"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 20 febbraio 2014

Cosecosì. 68 “L’azzeramento della politica”.



Io non riesco ad immaginare come vi poniate voi dinnanzi ai fatti nuovi della vetusta politica del bel paese. Li condividete? Li avversate? O c’è un miscuglio in voi di sentimenti contrastanti? Non sarebbe un male. Dinnanzi al nuovo – si fa per dire – che avanza è prudente tenere un atteggiamento sospensivo, d’attesa. Ma fino a quando? E quanto è costato alla politica “buona” del bel paese l’attendismo e la faciloneria diffusa? Poi mi è capitato di leggere sul quotidiano la Repubblica di oggi, 20 di febbraio, il “pezzo” di Sebastiano Messina che ha per titolo “L’azzeramento della politica va in onda con lo streaming”. Conosco e leggo Sebastiano Messina da lungo tempo. Ne ho sempre apprezzato la lucidità e l’incisività della scrittura. Ma la lettura del Suo “pezzo” mi ha indotto a superare ogni incertezza a fronte dei fatti nuovi della vetusta politica. Ha scritto Sebastiano Messina: Il duello politico l’ha perso Grillo, ma quello mediatico non l’ha certo vinto Renzi, che forse non si aspettava un simile attacco frontale ed è riuscito a infilare nel torrenziale comizio dell’ospite solo una frecciatina, «Beppe, questo non è il trailer del tuo show, forse sei in difficoltà con la prevendita», ma qui ha commesso l’errore fatale: mai discutere con un comico, ti trascina al suo livello e poi ti batte con l’esperienza. La verità è che lo streaming preteso e purtroppo ottenuto anche stavolta dai grillini non è la trasparenza della democrazia ma l’azzeramento della politica. È trasparente come una vetrina dell’insulto e della finzione, una porta a vetri attraverso la quale chi dichiara apertamente «io non sono democratico» può far passare non la voce del popolo ma la sua dinamite mediatica. La trasparenza è di sicuro una ricchezza preziosa per il Parlamento e per i partiti, ma lo streaming applicato alle consultazioni, alle trattative e ai colloqui di Stato — (…) — è l’esatto opposto della limpidezza: appena si accende la luce rossa della telecamera il velo dell’opacità avvolge ogni cosa reale e ognuno dei protagonisti finge di essere quello che non è, e magari dice quello che non pensa, non per dialogare con chi gli sta davanti ma per incantare chi sta là fuori, davanti alla tv. E allora le consultazioni diventano co-insultazioni e l’unica cosa trasparente è l’imbroglio dello streaming. E qui mi è saltata la mosca al naso. Ma non abbiamo da un ventennio e passa accusato l’uomo di Arcore di utilizzare i media per un deliberatamente programmato obnubilamento delle coscienze del popolo sovrano? E se sì, in quale misura tutti gli altri, dico proprio tutti gli altri, diversi dall’uomo di Arcore, si sono opposti a questa indegna pratica che svuota dal di dentro la democrazia del bel paese? Avete memoria di un qualcuno che abbia fatto denuncia e pratica conseguente? Perché non dire che alle ragioni non proprio occulte dell’”antipolitica” è tornato comodo che le cose facessero il loro corso – per come l’han fatto - onde ricavarne il massimo del profitto possibile? È andata così ed oggigiorno ci si straccia le vesti dimenticando che “l’azzeramento della politica” è stata pratica di lungo corso che ha visto tutti i protagonisti, ma proprio tutti e nessuno escluso, non disdegnare la spettacolarizzazione della politica nella forme patologiche che essa cinicamente ci esibisce. Questo per il verso deplorato da Sebastiano Messina nel “pezzo” dal quale ho tratto la citazione. Per non dire poi dell’“azzeramento della politica” dovuto al malcostume della stessa, alle ruberie accertate ed ascrivibili a tutto l’arco (in)costituzionale, a quello “schifo” diffusissimo che ha fatto voltare dall’altra parte una fetta sempre più grossa dell’elettorato. Mai una preoccupazione che sia per l’argomento, mai a cambiare dal di dentro la “mala” politica. Mai e poi mai. Ed allora, cosa c’entra lo “streaming” con la fatica che prova il cittadino ad interessarsi ancora delle vicende della politica politicante del bel paese? Grillo qui, Grillo là. Grillo sopra, Grillo sotto. Lo dico poiché non ho mai avuto simpatie per quel “guitto”. Anche i suoi “spettacoli” non mi hanno mai attratto. Poiché sono io ad essere in rotta perenne con l’imbecillità di quei media così disinvoltamente ed artatamente utilizzati per svuotare dall’interno la vita della democrazia. E non mi hanno, al tempo, attratto i vari “Grillo” in auge, così come oggigiorno non mi attirano i “Crozza” di