che sconfiggerà il demonio e renderà il mondo migliore e più giusto -. Mi sento sconfitto. Il demonio è l’unica identità reale che la mia intervistatrice riesca a pensare ed in cui credere. Per mia fortuna il suo benaugurante “buongiorno” chiude l’anomala intervista al mio citofono. Credo di poter dire essersi trattato di un incontro al citofono con una di quelle meravigliose persone che dedicano il loro tempo libero per la salvezza dei loro miscredenti fratelli in umanità. Di quelle meravigliose persone che per strada consegnano con un sorriso, quasi sempre, un foglietto che riporta passi del libro dell’antico testamento. Con quelle meravigliose persone si potrebbe interloquire all’infinito ma sarà impossibile rimuoverle dalle loro convinzioni.
Avessi avuto più tempo e senza apparire sconveniente avrei invitato l’ignota intervistatrice a leggere il resoconto di Vanna Vannuccini apparso sul quotidiano la Repubblica del 29 di aprile – “Da Gerico a Re Salomone la Bibbia smentita dagli archeologi israeliani” -: Secondo la Bibbia (…) gli israeliti avevano attraversato il Giordano a Bet Shan e Gerico e di lì erano penetrati nella Terra d’Israele conquistandola ai canaaniti. «L’archeologia diventò un vero e proprio hobby nazionale negli anni 50 e 60», dice Herzog (Zeev Herzog professore della facoltà di Archeologia di Tel Aviv n.d.r.). «Le nazioni nuove trovano un sostegno nell’archeologia per rafforzare la coesione nazionale, rifondare la nazione. E i figli degli immigrati avevano bisogno di relazionarsi con la terra. Diventò una passione collettiva, per questo io stesso sono diventato archeologo ». «Così abbiamo scavato e scavato. Ma lentamente sono cominciate ad apparire le prime contraddizioni. E alla fine tutti questi scavi ci hanno rivelato che gli israeliti non erano mai stati in Egitto, non avevano mai vagato nel deserto, né avevano conquistato militarmente la terra per poi consegnarla alle Dodici tribù d’Israele. Nessuno degli eventi centrali della storia degli israeliti veniva corroborato da quello che trovavamo. Nei tanti documenti egiziani per esempio non c’è traccia dell’esodo, vi si parla invece dell’abitudine di pastori nomadi di entrare in Egitto nei periodi di siccità e accamparsi sulle rive del Nilo. Al massimo l’esodo può aver riguardato qualche famiglia, la cui storia era stata poi allargata e ‘nazionalizzata’ per ragioni teologiche ». (…). Di tutte le contraddizioni con il racconto biblico quella più difficile da digerire, per chi ha sempre creduto che la Bibbia sia un documento storico, è che il grande Regno di Davide e Salomone, che le Scritture descrivono come il culmine della potenza politica, militare ed economica del popolo d’Israele, un regno che secondo il Libro dei Re si estendeva dalle rive dell’Eufrate fino a Gaza, sia, come dice Herzog, «una costruzione storiografica immaginaria ». «La grandezza del regno di Davide e di Salomone è epica, non storica. Forse la prova ultima è che di questo regno non abbiamo mai conosciuto il nome», dice Herzog. «Gerusalemme, per esempio, è stata quasi tutta scavata. E gli scavi hanno dato una quantità impressionante di materiali dei periodi precedenti e successivi al Regno unito di Davide e Salomone. Di quel periodo invece non è stato trovato nulla, tranne qualche pezzetto di coccio. Quindi non è che non abbiamo trovato nulla perché magari abbiamo scavato nel posto sbagliato. Abbiamo trovato una quantità di materiale che ci dimostra come al tempo di Davide e Salomone Gerusalemme non fosse che un grosso villaggio, dove non c’era né un tempio centrale né un palazzo reale. Davide e Salomone erano capi di regni tribali che controllavano piccole aree, David a Hebron e Salomone a Gerusalemme. Contemporaneamente si era formato sulle colline della Samaria un regno separato. Israele e Samaria sono stati dall’inizio due regni separati e a volte avversari». Sarebbe bastata questa lettura ad indurre la mia meravigliosa intervistatrice a mettere da parte il suo “demonio” come