"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 3 dicembre 2013

Cronachebarbare. 28 “Olimpique Marsiglia-Milan”.



(…). 1991, quarti di finale di Coppa dei Campioni Olimpique Marsiglia-Milan. Il Milan aveva vinto la Coppa nei due anni precedenti, avrebbe potuto accettare con una certa serenità la sconfitta che si stava profilando (gol di Waddle). Non si può vincere sempre. A cinque minuti dalla fine si spegne uno dei quattro riflettori dello stadio. Il nobile Maldini, il nobile Baresi e altri giocatori circondano l'arbitro: con ampi gesti indicano il riflettore spento, c’è troppo buio, non si può giocare, la partita va ripetuta (si vedevano perfino le monetine che i tifosi del Marsiglia stavano gettando sul campo per irridere a quella vergognosa sceneggiata). L’arbitro, ovviamente, non gli dà retta. Allora Galliani, in collegamento con Berlusconi, ordina il ritiro della squadra. Una cosa inaudita, grottesca, che non si è mai vista nemmeno nei più scalcinati campetti dei campionati minori Figc. Il Milan si beccherà una squalifica di un anno. Chi ricorda questo fatto di disonorevole cronaca sportiva? Certamente pochi, pochissimi, anzi nessuno. Se ne è fatto carico Massimo Fini su “il Fatto Quotidiano” del 17 di settembre 2013 col titolo “Milan, la sconfitta è solo per gli altri”. Ma è un fatto di disonorevole cronaca sportiva che va aldilà di quell’effimero mondo pallonaro per divenire fatto sociologico ed antropologico che rende contezza di tutto quanto avviene nel bel paese. E che rischiara, fino a gettarne nuova luce, le cronache di questi giorni che sono susseguenti alla “decadenza” del signor B. Poiché le incredibili cronache che hanno accompagnato quell’atto – della “decadenza”, è ovvio -, intervenuto a sanare nelle istituzioni un episodio d’indegnità acclarata, se lette secondo la narrazione di Massimo Fini, rendono appieno la calamità che da lustri e lustri ammorba il vivere civile e politico del bel paese. Si disvela quell’immensa bolla che ha avviluppato il paese e dalla quale è stato ed è impossibile uscire senza una “redde rationem” – una “resa dei conti” - fatta “senza se e senza ma”. “Redde rationem” che non è stata fatta, che non si vuol fare, che non si farà mai e poi mai. Col risultato che la bolla continuerà ad inghiottire la nostra vita sotto tutti gli aspetti. Scriveva oltre Massimo Fini:   Questa incapacità di accettare la sconfitta, di cercare di evitarla anche ricorrendo ai mezzi più sleali, è un riflesso del mondo morale di Berlusconi, di cui abbiamo poi avuto ampia testimonianza nella sua attività politica (“Bastava il Milan per capirlo” scrissi per l’Europeo nel gennaio 1995). Il calcio, si sa, è una metafora della vita. Nel mondo morale di Berlusconi c'è anche che col denaro si può comprare tutto: Guardie di finanza, testimoni, giudici. E anche di questo la storia del “suo” Milan è stata testimonianza. Quando aveva già i tre olandesi e sapeva di non poterlo far giocare, acquistò Savicevic, allora uno dei migliori giocatori del mondo, solo per toglierlo alle altre squadre. Con lo stesso scopo acquistava giocatori importanti senza farli giocare. Il nazionale De Napoli, in due anni, vide il campo, in tutto, per sette minuti. Ma il caso più emblematico è quello di Gigi Lentini. Nel 1992 Lentini, talentuoso ragazzo del vivaio granata, aveva portato il Torino al terzo posto in campionato. Ma Berlusconi lo voleva a tutti i costi. Gli fece offerte sempre crescenti che Lentini rifiutò: nel Torino era entrato a otto anni, dal Torino aveva avuto la fama, alla gloriosa e sfortunata società granata era legato da fortissimi vincoli affettivi, il denaro non era tutto. Ma Berlusconi portò l’offerta, fra ingaggio e acquisto del cartellino, alla sbalorditiva cifra di 64 miliardi e il ragazzo, figlio di una famiglia di operai delle Banchigliette, cedette. C’è chi dice che i miliardi siano stati “solo” 30, ma ha poca importanza. Berlusconi non aveva comprato le gambe di Lentini, che non potevano valere né 60 né 