"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 26 novembre 2013

Cosecosì. 63 "Terra dei fuochi".



“Sono nipote di un uomo che, presentendo che la morte lo attendeva all’ospedale dove lo stavano portando, scese nell’orto e andò a dire addio agli alberi che aveva piantato e curato, piangendo e abbracciando ognuno di essi, come se di esseri amati si fosse trattato. Quell’uomo era un semplice pastore, un contadino analfabeta, non un intellettuale, non un artista, non una persona colta e sofisticata che decideva di lasciare questo mondo con un grande gesto che la posterità avrebbe ricordato. Si sarebbe detto che stava salutando ciò che fino a quel momento era stato di sua proprietà, ma di sua proprietà erano anche gli animali che gli davano da vivere e lui non andò da loro per salutarli. Si accomiatò dalla famiglia e dagli alberi come se per lui fosse stato tutto la sua famiglia. (…). Non saprò mai cosa mosse lo spirito di mio nonno in quell’ora estrema, cosa pensò e provò, quale chiamata urgente guidò i suoi passi insicuri fino agli alberi che lo aspettavano. Forse sapeva che gli alberi non possono muoversi, che sono legati alla terra dalle radici e che da queste non possono separarsi, se non per morire. (…). Difendere gli alberi è difendere la Terra. Mio nonno lo sapeva e non sapeva né leggere né scrivere. Un vecchio analfabeta mi ha dato la migliore delle lezioni. Qui ve la offro, se la riterrete giusta e umana. (…)”. Tratto da “Quel vecchio uomo che abbracciava gli alberi“, di José Saramago. Ricevo e posto di seguito la lirica pervenutami dall’amico Giovanni Torres La torre.

Terra dei fuochi.

I
Quale altro cielo tenterà l’aquilone
tra fumi pestiferi che sporcano ali d’uccelli
calura di morte che scioglie le cere di Icaro
in questo autunno quando migrano
nel giro consueto delle stagioni
sorvolando questa parte di inferno
nella terra un tempo felice?
Quali altre zolle
cercheranno le cicale e le formiche
e che amori le fanciulle
e quali prati per correre i bambini superstiti
e i padri nel vederli crescere
e i contadini per piantare e spiantare
e raccogliere i frutti del loro lavoro?
Quali future primavere
inviteranno farfalle ballerine
a posarsi su fiori avvelenati
e quale miele innamorerà ancora
la bocca della giovinezza
nella Terra dei fuochi?

II
Di quale mondo abbiamo memoria
e di quali paesaggi della Campania Felix
nel rimpianto della parola che fu di Plinio il Vecchio
per le terre coltivate dall’antica sapienza contadina
e  bellezza del paesaggio
che un tempo generoso aveva depositato
nell’anima nella carne e nelle pietre
di quel mondo oramai leggenda?
E perché altri uomini di fango
e malefici ingegni
hanno devastato avvelenandola
la memoria dei luoghi
il suolo l’aria le acque
il seno delle madri
il sorriso dei bambini?

III
Quali armonie resteranno
di canti suoni e dialetti
per dire la maledizione e lo sgomento degli antenati
di pagine di scrittura e regole grammaticali
di belle parole dei maestri della perduta infanzia?
e quali libri di scienze ed erbe medicinali
che hanno guarito passioni di conoscenza e ferite
fatiche di uomini e armenti
in questa terra ora impestata dagli untori?
e quali ritratti di santi
cercheranno ancora devozione
ai bordi degli specchi della vita
che presi dal cancro sfarinano
nell’argento che muore?

IV
Bastimenti di morte
scendevano da Nord a Sud
per inondare di fiele
le terre della Campania
con la complicità di tanti municipi
deputati senatori governatori e prefetti
tutori della Legge
in grande parte muti per viltà
indifferenti  al dolore delle madri
e alle pene delle piccole vittime
dei padri e delle famiglie martoriate
sordi al suono delle campane
ciechi all’inchiostro di giudici giornalisti sindaci
medici e scrittori.

V
Luna visionaria che continua il suo viaggio
nei cieli appestati della Terra dei fuochi
stanca e dolente per il lutto alle porte delle case
e i nomi che escono nei lamenti delle madri
coi ritratti nell’addio alla vita fresco di inchiostro
che lasciano senza promessa di tornare.
Luna del funesto chiarore
nella notte dei briganti della camorra
delle persiane chiuse nel fondo della notte
e malandrina
quando albeggia
alle balaustre di tanti municipi
ove sbiancano le belle bandiere
nella vergogna del silenzio
mentre garriscono a Casal di Principe
e altre ancora per miracolo che si ripete
nel petto dei superstiti
nei cortei e nei viaggi funebri d’ogni giorno.


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