il male più grande del mondo? Ne dubito. Così come mi viene da dubitare in atteggiamenti suoi diversi se le avessi proposto di leggere “Se Dio è onnipotente, perché non impedisce il male?” del professor Umberto Galimberti pubblicato sul settimanale “D” il 14 di aprile dell’anno 2012. Sosteneva l’illustre Autore: Scrive Plotino nella VI Enneade: "Se Dio è sceso in terra, certo non è venuto per starci vicino". Penso che il problema del male, che sembra confliggere con la bontà di Dio, sia un problema che riguarda solo i credenti. Gli atei hanno almeno il buongusto di non attribuire a Dio il male di questo mondo, partendo dal concetto, ben espresso da Ludwig Feuerbach, secondo il quale: "La coscienza che l'uomo ha di Dio altro non è che la coscienza che l'uomo ha di se stesso". Una tesi questa che potrebbe essere condivisa anche dai credenti, dal momento che, nell'inconoscibilità della natura divina da loro stessi ammessa, è possibile leggere l'inconoscibilità che l'uomo ha di se stesso. A questo fondo inconoscibile dell'uomo Freud ha dato il nome di "inconscio" dove albergano pulsioni di vita e pulsioni di morte, per cui, scrive Freud: "L'uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d'amore, capace al massimo di difendersi quando è attaccata; è vero invece che occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di aggressività. Ne segue che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale soccorritore e oggetto sessuale, ma anche un oggetto su cui magari può anche sfogare la propria aggressività, sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, abusarne sessualmente senza il suo consenso, sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni, umiliarlo, farlo soffrire, torturarlo, ucciderlo. Homo homini lupus: chi ha coraggio di contestare quest'affermazione dopo tutte le esperienze della vita e della storia?". I credenti, che non accettano le spiegazioni "atee" di Feuerbach e di Freud, possono seguire l'indicazione di Paolo De Benedetti, insigne teologo e biblista, nonché docente emerito di giudaismo alla Facoltà Teologica di Milano, il quale, commentando quel passo di Luca, 22,42 in cui, nell'orto del Getsemani, Gesù chiede: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice, tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà", osserva che Gesù non dice "se puoi", ma "se vuoi", come se il Padre possa volere il bene solo se con la nostra preghiera lo aiutiamo, e perciò, in un suo saggio che titola come il versetto del Padre nostro: Ma liberaci dal male, De Benedetti scrive: "Il lato oscuro di Dio è la sua debolezza che fa di lui 'il nascosto' (Isaia, 45,15), colui che cerca l'uomo: "Uomo, dove sei?" (Genesi, 3,9), perché Dio perderebbe tutti i suoi attributi se mancasse l'uomo. Dio può qualcosa solo se noi glielo chiediamo: la petizione finale del Pater noster, paradossalmente è un aiuto a Dio perché sia Dio, sia più Dio. Perché il suo lato destro vinca il suo lato sinistro". E se proprio qui si palesasse il senso dell'alleanza di Dio col suo popolo com'è nella tradizione ebraica, e il mistero dell'incarnazione, che i cristiani assumono come fondamento della loro religione, dove l'alleanza di Dio con l'uomo giunge fino al punto del sacrificio del Figlio di Dio per la salvezza dell'uomo? Ma per questo i cristiani devono abbandonare l'impostazione teologica di derivazione greca che fa di Dio l'assolutamente separato dalla condizione umana, perché da qui nascono i problemi che rendono inconciliabili la bontà di Dio con la sua onnipotenza, e credere di più nella loro religione dove Dio, per esser Dio, chiede aiuto agli uomini. Ecco, avrebbe accettato mai la mia intervistatrice l’idea di un Dio che fa dell’alleanza con gli uomini il suo punto di forza? E che solo tramite essi riuscirà, forse, a redimere quel kantiano “legno storto” che avvelena la vita di tutti gli esseri viventi della Terra in nome del suo dio danaro?   

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