"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 3 febbraio 2014

Storiedallitalia. 38 “Il declino dei ceti medi”.



È che l’ineffabile presidente del Consiglio sceglie le tribune mediatiche più lontane ed accoglienti per poter dire indisturbato la sua. Senza un contraddittorio che sia. Gli ha, in verità, già risposto il presidente di Confindustria per il quale la crisi non è affatto finita. È che il secondo presidente non vive e non si sazia di aria, al contrario dell’ineffabile. Il secondo presidente guarda alla realtà delle cose. Ed una delle realtà delle cose l’ha scritta proprio oggi Federico Fubini sul quotidiano la Repubblica – “Il Pil torna positivo carta segreta del premier” -: (…). …il credit crunch non accenna a attenuarsi. Giorni fa Fabio Panetta, vicedirettore generale della Banca d'Italia, ricordava che il calo dei prestiti bancari alle imprese è stato di 98 miliardi solo nell'ultimo biennio. Ma Panetta nota anche un paradosso: nel primo decennio del secolo le imprese italiane si sono indebitate ben più di quelle francesi, tedesche o anglosassoni e oggi sono finanziariamente fragili e esposte. Per avere la solidità della media loro concorrenti europee, la Banca d'Italia stima che dovrebbero ricapitalizzarsi per circa 200 miliardi di euro. Missione impossibile? Non se i manager-azionisti rinunciassero per un po' a gratificarsi con 60 miliardi di dividendi l'anno, come fanno oggi. Sergio Squinzi, leader di Confindustria, può infatti prendersela con la paralisi della politica. Ma senza scelte oculate degli industriali, la mini-ripresa del Paese sarà costellata di imprenditori ricchi in imprese povere e incapaci di competere. E potrebbe essere di già una risposta all’ineffabile. Chi vive nel concreto mondo degli affari e della economia non può non vedere che uno dei pilastri per una ripresa manca ancora e che con la “fuffa” delle parole non è possibile sostituirlo. Poiché secondo quell’impareggiabile dizionario De Mauro “fuffa”, anche contro ogni apparenza, deriva da un sostantivo maschile, tale “fuffigno”, d’origine toscana, che sta per un «ingarbugliamento dei fili di una matassa o di un tessuto». E l’ineffabile è maestro d’arte nell’”ingarbugliamento” delle parole e dei fatti. Ma tant’è. L’ineffabile continua per la sua strada. Ché non è detto sia la strade più giusta. E proprio oggi, sempre sul quotidiano la Repubblica, Ilvo Diamanti si è prodotto come a dare risposta all’ultima “fuffa” dell’ineffabile. E lo ha fatto con un pezzo come sempre magistrale che ha per titolo “Il declino dei ceti medi”. Scrive Ilvo Diamanti: Giuseppe De Rita, con il suo linguaggio immaginifico, negli anni Novanta, aveva definito (…) "cetomedizzazione" (…) "l'innalzamento di coloro i quali erano alla base della piramide e lo scivolamento di una parte della vecchia elite". In altri termini, a partire dagli anni Ottanta, si è assistito al declino della borghesia urbana e industriale, peraltro, in Italia, tradizionalmente debole. E al parallelo affermarsi di una piccola borghesia, diffusa nel mondo delle piccole imprese e del lavoro autonomo. Distante e ostile rispetto allo Stato e alla politica. Educata ai valori della competizione individuale e, meglio ancora, dell'individualismo possessivo, per citare Macpherson. (…). La "cetomedizzazione" ha, (…), trovato risposta (…) (in) Silvio Berlusconi. Che ha offerto ai ceti-medi: volto, linguaggio. Identità. Berlusconi: l'Imprenditore in politica. Che fa politica. Al posto dei politici di professione. Contro di loro. Trasforma la politica in marketing. Il partito in impresa. La propria impresa in partito. Berlusconi: ha dato rappresentanza alla neo-borghesia, con basi e radici nel Lombardo-Veneto. Condividendo la "missione" della Lega. Anche se, alla fine, ha garantito soprattutto se stesso e i propri interessi. Berlusconi: ha trasformato il ceto medio nella "società media", il "pubblico" con cui comunicare e a cui fornire identità attraverso i media. Ebbene quel processo politico, antropologico ed economico di "cetomedizzazione" ha portato ad un ceto medio che nell’Italia dell’illusionismo berlusconiano si è trovato ad essere, nel momento topico della globalizzazione, a non avere strumenti e risorse per competere. Bassi o bassissimi salari e stipendi, stato sociale in declino se non in destrutturazione, sicurezza sociale ridotta ai minimi termini per le quali cose è avvenuto che, sempre secondo il pensiero ben formato ed informato di Ilvo diamanti, (…). …nel 2006 quasi il 60% della popolazione (indagine Demos-Coop) si auto-collocava tra i ceti medi. Il 28% nelle classi popolari (i ceti medio-bassi). Il 12% nelle classi più elevate. (…). Anche il 60% degli operai, allora, si sentiva "ceto medio". Poi è arrivata la crisi. Economica e politica. Ha scosso, con violenza, le basi del ceto medio. Ne ha indebolito la condizione e, al tempo stesso, il sentimento, l'auto-considerazione. Ne ha accentuato il senso di vulnerabilità. (…). L'ascensore sociale, in pochi anni, si è inceppato. E oggi la maggioranza assoluta degli italiani ritiene di essere discesa ai piani più bassi della gerarchia sociale (Sondaggio Demos-Fond. Unipolis). Coloro che si sentono "ceti medi" sono, infatti, una minoranza, per quanto ampia. Poco più del 40%. Così, l'Italia non è più cetomedizzata. È un Paese dove le distanze sociali appaiono in rapida crescita. Tanto che l'85% della popolazione (sondaggio Demos-Fond. Unipolis) oggi ritiene che "le differenze fra chi ha poco e molto siano aumentate". (…). I lavoratori autonomi: meno del 40% di essi si considera "ceto medio". Oltre il 50%, invece, si percepisce di classe medio-bassa. La stesse misure si osservano nel Nord. La cui distanza sociale, rispetto al Mezzogiorno, sotto questo profilo, appare molto ridotta. Anzi, il peso di coloro che si auto-posizionano in fondo alla scala sociale, nel Nordest (55%) - "patria" della neo-borghesia autonoma - è superiore rispetto al Sud (53%). Gli operai, infine, sono tornati al loro posto. In fondo alla scala sociale (63%). È il declino dell'Italia media e cetomedizzata. Segna il brusco risveglio dal "sogno italiano" interpretato dal berlusconismo. Poter diventare tutti padroni (almeno, di se stessi). Ciascuno nel proprio piccolo (o nel proprio grande). (…).Ecco il punto. Non basta la “fuffa” dell’ineffabile per cambiare o mandare a risoluzione il grave problema economico e sociale che affligge sempre di più le genti del bel paese. Chiude Ilvo Diamanti la Sua analisi con una affermazione che non può dare speranza e sostanza alle alate parole dette dall’ineffabile in quel d’Arabia: Il declino del ceto medio lascia un Paese senza sogni, incapace di sognare. Dove le distanze sociali hanno ripreso a crescere, mentre il territorio affonda nelle nebbie. (…). Il declino del ceto medio, in Italia, definisce - e impone - una questione "nazionale" che nessuna riforma elettorale potrà risolvere.

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