"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 9 luglio 2013

Cosecosì. 58 “Piccolissimi complici”.



Oggi è come lasciare il sentiero sicuro ed agevole tante volte fatto e rifatto. È come percorrere un sentiero diverso e nuovo e scoprire che esso, percorrendolo, porta verso luoghi più sicuri e più ameni. È che oggi lascio le cose lette e scritte di sempre per un percorso nuovo. Non della “casta” oggi, non dell’”antipolitica” oggi, non oggi delle solite orrende maschere di una tragi-commedia della quale si sentirebbe il bisogno di disfarsene per sempre. È che sull’ultimo numero del settimanale “Il Venerdì di repubblica” – del 5 di luglio - ho rinvenuto un articolo di grandissimo interesse. Il titolo di esso mi è servito per il titolo del post di oggi: “Piccolissimi complici” di Alex Saragosa. L’ho letto e mi è sembrato naturale proporlo di seguito nella sua interezza. Poiché lo scritto di Saragosa apre orizzonti nuovi, inesplorati, la lettura del quale mi auguro induca i pochissimi malcapitati in questo blog a provare a percorrere un sentiero nuovo che ha come meta un diverso “ben-essere” psico-fisico. Di quel tanto di “ben-essere” raggiungibile del quale, in tante occasioni della mia attività di educatore, mi sono fatto umile portavoce e piccolo profeta. Di quel possibile “ben-essere” raggiungibile al di fuori degli schematismi ricorrenti ed imperanti e del quale ho avuto modo di sapere incontrando ed affidandomi alla scienza ed alla sapienza del dottor A. R., incontrandolo in quel luogo boscoso situato sulle primissime alture dell’altopiano silano, luogo che ha dato i natali al celeberrimo pittore Mattia Preti. Devo al dottor A. R. le mie pochissime conoscenze in fatto di omeopatia e di quant’altro afferente ad una medicina millenaria ma relegata a fare da ancella povera e misconosciuta alla medicina ufficiale. È che il dottor A. R. è, a tutti gli effetti di legge, un medico della medicina ufficiale. Ma un medico speciale, poiché la “curiosità” non lo ha abbandonato e pertanto pratica la medicina ufficiale ma al contempo esplora con scienza e coscienza quanto di diverso possa esserci nelle medicine considerate – a torto - minori. Devo al dottor A. R. se ho sentito parlare di “terreno”, con riferimento al nostro apparato gastro-intestinale. E come dal “benessere” di quell’apparato ne derivi il “ben-essere” del nostro organismo nel suo complesso. E di come quel “terreno” andasse tenuto sempre sotto controllo, “bonificato” se necessario, evitando che in esso si instaurassero condizioni di mono-coltura che gravissimo danno concorrerebbero a creare all’organismo tutto. È ciò che ho imparato incontrando il dottor A. R., ascoltando le Sue meditate parole e che ho cercato di mettere in pratica scrupolosamente attirandomi spesso l’ilarità ed i rimbrotti vari dei più. Nel testo di Saragosa si parla di tutto ciò alla luce delle ultime scoperte fatte da quella che è ritenuta la medicina ufficiale dominante. La “curiosità scientifica” del dottor A. R. trova il giusto riconoscimento, un indiscutibile valore. Provate a percorrere il sentiero nuovo che si dischiude con il testo di seguito proposto e che potrebbe condurvi a conquistare quel “ben-essere” da sempre desiderato ma non raggiunto.