30 miliardi, gli aveva comprato l'anima dimostrandogli (a lui e al vasto mondo giovanile che ruota intorno al calcio) che i suoi ingenui sentimenti di ragazzo non valevano nulla di fronte al potere del denaro. Naturalmente la cosa andò a finir male. Lentini, frastornato nel nuovo ambiente, ebbe uno stupido incidente automobilistico, calcisticamente si rovinò, non servì al Milan né il Milan a lui. (…). Ha qui termine la disonorevole cronaca sportiva di Massimo Fini. Che è divenuta disonorevole cronaca anche nei campi ben più importanti del vivere civile, del vivere politico, del vivere economico del bel paese al tempo del signor B. Ora il signor B. è stato costretto ad abbandonare gli alti scranni senatoriali per “indegnità”. Ma come per un perverso intrigo questo aspetto della vicenda della “decadenza” è sparito dalle cronache giornalistiche. Almeno nelle furbate di una certa “cronaca stampata” così come di una certa “cronaca parlata”. Il nulla. È questo disastrato paese che non ha voglia di nessuna “resa dei conti”. Poiché in esso si vive all’ombra di quel “familismo amorale” e di quel “tengo famiglia” che non ha mai e poi mai consentito di scavare a fondo per ricercare le ragioni dei fatti e degli avvenimenti che ne hanno avvilito e lordato la storia. Ha scritto Barbara Spinelli sul quotidiano la Repubblica del 20 di novembre 2013 – “La nuova destra dei camaleonti” – facendo riferimento alla nascita del cosiddetto “Ncd”: Quel che manca è la caduta di Robespierre. Riottosi, i vassalli di Berlusconi rimangono vassalli. Annunciano il nuovo, ma non escludono patti con l’ex capo e promettono di lottare contro la sua decadenza dal Senato. Le idee che avevano sulla Costituzione, troppo parlamentare e giustizialista, son sempre lì. Piuttosto viene in mente l’8 settembre ‘43: Badoglio proclamò un armistizio che apriva agli anglo-americani senza chiudere a Hitler, poi col re fuggì da Roma lasciando che i nazisti occupassero il paese. (…). Nessun inventario, nessun rendiconto del berlusconismo, nessun taglio del cordone ombelicale (ma neanche idee su economia, Europa, politica estera). Se si esclude la difesa del governo di Larghe Intese, l’essenza berlusconiana è preservata. La lotta alla magistratura indipendente prosegue, la decadenza del leader è rifiutata. Che destra normale può nascere in queste condizioni, sempre che norma significhi norma? Si fa presto a dirsi moderati, se la sovversione da cui ci si separa resta ingiudicata. Qui è il pericolo che corre l’Italia: che cambino nomi e padroni dei partiti, ma non la cultura dell’illegalità che ci ha ammorbati ben prima che Berlusconi andasse al potere: (…). Tutto è permesso agli oligarchi. Anche le telefonate fatte dalla Cancellieri a amici privati, i Ligresti: telefonate in cui si «mette a disposizione», e 4 volte dichiara «non giusto» (lei che è Guardasigilli) l’arresto appena avvenuto di Salvatore Ligresti e delle figlie per reato di falso in bilancio e manipolazione di mercato (il figlio Paolo, latitante, evita l’incarcerazione). (…). Tragicamente degenera la democrazia quando la legalità è facoltativa. Di fronte a noi sfilano governisti (spesso indagati, spesso ex P2) che abrogano il passato per non mettersi in pericolo. Le tragedie si superano con la catarsi: una purificazione. E con un giudizio, espresso dall’opinione pubblica che è il Coro. In Italia non sono in vista catarsi, o giudizi: né a destra, né per ora a sinistra. (…). Come può essere messo alla porta quel Galliani che abbiamo ritrovato nella cronaca – dimenticata – di Massimo Fini? “Tenimmo tutti famiglia”. Ma quella “memoria” ripescata nei polverosi archivi spazza via tutte le insensatezze e tutte le ipocrisie che hanno preceduto e seguito la decadenza di colui il quale si è macchiato d’”indegnità” per continuare a stare nelle istituzioni massime. È questo il paese dei “gattopardi” e dei “camaleonti”. Con buona pace di quelle splendide, innocenti creature.

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