"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 16 ottobre 2013

Cosecosì. 60 Quelli che erano di “Sendero luminoso”.



Dichiarava il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera, al quotidiano “La Stampa” del 26 di ottobre dell’anno 2008 – anno di inizio della grande “crisi” -: Con il tipo di capitalismo ereditato dalla seconda guerra mondiale non andiamo lontano. Un capitalismo senza un quadro etico è nemico del genere umano. Bisogna chiedere scusa a Marx: aveva visto giusto.  Marxianamente parlando – nel senso dell’Uomo di Treviri – si può ben dire che il capitalismo finanziarizzato ha fallito nell’impresa. Scrivevo a breve distanza da quella dichiarazione – era il 18 di aprile dell’anno 2009 - in “Del capitalismo egoista”: Avevo appena finito di leggere l’articolo di Federico Rampini “Se i mercati cancellano l'etica” sul quotidiano “la Repubblica” che la radio, quasi sempre accesa in casa nostra per via della tragedia d’Abruzzo, che orecchiavo sbadatamente nel mentre scorrevo la scrittura dell’illustre opinionista, dava la notizia di un’azione militare di “Sendero luminoso” in uno dei paesi più problematici del sud dell’America, il Perù. Chi si ricordava più di “Sendero luminoso“? Grande è stata la sorpresa di mia moglie: – Allora “sendero lumisoso“ esiste ancora – è stata la sua immediata reazione e considerazione. Io intanto andavo indietro negli anni a ricordare. Un istantaneo tuffo all’indietro. “Sendero luminoso”, un gruppo d’ispirazione maoista, ha rappresentato per quelli della mia generazione, anche se non maoisti o tiepidamente maoisti,  un’ancora di speranza per un cambiamento radicale della storia dei più derelitti dell’umanità. Come sia andata la Storia, quella grande e crudele, è sotto gli occhi di tutti. Sentire una notizia riguardante quel che resta di quel manipolo di visionari mi ha suscitato un moto di patetica considerazione. Ma non solo. Lo confesso. Confesso che nel mio intimo mi sono detto, quasi rabbiosamente, che un ritorno alle ideologie pure e dure, alle speranze nate allora attorno a quei gruppi di coraggiosi visionari, alle utopie di quel tempo, un ritorno a quella storia minima, un ritorno insperato, sarebbe oggigiorno salutare per questa umanità disorientata ed incredula. Inebetita. Un’umanità senza una meta che conti qualcosa. E questo pensiero fulmineo, fulmineo come un lampo, me lo sono tenuto per me, non ho osato neanche condividerlo, affidarlo a mia moglie, come quasi sempre mi avviene di fare. Avrebbe obiettato che la storia di quei gruppi o gruppuscoli ha comportato anche dolori e lutti. È pur vero. Violenza, certo. Avrei potuto controbattere che, scomparsi loro, quelli di “Sendero luminoso”, la violenza ha continuato ad esistere in altre forme, come sempre, da parte soprattutto dei ceti sociali più abbienti e dei cosiddetti colletti bianchi, da parte dei signori della finanza, che nel corso del passato millennio ed in questo corrente hanno reso sempre più gravosa l’esistenza di milioni e milioni di esseri umani. Arricchendosi smisuratamente. Ed oggi, continuando nella loro violenza di classe, presentando il conto del loro fallimento alle società d’Occidente e d’Oriente affinché siano esse a ripianare gli errori della loro dissennatezza. E pensando a quei tempi oramai andati, a quelle speranze morte e sepolte, a quelle utopie dileggiate in seguito, mi sono chiesto cosa abbia determinato a livello planetario lo stato di colpevole acquiescenza, di sonnacchiosa attesa, di inutili aspettative, da parte soprattutto dei ceti meno abbienti, dei poveri in particolare. E dei giovani di tutto il mondo, tagliati fuori per gli anni a venire da ogni speranza di vita dignitosa. Furono quei movimenti, quei gruppi e gruppuscoli che ispirarono, in quel martoriato subcontinente, in quegli anni, nuove visioni sociali e, tanto per ricordare, il diffondersi di quel movimento di base nato all’interno della chiesa cattolica e che prese il nome di “Teologia della liberazione”. Liberazione dalla fame, dalla povertà, in Terra. Senza un rimando a dopo una vita di stenti. E come anche quel movimento sia andato a finire, quasi avversato dalle alte gerarchie di Roma, è la storia degli sconfitti di quel tempo, è la storia della sconfitta di tutti i deboli e poveri di questo angolo d’universo chiamato Terra. “Sendero luminoso” forse è bene che continui a vivere nei ricordi nostri, che non torni in campo come in quel tempo andato, è bene forse che rimanga tra gli affetti nostri di un tempo di speranze, nell’illusione di una storia nuova a venire. E dei “Tupamaros”? Cosa ne è stato dei “Tupamaros”? E di Monsignor Camara? E di Monsignor Romero? E di Leonardo Boff? La Storia, la Storia grande, non ha concessioni da fare agli umiliati ed ai perdenti di sempre. “… el pueblo unido jamas