"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 20 maggio 2014

Cosecosì. 80 “Una giornata particolare”.



Una “giornata particolare” questa mia. Una giornata insolita. Una giornata che potrei definire tutta “al femminile”. Non fatevi fuorviare. Non è la “giornata particolare” descritta dalla celeberrima opera cinematografica di Ettore Scola. Quella che è stata narrata con sublime raffinatezza e maestria – (1977), premio Oscar come miglior film straniero - risale ad una “giornata particolare”  del 6 di maggio dell’anno 1938. La Roma è fascista  da un bel pezzo ed accorre per festeggiare quell’Hitler venuto in visita al “duce” dell’Urbe. Una “giornata particolare” per Antonietta – Sophia Loren -, sfiancata da ben sei maternità e dalle fatiche casalinghe, moglie di una "camicia nera" e fascista pur essa. La fuga salvifica da quell’ambiente tutto “in nero” del pappagallo di casa le farà incontrare il coinquilino Gabriele – Marcello Mastroianni, premio Oscar -, già annunciatore dell’E.I.A.R licenziato con l'accusa di "sovversivismo", ma, in realtà, per essere diversamente uomo. La comprensione e le sensibilità affini dei due hanno il sopravvento ed aprono i loro animi a confidarsi le pene del vivere. Alla sera di quella “giornata particolare” Antonietta tornerà ad essere la “femmina” al servizio del marito e della famiglia, Gabriele sarà portato via dai poliziotti ed inviato al confino politico. Per qualcuno una lussuosa vacanza! La mia è pur sempre una “giornata particolare”. Senza eroismi, senza enfasi.
E sicuramente potrebbe aver scritto il professor Umberto Galimberti - “Perché gli uomini non capiscono le donne” sul settimanale “D” dell’8 di giugno dell’anno 2013 - a proposito della “giornata particolare” di Antonietta e Gabriele così magistralmente raccontata da Ettore Scola in quello stupendo film: Da dove viene la paura dell'altro che spinge i maschi sempre più insicuri a perseguitare il simbolo di ciò che non riescono a comprendere? (…). C'è infatti donna e donna così come c'è uomo e uomo. C'è però una linea di tendenza o una sorta di frequenza che ci consente di dire che, a differenza del maschio, la donna, (…), è biologicamente e psicologicamente "due", nel senso che il suo corpo, sia che generi sia che non generi, è fatto per l'altro, e la sua psiche si configura nella forma della relazione, per cui anche la sua sessualità, a differenza di quella maschile, trova la sua espressione a partire dalla relazione. (…). Non confrontandosi mai con l'altro, che sfugge persino alla loro percezione, i maschi tendono prevalentemente a vedere i loro bisogni, i loro desideri, le loro aspirazioni, e a concepire il massimamente altro da sé, che è la donna, sul modello di quella prima donna che hanno conosciuto: la madre che, (…), incondizionatamente accudiva, curava, soddisfaceva. Questa povertà psichica dei maschi non consente loro di elaborare i conflitti e, non conoscendo minimamente la loro parte femminile, che potrebbe consentir loro di capire chi è una donna, passano all'atto, che è lo scatenamento della loro forza fisica al pari degli animali. (…). Così (…) non capiscono che nei rapporti d'amore non sono le buone ragioni, ma la forza e l'ampiezza del sentimento a far comprendere le esigenze, quando non le sofferenze, dell'altro. Ma per questo è necessario che l'altro sia davvero concepito come "altro", e non come cosa propria di cui si può disporre a piacimento. Nell'evoluzione della specie il percorso di emancipazione dei maschi è ancora lungo, e non è facilitato se l'emancipazione femminile segue percorsi maschili. È come se nella mia “giornata particolare” mi fossi trasformato nel “Gabriele” di Ettore Scola. Non certo su di un set cinematografico ma nell’incombenza quotidiana. Oserei dire nel vivo della vita. Anzi delle vite comprese