turno. È una questione di epidermica sensibilità; mi fanno venire l’orticaria! Per il resto, dei “Grillo” e dei “Crozza” se ne è pasciuto un intero paese. Ed oggi ci si strappa le vesti per lo “streaming” che sarebbe il responsabile unico dell’“azzeramento della politica”. Bugie! E così mi sono lasciato consolare leggendo l’intervista che Antonello Caporale ha avuto per “il Fatto Quotidiano” – sempre del 20 di febbraio – dal professor Luciano Canfora e che ha per titolo “Per lui non bisogna scomodare i Classici. Basta citare Crozza”. Di seguito la propongo nella quasi sua interezza: “Riprendo in mano Aristofane e a mente rivado a “I Cavalieri”, quando fa dire a uno dei suoi protagonisti: emetti dalla bocca delle polpette ripugnanti”.
Renzi è Paflagone? Il servo che – conquistato il comando – spadroneggia in casa? (…). “Fare, dire, amare… quando il comico pronuncia quelle parole interpreta magistralmente la vena sconclusionata e stravagante del nostro leader. Ma cosa vuol dire fare, amare? E allo stesso tempo che razza di progetto è, che pensiero sottende, quale carica espressiva si dipana nella frase: faremo una riforma al mese! Neanche se parlassimo di frittelle! Questo è il dramma, da qui lo sconforto e la rassegnazione”. 
Ma l’Italia l’ha scelto perché non ne poteva più del potere immobile, incartapecorito. Almeno la velocità, la voglia di dare risposte, la forza di stare in movimento, gliela dobbiamo riconoscere. “Ma si rende conto che un partito ha fatto indicare la sua leadership da alcune migliaia di passanti? Ho visto con i miei occhi signori che avevano Il Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi sotto braccio in fila ai gazebo per votare alle scorse primarie, a queste benedette primarie che gli sono servite per espandere in modo arbitrario un campione minuscolo della società italiana, a sentirsi legittimato da tutti invece che da pochi. Affidare a gente che la pensa nel modo opposto di quel che ritieni la scelta del tuo leader significa commettere il secondo errore madornale, ingiustificabile dopo quello di aver costruito un partito senza passione, nato da convenienze, da una fusione fredda”. (…). “Renzi, proprio lui, lascia spazio a Berlusconi di dire: l’ultimo premier eletto sono io. Renzi, proprio lui, garantisce, giura che uno come Alfano non sarebbe mai potuto essere ministro e ora lo stiamo per ritrovare al suo fianco. Capisce il danno? E la misura della colpa? E non si rimedia con paroline tipo: il dire, il fare, l’amare. Ma cos’è? Lo hanno issato al trono solo perché dotato di questa straordinaria energia cinetica? Ecco l’iniqua, sperequata logica. Io non mi sorprendo. Studio da una vita i classici e già in Eschilo, Agamennone e poi naturalmente in Platone la parola esprime il contrario del pensiero. Non c’è dunque stupore. Perché è certo che anche adesso la parola ingannevole è usata come un bastone nodoso”.
Si dice A per prefigurare B, ci si allea per finta con questo e insieme si tratta per davvero con quello. “E nascono sconcezze lessicali, si consumano vere e proprie truffe ai danni della nostra intelligenza e della lingua. Quando non ci piace l’avversario, magari invoca rigore e integrità morale, lo tacciamo di populismo. E che significa? Non c’è continenza, adeguatezza, misura. Parole inutili, vuote, vacue. Cesti rotti”.
Le parole truffaldine. “La verità è che siamo in una condizione di soggezione, completamente piegati a poteri esterni. (…). Siamo asserviti, e la nostra debolezza ha la radice nella crisi della classe dirigente. E la crisi esprime poi questi volti, queste fughe solitarie, questi tipi italiani. I partiti hanno una forma provvisoria e stentano a stare insieme. E siamo feriti, uccisi dalla valanga di informazioni che sembrano avere come unico obiettivo l’azzeramento della memoria. Siamo un popolo senza memoria purtroppo e tutto ci è concesso”.
Perfino di avere in campo una coalizione che si chiamava Popolo della libertà. “E qui ritorniamo alle parole ingannevoli. Questo è davvero un mirabile esempio: se tu sei il popolo della libertà io che non ti voto appartengo al popolo della schiavitù? Esiste un partito democratico, quindi si contrappone a un partito aristocratico?”.
Parole come zucche vuote, professore. “Temo di sì, penso di sì”. (…).
Dobbiamo rassegnarci, non c’è proprio scampo? “Non la prenda così male e non si angusti. Sappia che l’unica vera resistenza, l’unico baluardo a questa deriva, l’unica struttura antagonista è la scuola. La scuola ci salverà”.

Nessun commento:

Posta un commento