"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 6 agosto 2013

Cronachebarbare. 18 “La maschera della legalità”.



Siamo al delirio. Sedicenti ministri che affollano i corridoi della regia residenza per rassegnare le dimissioni, o per dare la disponibilità alle dimissioni, direttamente nelle mani dell’egoarca di Arcore. Ma non hanno giurato sulla Costituzione alla presenza del capo dello Stato? Siamo allo stato di monarchia assoluta. Ed i fautori delle larghe intese perché oggigiorno se ne fanno meraviglia? Minaccia l’egoarca di Arcore di preferire d’essere arrestato. Benissimo. Ignora ch esiste pure un giudice di sorveglianza il quale qualora non lo ritenesse pentito abbastanza della truffa perpetrata ai danni del popolo italiano lo manderà direttamente in galera, altro che domiciliari o servizi sociali. Ignora tutto questo. Eppure il suo partito, sotto il governo del dottor Monti, ha votato la norma in vigore. Ed allora, perché tanto schiamazzo? Se c’è un giudice di sorveglianza a Milano che voglia applicare la legge lo spedirà direttamente in galera, accontentandolo così. E poi? Ci saranno sommosse e barricate? Staremo a vedere. È pur vero che l’inquilino dell’irto colle sembra abbia presa a cuore la questione. E questo è proprio un brutto segno. Si chiede oggi sul quotidiano la Repubblica Guido Crainz: Occorre (…) chiedersi: c’è un’Italia che ha saputo tenere realmente il campo e contrapporsi ad una “pedagogia” berlusconiana intrisa di disprezzo per lo Stato (per le regole fiscali come per l’istruzione pubblica, per la magistratura come per ogni valore e bene collettivo)? Quella “pedagogia” ha trovato di fronte a sé, contro di sé, un’altra e opposta “pedagogia”, un’altra Italia? L’ha trovata nella politica? L’ha trovata nella società civile? C’è stata un’Italia che nel ventennio si sia opposta? È la domanda di Crainz. Certamente a livello di società civile. Molto meno in altri ambiti. E quella parte di società civile che ha fatto opposizione a prescindere, tacciata di antiberlusconismo come malattia infantile della politica, quella società civile ha meritato anche l’attenzione e gli insulti del condannato S. B., e non solo. Scrive infatti Guido Crainz: Troppo poco, occorre dire, altrimenti non saremmo arrivati a questa barbarie, a questa diffusa indifferenza verso l’eversione quotidiana. Da questa consapevolezza occorre prender avvio se vogliamo trovare una leva per ripartire. Il baratro che si è rivelato per intero in questi giorni ci fa comprendere che sarà impresa difficile, se non difficilissima, e di lunghissimo periodo. E che ci riguarda tutti: nella stagione di Berlusconi la devastazione delle regole ha fatto passi da gigante nell’insieme della società, non solo nel Palazzo, e anche lì va contrastata con una forza e con una decisione che sin qui sono apparse solo in parte. La necessaria inversione di tendenza riguarda naturalmente, in primissimo luogo, la politica. Prima ancora della condanna di Berlusconi la finzione delle larghe intese è stata lacerata in via definitiva dal centrodestra, dalla sua estraneità dichiarata alle regole costitutive di ogni patto: ogni sua rassicurazione è stata ed è un’ingannevole cortina fumogena volta a guadagnar tempo. Ad attendere il momento migliore per andare all’offensiva, e a quel punto alla disperata. Ed a proposito di “pedagogia” e di “devastazione delle regole” dalla “discesa in campo” in poi, ne è ricchissima la “letteratura” politica, sol che la si sia e/o la si voglia leggere con attenzione. Risale al 15 di maggio dell’anno 2010 l’interessante, speranzosa al tempo, analisi del politologo Carlo Galli pubblicata sul quotidiano la Repubblica col titolo “La maschera della legalità”. Scriveva in quel tempo che appare remoto Carlo Galli: È l´identificazione fra il leader e la sua gente a spiegare come sia stato e sia possibile che gli interessi personali e settoriali di una sola persona e della sua cerchia siano presentati (e percepiti) come interessi di tutti - si pensi alle esigenze processuali del Cavaliere, di cui si