ed incontrate in una “giornata particolare” come questa mia che ho di già definita “al femminile”. All’edicola. La giovine donna mi accoglie per il secondo giorno consecutivo nella sua edicola. Il sorriso è luminoso. Consegnatimi i quotidiani indugia sulle mie scelte di lettura. Mi dice di non sopportare più la politica “gridata”, dell’”insulto”. Mi confida la sua determinazione di votare, per la prima volta, il partito del presidente del consiglio in carica. Colgo un attimo di delusione e smarrimento allorché le confido pur io le mie intenzioni di voto prossimo. Non voterò il partito al quale sono pur iscritto ma mi riapproprierò della mia libertà di votare secondo il mio sentire. La delusione suscitata nella giovine donna si allenta allorquando la incoraggio a votare così come sente di votare e di fare proselitismo stante la caratteristica propria del suo lavoro che la mette in contatto con una pluralità di soggetti. Mi pare di non persuaderla in tal senso. Sostiene come difficilmente le riesca di interloquire con i suoi avventori maschi, così come con le sue avventrici ben poco interessate agli argomenti della politica. La lascio con la certezza che quel breve comunicare le abbia arrecato gratificazione. Al negozio di ninnoli. La “giornata particolare” è al femminile. Mi accoglie un viso giovane con incastonati due splendidi occhi azzurri. Chiari, luminosi. È sorridente la venditrice dei ninnoli. Acquisto un ninnolo per il mio “ninnolo” più piccolo. In verità ne ha di già avuto uno ma lo ha smarrito. Lo ricompro. La giovine donna dagli occhi di color del mare ricorda della mia precedente venuta nel suo negozio. Conosce la mia condizione di “nonno”. E mi confida d’avere amato oltre ogni misura i suoi nonni. Mi confida pure della nonna ancora in vita. Adora quella nonna affetta  dal “morbo di Alzheimer”. I suoi occhi si riempiono di grossi lucciconi. E mi confida che quando la sua attività di venditrice di ninnoli glielo consente trascorre il suo tempo libero ad assistere ed accudire quella sua nonna. A “lavarsela tutta”, a “pettinarsela tutta”, a “spupazzarsela tutta” per come arriva a dirmi. A “coccolarsela tutta” quella povera nonna per la quale la luce sembra spegnersi sempre di più. E mi confida di farlo sapendo che saranno ben rari gli spiragli di luce in quella mente quasi già spenta tali da renderle un sorriso. Ma non le importa. Ama quella sua nonna. Una storia stupenda, le dico andando via con il cuore stretto così. Al museo cittadino. È sola nel vasto ambiente. Che è deserto. Mi accoglie sollevando lo sguardo dal volume “Ritratto di signora” del romanziere americano Henry James. Ad occhio stimo essere una cinquantenne. Capisco che ha desiderio di parlare tanto per riempire il vuoto di quelle ore di solitudine. I visitatori devono essere sempre ben pochi. Le chiedo del suo lavoro. Mi parla della sua precarietà lavorativa, dello sconforto che le deriva e della accettazione per una condizione per la quale non si intravvedono soluzioni migliori. Mi confida di quella libertà che il suo lavoro le concede: di leggere in santa pace i suoi autori preferiti. E mi racconta di una precedente esperienza in un altro settore lavorativo dalla quale asserisce di non avere avuto riconoscimenti e considerazioni di sorta. E mi racconta di quella volta che, istruendo una documentazione da sottoporre al suo capo – alla “capa” mi dice ironizzando, appartenendo il superiore al suo stesso genere – si sentì apostrofata con supponenza – ed ignoranza - per aver scritto: “Si delibera a  seguito dell’istanza presentata dal Signor…”. Poiché per quella “capa”, quanto scritto dalla vorace lettrice di Henry James,  mal si accordasse con il presentatore al maschile dell’istanza. Veramente una “giornata particolare” questa mia!

Nessun commento:

Posta un commento