"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 24 aprile 2013

Eventi. 5 “I bambini che videro la morte”.



Onore e merito alla RAI ed al suo servizio reso finalmente “pubblico”. Ieri, sul canale RAI 5, è passato il film “L’uomo che verrà” del regista Giorgio Diritti. È un film che l’industria cinematografica, assassina e non più culturale, ha lasciato nell’ombra, anzi nella oscurità più assoluta. Non penso sia passato per le sale del bel paese. Io l’ho conosciuto a seguito della scoperta di un altro gioiello di Giorgio Diritti che è il film “Il vento fa il suo giro”. Un film bucolico quest’ultimo, una bella e tragica storia ecologica vissuta in un inesplorato mondo delle Alpi occitane. Il film passato ieri su RAI 5 è tutt’altra cosa. È la storia di un inverno tra i più terribili, il 1943. È la storia della piccola Martina, 8 anni, che vive in una povera famiglia di contadini alle pendici di Monte Sole. La morte di un fratellino, a pochi giorni dalla nascita, l’ha rinchiusa in un suo mondo fatto di silenzio assoluto. Martina non parla. Quando la mamma rimane incinta Martina vive nell'attesa del fratellino che verrà. La guerra infuria non risparmiando nulla, uomini e cose e rendendo la vita sempre più difficile alle famiglie di quell’angolo martoriato del bel paese, strette fra le brigate partigiane ed i ferocissimi nazi-fascisti. Nella notte tra il 28 e il 29 di settembre 1944 nasce il bambino tanto atteso, in uno scenario terrificante di distruzione e dolore. Infatti, proprio in quei giorni, le colonne delle SS scatenano nella zona un rastrellamento senza precedenti. Il 29 di settembre dell’anno 1944 le SS trucidarono 770 persone tra bambini, donne e anziani in quella che la dolorosa Storia di quegli anni ricorda come ‘la strage di Marzabotto’. Il massacro toccò anche l’area di Monte Sole. Il film si chiude con una scena struggente, indimenticabile: rimasta sola a seguito del massacro della intera sua famiglia, Martina riesce a salvare il piccolo fratellino per il quale intona una ninna-nanna riprendendo così a parlare dopo il traumatico, lunghissimo silenzio. Un film straordinario che ha come protagoniste Maya Sansa – la madre -, Alba Rohrwacher - la zia - e Claudio Casadio il papà di Martina. Perché vi ho parlato di questo straordinario film? Poiché è inimmaginabile quante altre “Martina” siano vissute negli atroci anni della guerra di Liberazione. Non se ne ha memoria. Liliana, Ida, Gino, Fernando, Tosca, Savina, Virginia, Cesira, Lauretta sono stati bambini, preadolescenti ed adolescenti che in quel tragicissimo inverno sono realmente vissuti in quei luoghi di morte e dolore. Sono Gli ex bambini salvati per caso” dei quali Simonetta Fiori – su la Repubblica del 21 di aprile – ci ha parlato in occasione della pubblicazione del volume “Io ho visto” di Pier Vittorio Buffa – Nutrimenti editore, pagg. 365, € 19.50 -, ed in occasione dell’attivazione del sito www.iohovisto.it  Dovere della Memoria. Scrive Simonetta Fiori: Alessandro è uno dei ragazzini sopravvissuti a una guerra dimenticata, la “terza guerra” dei nazifascisti contro i civili italiani tra il ’43 e il ’45. Quindicimila vittime. Dopo un lunghissimo silenzio i loro famigliari hanno deciso di raccontare. Trame che hanno il passo dell’epica, da leggersi con la cautela dovuta quando si attraversano intimità sconvolgenti. Racconti preziosi per restituire un capitolo di storia altrimenti minacciato dall’amnesia collettiva. (…). Ogni testimonianza è infelice a modo suo, ma quasi sempre c’è un motivo che ricorre. La scarica della mitragliatrice e l’eco tagliente delle gutturali. L’odore amaro della polvere da sparo e quello dolciastro del sangue. L’istinto insopprimibile di fuga, raggelato dalla vista del fuggiasco tramortito dalle pallottole. Il corpo materno che fa da scudo, e cadendo sul figlio ne garantisce la salvezza sotto il mucchio dei cadaveri. E quei “racconti preziosi”, brevi, brevissimi, quasi un lampo, sono proposti di seguito come “dovere” insopprimibile della Memoria.