è cercata la soluzione con il "processo breve"-; e come il plusvalore ideologico dell’antipolitica, incarnata dal superpolitico Berlusconi, abbia chiuso gli occhi di tanti suoi elettori davanti ai suoi insuccessi, e agli scandali che da ogni parte occupano ormai la scena pubblica (fino a quando non ne sarà punita per legge la divulgazione). Ora questa magia - questa proiezione collettiva - sta finendo. Già intaccata - come si è visto nelle recenti elezioni regionali - dagli scandali personali della scorsa estate e dalla prima ondata dell´inchiesta sul G8, la credibilità politica di Berlusconi rischia di subire un duro colpo dall’emergere di un meccanismo di corruzione e di favoritismi che non è più spiegabile, come pure si è tentato di fare, con la teoria della mela marcia o della pecora nera, ma che assume, con ogni evidenza, carattere sistemico. Non è certo l’antica corruzione: quella aveva il suo perno e i suoi attori principali nei partiti; questa invece vede protagonisti gli affaristi, i costruttori, gli appaltatori, che hanno rovesciato i rapporti di forza rispetto ai singoli politici, che sembrano coinvolti assai più a titolo personale che per finalità di partito. (…). Consapevole del pericolo che si parli di una "casta" berlusconiana sottratta alle leggi ordinarie - e anche dell’aggravante costituita dalla circostanza che la corruzione riguarda le case, il bene più caro agli italiani, per il quale le persone comuni si sacrificano per lunghi anni - Berlusconi riscopre ora la legalità e la normalità; che non appartengono certo al suo usuale repertorio politico e che paiono giustificate solo dall’esigenza di recuperare consenso e di stringere nuovamente il patto antipolitico con la sua gente, anche contro i "suoi" politici. Legalità non come filosofia politica, quindi, ma come ultimo espediente del populismo, come ultima paradossale risorsa del leader carismatico. Tutto ciò è stato scritto il 15 di maggio dell’anno 2010. A tutt’oggi ci si ritrova a parlare sempre delle stesse cose, ad affrontare i problemi giudiziari di un tizio come problemi dell’intera società civile del bel paese. Di chi la responsabilità? Innanzi tutto dell’”antipolitica” al potere che nel disdicevole vivere nell’era dell’egoarca di Arcore non ha trovato la compattezza e la forza – non avendo orgoglio alcuno – di non reggergli più il sacco. Altro che “bicamerale” e “larghe intese”! Idiozie allo stato puro dei signori di una sedicente opposizione – quando ha fatto finta di fare opposizione -! Oggi se ne pagano amaramente le conseguenze. Ed i signori delle “larghe intese” proveranno ancora la riforma costituzionale con tali figuri? Scrive sempre Guido Crainz nella Sua analisi: Negli ultimi mesi e anni ci avevano detto qualcosa di importante anche i tratti nuovi della corruttela, il salto di qualità rispetto a Tangentopoli: il prevalere della corruzione “privatistica” su quella che ancora si appellava ad esigenze di partito, l’assenza persino di giustificazioni ideologico- politiche, l’assuefazione al congiunto operare di arricchimento illecito e di eversione delle regole della democrazia. (…). Rispetto a vent’anni fa, (…), è mutata la forma di autodifesa dei leader: così fan tutti, diceva Craxi, e invocava un’autoassoluzione collettiva. Così faccio io e mi proclamo innocente, ha gridato dal palco abusivo davanti casa Silvio Berlusconi. Io, unico potere legittimo perché eletto dal popolo: non essendo stata eletta, la magistratura non è un potere dello Stato. E il potere giudiziario, di grazia, chi lo dovrebbe esercitare? La cuoca di Arcore? Appare chiaro da tempo che Tangentopoli fotografa solo una fase di passaggio, non il culmine di un percorso iniziato negli anni Ottanta: segnala un’occasione perduta di Ricostruzione, di riconquista delle ragioni del nostro essere nazione. Solo la prima tappa del pessimo cammino che ci ha portati sin qui. Siamo all’eversione. E qualcuno si ostina a vedere una luce in fondo al tunnel. Si chiami d’urgenza l’oculista.

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