"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 12 settembre 2013

Quellichelasinistra. 1 "La lotta di classe c'è ancora".



“Quellichelasinistra” può essere uno dei tanti modi di dire. Si sarebbe potuto anche dire “quelli a sinistra”. Mi è parso che avrebbe avuto tanto della “prossemica” ovvero di quella moderna disciplina che afferisce al campo della semiologia e che si prende cura di studiare gesti sì, il comportamento pure, lo spazio anche ma che focalizza la propria indagine sulle distanze e sulla occupazione degli spazi al momento di quell’atto tipicamente e sommamente umano che è la comunicazione che sia verbale o non verbale. “Quellichelasinistra” per l’appunto sono quelli che non gradiscono una visione riduttiva del proprio stato, del proprio essere. Che è come dire “quelli a sinistra” così come “quelli a destra”. Che dietro l’essere tra “quelli a sinistra” spesso vi è il vuoto più assoluto. Così come si sarebbe potuto dire “quelli di sinistra”. Ma chi sono poi “quelli di sinistra”? Domanda terribile, oziosa forse, che esige risposte precise. Impossibile da trovare. Ed allora “quellichelasinistra” per l’appunto. Che la cosiddetta “sinistra” la possono tenere nel cuore o nella mente. Dipende dai punti di vista. Ma superano i limiti di “quelli a” e di “quelli di”. Di “quellichelasinistra” ne ha incontrati l’amico carissimo il “compagno” Giovanni Torres La Torre. Giovanni Torres La Torre è un pittore, è uno scrittore, è un poeta. Ho avuto modo di proporre tante creazioni del Suo genio artistico. Me ne parla, di “quellichelasinistra”, al tavolino del “Fellini café” in quel di Capo d’Orlando, mentre un caffè fumante ed odoroso assai spande i suoi effluvi per tutto d’intorno. Ha memoria cara ed anche struggente di un tempo vissuto nel paese natio su per i Nebrodi boscosi e di tutti quelli che oggigiorno potrebbero sentirsi pienamente tra “quellichelasinistra”. Ed in particolare ha memoria cara di un manovale di quei luoghi, analfabeta, che nella frequentazione del “Salone” – l’opificio del barbiere di quel tempo - del paese natio trovava modo di dare concretezza alla sua appartenenza a “quellichelasinistra” commissionando al giovanissimo Giovanni l’acquisto del quotidiano l’Unità con il conseguente impegno che quel giovanissimo di allora lo leggesse per tutti coloro che ne avessero interesse e bisogno. Era il desiderio di quel manovale analfabeta di esercitare la sua militanza e la sua formazione politica. Ricorda con affetto Giovanni Torres La Torre la ricompensa che gliene derivava: una, una sigaretta “Nazionale senza filtro”, che segnava il passaggio alla età maggiore del giovanissimo Giovanni. Ha chiesto Michele Smargiassi nell’intervista a Mario Tronti – sul quotidiano la Repubblica del 5 di settembre, "La lotta di classe c'è ancora" -: Ha mai detto di se stesso "sono un uomo di sinistra"? Qualcosa mi fa supporre di no... "Ha indovinato. Non lo direi mai, mi sembra banale. Penso che "sinistra" sia qualcosa di cui c'è necessità forse più che in passato, per quel che ha significato e può significare ancora. Ma vede, io sono un teorico della forza e non posso non vedere la debolezza della parola". Ecco il punto: la debolezza delle “parole”, il loro snaturamento, quel dire e quel non dire, quel non riuscire a stabilire nessi e contenuti certi. Ecco l’incertezza di e per “quelli a” o di “quelli di”. Fermiamoci allora a “quellichelasinistra”. Chiede Michele Smargiassi a Mario Tronti: È sopravvissuta a parole che sembravano eterne, una sua forza l'avrà pure... "Sì, quella che dovrebbe avere. Metodologicamente sono contrario ad abbandonare una definizione vecchia prima di trovarne una nuova che la sostituisca. Mantengo questa, allora, consapevole dei limiti, perché per adesso non ne ho un'altra. La vado cercando".
Ipotesi? "(…). Ecco, la sinistra dovrebbe coltivare qualcosa che va al di là del presente, ricostruire una narrazione, ma io preferisco dire visione, di quel che può esistere dopo la forma sociale e politica del mondo che abbiamo".
Non è sempre stata questo? Un movimento che "abolisce lo stato di cose presente"? "A questo si erano dati nomi più forti, socialismo, comunismo, e più efficaci, perché dicevano immediatamente anche all'uomo più semplice che si andava verso qualcosa al di là dell'orizzonte".