Liliana Del Monte, undici anni il 24 di giugno 1944. “Abbasso le coperte. Ci sono le fiamme. Ma verso la finestra no, dal letto alla finestra c’è come un corridoio senza fuoco. D’istinto, perché non penso di aver riflettuto prima di muovermi, scendo dal letto e raggiungo la finestra… la mamma e i nonni sono morti. Ho visto i loro corpi. Sulle lenzuola c’era solo sangue e i nonni non si muovevano più. La mamma era per terra, contro il muro, insanguinata, immobile”. Bettola, Reggio Emilia, 24 giugno 1944. 32 morti. Tra questi la mamma, il nonno, la nonna.
Ida Balò, quattordici anni il 29 di giugno 1944. “Don Alcide fa un’omelia breve… ‘Oggi è la festa dei santi martiri Pietro e Paolo, non sappiamo cosa il Signore vuole da noi, quello che vi raccomando è di non impaurirvi. Se i tedeschi dovessero entrare qui non fate nessun gesto di resistenza…’. Una donna entra urlando: ‘Stanno ammazzando tutti, bruciano le case, bruciano tutto’.” Civitella in Val di Chiana, Arezzo, 29giugno1944. 115morti. Tra questi il padre.
Gino Ventura, vent’anni il 7 di giugno 1944. “Sono le otto e mezza di una bella serata di giugno, è quasi buio. La fiammata è violenta e breve. C’è solo lei a dirmi che il colpo di grazia è partito verso la mia testa. Non ricordo nessun rumore di grilletto e otturatore, nessuna esplosione. Solo la fiammata”. Pratarelle, Vicovaro, Roma, 7 giugno 1944. 25 morti. Tra questi due bambini di 3 anni e uno di 4.
Fernando Piretti, nove anni il 29 di settembre 1944. “Le raffiche di mitragliatrice arrivano dalla porta, da dove siamo passati pochi istanti prima. Ecco, ci stanno uccidendo… Quando il mio ricordo torna a essere chiaro e preciso sono per terra, la mamma è sopra di me, immobile, fredda, capisco subito che non c’è più, c’è il suo sangue dappertutto, una pozzanghera nella quale sono sdraiato”. Marzabotto, Bologna, 29 settembre 1944. 800 morti circa. Tra questi la mamma e la sorella di 13 anni.
Tosca Lepori, cinque anni il 23 di agosto 1944. “I nonni, mentre bruciavano, si muovevano. Con i mitra li avevano solo feriti, per farli cadere. Poi avevano buttato delle canne sui loro corpi e le avevano accese. Hanno continuato a muoversi per tanto tempo, i nonni, prima di fermarsi. Alla mia mamma usciva il sangue dalla tempia…”. Padule di Fucecchio, Pistoia, 23 agosto 1944. 177 morti. Tra questi la mamma, i nonni, una zia. 
Savina Reverberi, dodici anni il 17 di dicembre 1944. “Poi le pareti, bianche, con delle macchie. Mi avvicino, guardo le macchie scure, grandi e piccole, alcune sembrano degli schizzi, capisco. È sangue, il sangue della mia mamma. Con le palme aperte mi appoggio al muro e piango. Cerco le macchie, le carezzo, bacio la più grande, poi un’altra e un’altra ancora…”. San Cesario sul Panaro, Modena, 17 dicembre 1944.10 morti. Sua mamma Gabriella Degli Esposti, incinta al settimo mese, dopo le torture, è stata fucilata insieme ad altri nove. È medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Virginia Macerelli, sette anni il 15 di novembre 1944. “Ho visto mio fratello Arnaldino accanto a me, ancora vivo dopo tutti quei proiettili. Mi ha sfiorato il braccio e con la voce bassa mi ha chiesto: ‘Virginia, mamma è morta?’. Aveva un occhio di fuori, mio fratello, e ho appena fatto in tempo a dirgli:‘Sì, è morta’, che è morto anche lui”. Pietransieri, L’Aquila, 15 novembre 1943. 128 morti. Tra questi la mamma, quattro fratelli e una sorella
Cesira Pardini, diciotto anni il 12 di agosto 1944. “Apro la porta e qui, proprio qui, per terra, c’è la mia mamma con la sorellina appena nata, ha venti giorni l’Annina. Solo in quel momento, quando abbasso lo sguardo verso di lei, mi accorgo di cosa ho sul petto. Ho il sangue della mia mamma”. Sant’Anna di Stazzema, Lucca, 12 agosto 1944. 560 morti. Tra questi la mamma, due sorelle (una di 20 giorni), una nonna, quattro zie, cinque cugini.
Lauretta Federici, sette anni il 4 di agosto 1944. “Il soldato con la bimba si allontana dalla donna, lei si butta per terra, strilla, congiunge le mani. Lui ride, guarda il compagno e ride. Poi il lancio, come se la bimba fosse una palla, in alto, ma proprio in alto. L’altro soldato si era preparato. Alza il fucile veloce, segue il volo, spara. Nessuno corre a prendere in braccio la bimba, la lasciano cadere tra le pietre”. (Lauretta)Vinca, Massa, 24 agosto 1944. 174 morti. Tra questi uno zio e un cugino di Lauretta.

1 commento:

  1. Grazie Ettore, di queste memorie. Mi pare che il
    25 aprile oggi sia stato quasi dimenticato. Un saluto Franca.

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