"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 18 aprile 2014

Storiedallitalia. 46 Il badante.



Abbiamo imboccato la settimana che è detta della “passione”. È che nel bel paese, dalle ubertose contrade, l’unica “passione” riconosciuta è quella prevista dalla confessione religiosa dominante. Non esistono altre passioni che abbiano ascoltatori. Manca per esempio una qualsivoglia “passione” che si possa definire civile. Ché una più diffusa “passione” civile avrebbe indotto ben altri atteggiamenti di fronte alle determinazioni del giudice di sorveglianza in quel di Milano. Domina invece l’inerzia, la noncuranza. Non è avvenimento che possa sollecitare la “passione”. Che non c’è. Scrive Marco Travaglio su “il Fatto Quotidiano” del 17 di aprile – “Il palo” -:
L’inchiesta sui fondi neri Mediaset che ha portato alla prima condanna definitiva di B. nasce nel 2004: in origine le frodi fiscali ammontano a 360 milioni di dollari, con l’aggiunta di falsi in bilancio e appropriazioni indebite. Reati commessi dal 1988 fino al 2004, prescrizione di 15 anni, cioè nel 2017, quanto basta per celebrare tutti e tre i gradi di giudizio. Ma nel 2005 il centrodestra approva la legge ex Cirielli, che dimezza la prescrizione a 7 anni e mezzo, consente di sostituire il carcere con i domiciliari per gli ultrasettantenni e interrompe la “continuazione” dei reati. Cioè costringe i giudici a valutarli anno per anno. Risultato: spariscono subito i fondi neri di B. per gli anni 1988-’99 (che prima erano agganciati a quelli successivi). E da allora, a ogni anno di processo, evapora un anno di reati (quelli relativi a 7 anni prima). Così i falsi in bilancio e le appropriazioni indebite, grazie anche alla controriforma berlusconiana dei reati societari del 2002, scompaiono tutti. E così, anche grazie al condono tombale del 2003, le frodi fiscali. Alla fine resteranno in piedi solo le ultime, relative agli ammortamenti sul biennio 2002-2003 (7,3 milioni), che costeranno a B. la condanna definitiva. (…). Ma anche i 4 anni del caso Mediaset sarebbero bastati a spedirlo per almeno un anno in galera (o al massimo ai domiciliari). Di lì, dopo 12 mesi, avrebbe potuto chiedere di scontare i restanti 3 anni ai servizi sociali. Ma nel 2006 ecco l’ennesimo salva-Silvio, stavolta targato centrosinistra (e naturalmente votato da Forza Italia): l’indulto extra-large di 3 anni, esteso ai reati dei colletti bianchi. Il Caimano intasca un bonus triennale da detrarre dalla prima condanna definitiva. E il 1° agosto 2013 i 4 anni a cui lo condanna la Cassazione scendono a 1 solo. Per questo, in base alla legge italiana, B. non entra neppure in carcere e chiede, da libero, i servizi sociali. Solo in casi eccezionali i giudici possono negarli: a lui, come a qualunque altro condannato. L’altro ieri il Tribunale di sorveglianza non gli ha usato alcun trattamento di favore: sono le norme fatte dalla destra e dalla sinistra che hanno allungato a dismisura i processi dei ricchi e dei potenti muniti di avvocati ben pagati, abbreviato i termini di prescrizione e indultato i delitti dei “signori” col pretesto di sfollare le carceri (peraltro mai viste dai “signori”). E alla fine hanno prodotto la pochade del frodatore pregiudicato che se la cava con 7 giorni di servizi sociali nell’ospizio di Cesano Boscone. (…). Ecco come una truffa milionaria – “7,3 milioni” sottratti alla fiscalità generale - abbia potuto “partorire” una applicazione di pena che grida allo scandalo. Poiché altri cittadini, che abbiano  compiuto crimini per frode fiscale, “beccano” ben altre determinazioni giudiziarie in fatto di sconto della pena. La “legge ancora è uguale per tutti”? Ma manca la “passione”, quella cosiddetta civile, che possa spingere a forti azioni collettive. E non può essere che così. Vivo la settimana della cosiddetta “passione” commemorata dal popolo cristiano in quel di C***. Stamane il cielo è di un grigio-scuro-scuro che rende poco della primavera di già inoltratasi. Le nuvole basse sembrano quasi essere appesantite da un qualcosa d’inatteso e d’inspiegabile che aleggia per l’aria. In quel di C*** il lungomare è divenuto nel frattempo un immenso cantiere. Per tutta l’estensione del cantiere cartelli (inutili!) prescrivono il divieto di sosta. Ma le macchine continuano a stazionare, indifferenti i proprietari delle prescrizioni comunali. È lo spirito del tempo, allorché prescrizioni, regole e financo le leggi sono scritte sì ma possono essere ben disattese. E senza una “passione” che sia civile non c’è speranza alcuna. Commenta Massimo Giannini sul quotidiano la Repubblica del 16 di aprile - “Se questa è persecuzione” -: Quattro ore a settimana in un centro anziani a due passi da Villa San Martino. Cioè sedici ore al mese. Cioè centosessantotto ore totali, l’equivalente di una settimana, spalmate su dieci mesi e mezzo. Eccolo qui, il risultato della «persecuzione giudiziaria » che la «magistratura politicizzata, metastasi della democrazia », ha osato infliggere all’Unto del Signore. Eccolo qui, l’esito della «guerra dei vent’anni» che le odiate «toghe rosse», al servizio dei comunisti, hanno condotto contro lo Statista di Arcore. L’affidamento ai servizi sociali, definitivamente irrogato nei confronti del pregiudicato Berlusconi Silvio, è una pena ridicola. (…). Dunque, un pomeriggio a settimana alla Sacra Famiglia. Ecco cosa rimane, di tanto scempio delle leggi dello Stato. Constatare questa banale evidenza non significa affatto rammaricarsi per non aver visto Berlusconi «finalmente dietro le sbarre», «liquidato per via giudiziaria ». Non lo abbiamo mai sperato, anche se abbiamo sempre invocato il principio di legalità, che vuole tutti i cittadini uguali davanti alla legge. Non c’è alcun compiacimento giustizialista, nel vedere un essere umano varcare la soglia di una prigione. Ma il fatto che questo non sia accaduto, pur in presenza di un reato grave accertato «al di là di ogni ragionevole dubbio», significa almeno riconoscere che l’intera «narrazione» propinata dall’ex Cavaliere nel Ventennio è stata scandalosamente falsa. Berlusconi non è stato «vittima » di nessuna «caccia all’uomo », ma solo dei suoi vizi pubblici e privati. Non ha mai patito alcun «martirio», ma ha sempre beneficiato di un trattamento favorevole da parte della magistratura giudicante, costretta ad applicare le almeno 12 leggi ad personam dal ‘94 in poi. Non ha mai rischiato «l’arresto immediato », come ha ripetuto ossessivamente, per alimentare la leggenda del Terrore ordito ai suoi danni dai Robespierre in toga sparsi per la Penisola. La verità è che il capo della destra populista ha potuto godere di uno status particolare, meta-politico e pre-giuridico. Questo status non lo ha reso del tutto legibus solutus, ma gli ha conferito una «specialità » sconosciuta a qualunque altro cittadino comune. La costituzionalizzazione della gigantesca anomalia di cui è portatore (e che ha più volte provato a far introiettare al sistema) non gli è per fortuna riuscita. Ma lo «stato di eccezione permanente», al dunque, ha fatto breccia. Qualcosa, di quel virus micidiale auto-prodotto nel laboratorio di Arcore, alla fine è pur filtrato nel corpo sfibrato delle istituzioni, se è vero che oggi la pena per le sue malefatte non è poi così «afflittiva», e appare quasi una «formalità ». (…). …sembra davvero poco, se si confronta la pena «iniziale» stabilita ad agosto e quella «finale» eseguita oggi. Rimane la sensazione di una «denegata giustizia». (…). La famosa «agibilità politica », che ha reclamato impunemente dal Quirinale, è tutto sommato garantita. Del resto, non poteva essere altrimenti, nel momento in cui gli è concesso un posto da «padre della Patria» al tavolo delle riforme. Una scelta complicata ma quasi obbligata per Renzi, che per fare quelle riforme non ha un’altra maggioranza possibile, ferma restando la «fuga sui tetti» dei grillini. (…). E del resto il “reo” ha subito provveduto a trasformare quella ridicola determinazione sullo sconto della pena in un messaggio, non tanto poi subliminale, per il quale è per via del suo buon cuore che svolgerà l’attesa mansione di badante in quel di Cesano Boscone. E non si illudano i giudici, poiché continuerà a dire della persecuzione loro nei confronti dell’uomo voluto dalla provvidenza. Scrive oggi Daniela Ranieri su “il Fatto Quotidiano” – “Il paradosso del rieducando” -: Nei criminali normali, la rieducazione ha la funzione di reinserire il soggetto in società. Ma il soggetto in questione in società si è inserito fin troppo, come la sentenza non manca di rilevare, e talmente a fondo che è semmai la società a dover essere rieducata. Chi rieducherà mai quegli automobilisti che incuranti dei cartelli di divieto di sosta continuano imperterriti a posteggiare le loro metalliche appendici sul lungomare ridotto a cantiere di C***? E senza una “passione” che sia, come sarà possibile rieducare questa società d’arruffoni?

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