Mentre sinistra è uno "stato in luogo"? "Di certo non ha la stessa capacità di evocazione, serve magari a criticare il presente ma non contiene il futuro. È rimasta in campo, ma non è riuscita a creare quella grande appartenenza umana, antropologica, che le vecchie parole suggerivano. Forse "sinistra" riflette proprio questo passaggio dalla prospettiva all'autodifesa, dal movimento alla trincea". Ecco la necessità di superare uno o lo "stato in luogo”, d’essere compiutamente solamente “quellichelasinistra”. E basta.
Ma si diventa di sinistra? O ci si nasce? "Ognuno ha la propria risposta. Non amo parlare di me, ma posso dirle che nel mio caso è stato quasi un fatto naturale, da giovanissimo, diventare comunista. Perché quella è stata la mia parola, subito. Ha contato molto l'estrazione popolare della mia famiglia, mio padre comunista col quadro di Stalin sopra il letto, mi sono immesso in quell'orizzonte in modo naturale, ovviamente da lì è partito un percorso lungo e critico...".
(…). Lei ha scritto anche: basta con gli aggettivi, torniamo ai sostantivi. Cosa voleva dire? "La parola sinistra è stata aggettivata tantissimo. Questo capita alle parole deboli. La differenza tra socialismo e comunismo è che il primo a un certo punto sentì il bisogno di aggiungere "democratico". Il comunismo non lo fece mai. Non so se sia stato un bene o un male, forse è stata una delle cause del suo fallimento".
Ma quale strada porta all'oltre? Fare qualcosa di sinistra oggi sembra ridursi a una deontologia civica di onestà, rispetto... "Da un po' di tempo dico che si è aperta nel mondo contemporaneo una grande questione antropologica: il senso dell'essere qui, in un mondo allargato e transitorio, in questo disagio di civiltà che non è solo politico e sociale o economico. Come essere donne e uomini in questo mondo? La domanda vera è questa. Rispondo così: è importante avere un punto di vista, partire da una posizione. Che può essere soltanto parziale. In una società profondamente divisa non è possibile essere d'accordo con tutti. Certo una volta era più semplice, le parti erano chiare e distinte, erano le classi. La parte ora te la devi andare a cercare".
E come si riconosce? "Per essere riconoscibile come parte, la sinistra dovrebbe dire una cosa semplicissima: siamo gli eredi della lunga storia del movimento operaio. Lunga storia, ho detto. Abusivamente ridotta a pochi decenni, quelli del socialismo realizzato, mentre viene dalla rivoluzione industriale, si diversifica nell'Ottocento grande laboratorio, affronta nel Novecento la sfida della rivoluzione...".
(…). Cosa resta di quella storia? "Una parzialità. La parte del popolo attorno a un concetto che non è sparito con la fine del movimento operaio: il lavoro. Una sinistra del futuro non può che essere la sinistra del lavoro come è oggi, complicato frantumato in figure anche contraddittorie, il dipendente l'autonomo il precario, il lavoro di conoscenza, quello immateriale... La sinistra dovrebbe unificare questo multiverso in un'opzione politica. Ma essendo anche un teorico del pessimismo antropologico, la vedo difficile".
(…). Può spiegare meglio? "La cosiddetta sinistra dei diritti, maggioritaria oggi. Quella che si limita a difendere un certo elenco di diritti civili, presentandoli come valori generali. Finisce per essere un intellettualismo di massa, un consolatorio scambio al ribasso. Basta qualche battaglia contro l'immoralità e ti senti a posto dentro questa società".
La rivolta contro la "casta" sembra verbalmente forte e gratificante. "La famosa antipolitica... La sinistra non ha messo a fuoco il pericolo vero, la sua violenza, il suo obiettivo vero, che è deviare lo scontento popolare su una base che per il potere è sicura perché non minaccia davvero le basi della diseguaglianza. Se non trovi lavoro è perché i ministri hanno le auto blu?".
Un'arma di distrazione di massa? "Un disorientamento politico di massa. Le grandi classi non ci sono più, il conflitto frontale non c'è più, i grandi partiti neppure, ma la lotta di classe c'è ancora. Di questo mi permetto di essere ancora sicuro". Uno che sarebbe stato bene, anzi benissimo, oggigiorno, tra “quellichelasinistra” scriveva al figlioletto Dante in un’ultima lettera: "...possono bruciare i nostri corpi, non possono distruggere le nostre idee. Esse rimangono per i giovani del futuro, per i giovani come te. Ricorda, figlio mio, la felicità dei giochi... non tenerla tutta per te... Cerca di comprendere con umiltà il prossimo, aiuta il debole, aiuta quelli che piangono, aiuta il perseguitato, l'oppresso: loro sono i tuoi migliori amici". Era un ciabattino. Si chiamava Nicola Sacco.

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