serà vencido…”. Sarà vero? Ne dubito assai. È che divento sempre più vecchio e quindi sempre più disilluso. (…). Così sentivo e così scrivevo in quel tempo che sa tanto di era trascorsa e sepolta. Ma i fatti definiti in quelle mie riflessioni hanno prodotto i loro effetti che a tutt’oggi segnano il destino d’emarginazione e di povertà di sempre più larghi strati sociali dell’Occidente progredito. Per contestualizzare quelle vicende trascrivo una corrispondenza di Federico Rampini del 5 di ottobre ultimo che ha per titolo “A New York non bastano due lavori per vivere”, corrispondenza pubblicata sul settimanale “D” del quotidiano la Repubblica: Alpha Manzueta finisce il suo primo lavoro (turno di notte) ogni mattina alle 7. E comincia il suo secondo lavoro a mezzogiorno. Per recuperare un po' di forze, nell'intervallo tra i due va a dormire. Non a casa sua, perché non ce l'ha. Va in un centro di accoglienza per homeless. La sua storia è stata raccontata dal New York Times. «Mi sento bloccata, mi sforzo e mi sforzo, ma per quanto io faccia non vado da nessuna parte, non riesco a tirarmi fuori dal ricovero per senzatetto», ha raccontato la Manzueta al reporter che la intervistava. A 37 anni, Manzueta ha una figlia di due anni e mezzo. Quando è sul lavoro porta una divisa. È un'agente che regola il traffico all'aeroporto JFK di New York. Quando ha quell'uniforme addosso, è l'ordine e la legge. Quando si toglie la divisa e torna al centro di accoglienza per senzatetto, viene trattata come una semi-delinquente: deve rispettare il coprifuoco e consegnare una parte del suo salario come prova che sta "risparmiando" per trovarsi una casa vera. Due lavori, e neanche un appartamento? Il suo non è un caso estremo. (…). Il 16% degli adulti single che dormono in quei ricoveri, ha un posto di lavoro. E il 28% delle famiglie ospitate negli "shelter" (rifugi) ha almeno un membro che lavora. Molte sono donne, e di giorno noi newyorchesi le incontriamo continuamente. Possono essere agenti del traffico come Alpha Manzueta, ma anche commesse di negozi, perfino impiegate di banca. (…). In questo formicaio brulicante di attività, se hai voglia di lavorare qualcosa da fare lo trovi. Il che non significa che con un lavoro, o anche due, riesci a campare. (…). Sono cresciuti i multimilionari, e in un solo anno ben 74mila newyorchesi sono scivolati sotto la soglia della povertà. Le assunzioni si sono concentrate nei mestieri meno remunerati: camerieri di ristoranti e bar, infermiere a domicilio, commesse di negozi, fattorini delle consegne. Invece ha continuato a svuotarsi la parte che sta in mezzo, la middle class, quel vasto ceto medio che un tempo comprendeva anche un'aristocrazia operaia di colletti blu dagli alti salari. Sono spariti 49mila bancari. Tutti quei mestieri che un tempo davano uno stipendio dignitoso, uno status sociale, la possibilità di mandare i figli in una buona scuola: sono le professioni "di mezzo" che continuano a subire un'emorragia. (…). Poi, la sera, alcuni vanno a casa, altri dopo aver timbrato l'ultimo cartellino tornano al dormitorio dei poveri. Il “capitalismo egoista” ha divorato il ceto medio, quello strato sociale che ha consentito il miglioramento della vita di milioni e milioni di cittadini, ha consentito l’ascesa sociale e la realizzazione di sogni prima proibiti. È stata la cecità del secolo ventunesimo. Di quelli che erano di “sendero luminoso” il vescovo di Roma, che ha voluto nomarsi come il fraticello di Assisi, ne conosce la storia. Una storia di visioni di liberazione dal bisogno se non dalla fame; una storia di sogni in grande; una storia che sa di tragedia. Ha scritto Moni Ovadia sul quotidiano l’Unità del 5 di ottobre dopo la tragedia di Lampedusa – “L’umanità perduta” -: È l’intero modello di sviluppo che governa il pianeta che va portato sul banco degli imputati. Dev’essere processato il perdurante retaggio del colonialismo, il più vasto crimine della Storia, con i suoi travestimenti odierni, le sedicenti guerre umanitarie, il land grabbing (il ladrocinio delle terre). Questo modello considera gli esseri umani merce vile e i poveri, deiezioni di scarto. Come «carta dei diritti» ha il libro contabile dei privilegi e per obiettivo unico, l’ipertrofia dei profitti tramite l’esproprio privatistico dell’intero creato. Il potere finanziario e politico-finanziario, si serve per i propri fini, dell’immiserimento dell’economia reale e soprattutto della riduzione progressiva del lavoro a nuova servitù. Le immense masse di disperati generati dalle guerre «glocali», dalle migrazioni conseguenti e dall’accaparramento illimitato delle risorse, costituiscono un’inesauribile riserva di lavoro servile all’infimo costo della pura sopravvivenza. (…).

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