I1 latte umano contiene 700 specie di batteri diversi: lo ha rivelato una ricerca pubblicata della microbiologa María Carmen Collado, dell'Istituto di agrochimica spagnolo. Dobbiamo preoccuparci e pastorizzare anche il latte della mamma? No, al contrario, dobbiamo essere lieti nello scoprire come questo latte contribuisca a costruire nel neonato quel complesso mix di microrganismi che gli permetterà di sopravvivere. È sempre più evidente infatti che non siamo individui, ma ecosistemi, e riusciamo a mantenerci in salute grazie al microbioma, ovvero alla patina di batteri, funghi e lieviti che ricopre le parti del nostro corpo in contatto o con scambi con l'esterno (dalla pelle all'intestino, dai bronchi all'uretra) impedendo che vengano colonizzate da varietà patogene. Una persona di 70 chili si porta dietro un numero di cellule estranee 10 volte superiori alle sue, circa 2 chili di microrganismi che, da potenziali nemici, in milioni di anni di evoluzione sono diventati preziosi alleati. «Il micro bioma è come un altro organo del nostro corpo, le cui funzioni stiamo cominciando a capire solo ora» dice la microbiologa Carlotta De Filippo, che studia il microbioma alla fondazione trentina Edmund Mach. Dal 2008 il consorzio internazionale Human Microbiome Project, promosso dal National Health Institute americano, censisce i microrganismi che convivono con l'umanità: per ora ne hanno individuato oltre 10 mila specie. Fra le centinaia di persone di cui hanno analizzato il microbioma, c'è anche il giornalista Michael Pollan, che ha raccontato sul magazine del New York i risultati del suo esame: possiede un ottimo microrganismi, tra i quali figurano quelli della famiglia Prevotella, che digeriscono fibre vegetali, frutto probabilmente della sua dieta largamente vegetariana. Nelle popolazioni dei Paesi avanzati, invece, questi batteri stanno diventando relativamente scarsi, sostituiti da altri, come i Firmicutes, più a loro agio in un ambiente ricco di zuccheri e proteine, ma che non sembrano altrettanto utili al nostro benessere. «In realtà non sappiamo quale sia il microbioma "perfetto"» dice il microbiologo Rob Knights, dell'Università del Colorado a Boulders, ricercatore di punta dello Human Microbiome Project, «anche perché l'ideale varia con la dieta e l'ambiente in cui si vive. Per esempio nell'intestino dei giapponesi, e solo nel loro, è presente un batterio specializzato nella digestione delle alghe. Pensiamo però che più il microbioma è diversificato meglio sia. Infatti, se l'uomo ha 27 mila geni nel suo Dna, il Dna del suo microbioma ne contiene milioni, e più è grande la varietà più è probabile che abbia una soluzione pronta per rispondere a variazioni nella dieta o alla presenza di patogeni». La costruzione di un microbioma vario ed equilibrato inizia dai primi secondi di vita. «Nasciamo sterili» dice Duccio Cavalieri, biologo, che lavora con De Filippo nello studio del microbioma delle aree alpine, «ma già il passaggio attraverso il canale materno ci conferisce una carica batterica in grado di "addestrare" il nostro sistema immunitario a distinguere gli "amici" presenti nel corpo materno dai batteri estranei. Una ricerca del febbraio scorso, condotta dalla pediatra Christine Cole Johnson, ha mostrato come la mancanza di questo imprinting batterico nei bambini nati per parto cesareo possa portarli a sviluppare cinque volte più allergie di quelli nati con parto naturale». A completare il nuovo micro bioma pensa poi l'allattamento al seno, sia con i batteri presenti nel latte, sia con quelli di ceppo bifidus che prosperano sui capezzoli materni. Addirittura si potrebbe dire che la madre allatti il microbioma: certi zuccheri contenuti nel latte non sono infatti digeribili per il piccolo, ma solo per i suoi bifidus. «II microbioma del bambino» continua Cavalieri «si perfeziona entro i primi quattro anni di vita, assumendo altre specie sia dal cibo solido che dall'ambiente dove vive, animali domestici compresi, fino ad arrivare ad averne uno simile a quello dei propri genitori. «C'è il forte sospetto» dice De Filippo «che far crescere i bambini in una bolla di igiene eccessiva, dando loro solo cibi sterilizzati, non facendoli giocare cori animali o per terra, curandoli con antibiotici a ogni raffreddore, impoverisca il loro microbioma, creando le premesse per le allergie». In età adulta, poi, è fondamentale la presenza nel microbioma di batteri che digeriscono le fibre vegetali. «Il colon» dice De Filippo «ospita i batteri che digeriscono le fibre, producendo butirrato, che le cellule dell'epitelio intestinale, isolate dal flusso sanguigno, usano come nutrimento. Se quei batteri scarseggiano, le cellule dell'epitelio si diradano, rendendo l'intestino permeabile al passaggio di mi-crorganismi, tossine e proteine non digerite, e innescando uno stato di costante infiammazione nell'organismo. E questa potrebbe essere una delle cause di patologie "moderne" come la sindrome metabolica, il diabete di tipo 2, le infiammazioni croniche intestinali, l'obesità». Uno studio condotto da Stanley Hazen, della Cleveland Clinic, ha rivelato che un microbioma squilibrato potrebbe essere anche il nesso fra consumo di carne e malattie cardiocircolatorie. Hazel aveva già dimostrato nel 2011 che i batteri intestinali trasformano alcune proteine della carne in Tmao, una sostanza che promuove l'arteriosclerosi. Ora ha misurato i livelli di Tmao in volontari che seguivano diete diverse dopo avergli fatto mangiare una bistecca: la scoperto che nei vegetariani i livelli di Tmao restavano molto più bassi rispetto a quelli di chi mangiava carne abitualmente. Sarebbe perciò il microbioma predominante a rendere la carne un alimento più o meno pericoloso per le arterie. La farmacologa Patrizia Brigidi, dell'Università di Bologna, ha invece esplorato con un gruppo di colleghi il cambiamento del microbioma negli anziani, rilevando una perdita di biodiversità e un aumento in specie patogene, forse dovuto all'invecchiamento del sistema inununitario. Questa modifica della nella flora intestinale apre la strada a uno stato di infiam-mazione permanente, deleterio per la salute, ma che potrebbe essere ridotto con l'assunzione quotidiana di probiotici. Ripristinare il corretto microbioma, però, non è semplice. «Anzitutto spesso l'organismo deve abituarsi fin dalla fase di sviluppo alla presenza di un microrganismo, per accettarlo come ospite» dice Cavalieri, «poi la dieta va adattata al nuovo microbioma: se aggiungo batteri che si nutrono di fibre vegetali, devo arricchire la mia dieta di fibre, per mantenerli. In terzo luogo, più che un singolo microrganismo, come i Famosi bifidus delle pubblicità, sarebbero più utili un mix di varie specie, ancora dla studiare nel dettaglio. Infine assumere integratori "probiotici" per bocca non garantisce che arrivino vivi all'intestino, a causa dell'acidità dello stomaco». In alcuni casi gravi, come le infezioni intestinali da Clostricliurn difficilis, batterio molto difficile da curare, si ricorre però già al trapianto di microbioma da una persona sana a una malata: è già avvenuto anche in Italia, al Policlinico Gemelli di Roma (prelevando flora batterica da un intestino e innestandola in un altro). Se il microbioma è tanto prezioso, allora bisogna impegnarsi per proteggerlo. «Meglio evitare antibiotici inutili e un eccesso di zuccheri, consumare vegetali vari e alimenti fermentati» suggerisce Knights. «Un approccio che può aiutare anche a rilanciare i nostri prodotti tipici»dice Cavalieri, che con De Filippo studia quelli del Trentino. «Dalla birra ai formaggi, al vino agli yogurt, la nostra industria alimentare potrebbe proporre nuovi prodotti che mantengano un equilibrio salutare del microbioma intestinale».

Nessun commento:

Posta un commento