"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 19 aprile 2013

Cronachebarbare. 10 Il “perché”.



Perché, come ha scritto Marco Travaglio – in “Amedeo Nazzari è morto”, su “il Fatto Quotidiano” del 18 di aprile – “a un uomo libero come Rodotà non basta neppure aver fatto quattro volte il deputato nella sinistra e il presidente Pds per piacere al Pd”.? Ed argutamente specifica: “O meglio, alle care salme che ne sequestrano i vertici, senz’alcun rapporto con gli elettori (che invece Rodotà lo voterebbero al volo, e cantando per la gioia). Tanto che, insinua: “Basti pensare che non vogliono neppure Prodi, che ha il grave torto di aver battuto due volte B., mentre gli altri hanno perso tutte le elezioni, infatti sono ancora lì”. A questo stato comatoso è ridotta la cosiddetta “sinistra” del bel paese. È che i capi di quella “sinistra” che hanno impersonato magnificamente e maldestramente l’”antipolitica” che è al potere non solo non riconoscono più il proprio “popolo”, attraverso il quale ricevono il consenso, ma non conoscono neppure i rappresentanti eletti che siedono loro accanto all’interno del Palazzo. La cecità è totale. In verità era nel novero delle cose. La “casta” al potere non ha più sintonia alcuna con la gente e, per dirla con il filosofo Michele Ciliberto (nel post “Del dispotismo democratico” del 17 di aprile su questo blog), essa si è assuefatta al potere a tal punto che come in  “ogni forma di dispotismo il controllo pubblico (le) è  strutturalmente estraneo; anzi, (le) è antitetico. Solo una presunta superiorità del proprio ruolo d’interpreti della realtà, una vacua supponenza, un’immarcescibile – anche nelle condizioni più avverse - opinione di sé stessi, una cieca, sfrontata albagia, hanno potuto portare allo sfascio un partito, un gruppo dirigente ed una malaccorta strategia. Viene da pensare che la strategia perseguita fosse proprio quella delle “larghe intese”, andando al braccio di quel leader che solamente i mercati sono riusciti a mandare a casa. Era stata chiarissima Barbara Spinelli nel Suo editoriale dell’altro giorno, “Il coraggio della solitudine” sul quotidiano la Repubblica, laddove scriveva che la cosiddetta “sinistra” del bel paese “non può che scegliere un Presidente che nell'ultimo ventennio abbia avversato l'anomalia berlusconiana, e pensato più di altri l'intreccio fra crisi economica, crisi della democrazia, crisi della legalità, crisi dell'informazione, crisi dell'Europa. (…). Non può che votare uno dei tre nomi politicamente forti emersi dal dibattito nel Movimento 5 Stelle: Stefano Rodotà, o Romano Prodi, o Gustavo Zagrebelsky”. È che Barbara Spinelli si è dimostrata più in sintonia con il popolo della “sinistra” di tutti quei soloni che occupano i posti di comando sulla tolda della nave e che, come un qualsivoglia capitano “Schettino”, manderanno il paese alla rovina. Ciechi e sordi anche quando, molto disinteressatamente, l’opinionista Alexander Stille consigliava di procedere facendo - “Quattro consigli al leader democratico”, sul quotidiano la Repubblica del 17 di aprile - “il contrario di quello che vuole Berlusconi. (…). Vent’anni di esperienza hanno dimostrato molto chiaramente che un governo con Berlusconi, per definizione, non andrà da nessuna parte. Un governo di larghe intese non è un governo tra destra e sinistra, ma un governo con Berlusconi. Il centro-destra non esiste: esiste solo il suo padrone. Un governo con Berlusconi è per forza di cose un governo di non-cambiamento e di non-riforme, perché un monopolista che ha paura di finire in prigione non può e non vuole un paese dove la classe politica ceda il potere ai cittadini, un paese più competitivo dove oligarchie e clientele vengano sostituite con opportunità per gruppi nuovi”. Queste ore consegnano al popolo della “sinistra” quelle amare risposte che ingenuamente si sperava di non ricevere, anche perché, in fondo, quel popolo si è mostrato tentennante, colpevolmente riluttante, a formulare le domande giuste a quegli sprovveduti strateghi. Tenta di delineare una risposta a quell’iniziale “perché” Marco Travaglio nel Suo editoriale di oggi - “Perché”, su “il Fatto Quotidiano”: Se la memoria degl’italiani non fosse quella dei pesci rossi, che dura al massimo tre mesi, i contestatori in piazza o nel web contro Marini e chi l’ha scelto ricorderebbero che sono vent’anni che manifestiamo per la stessa cosa. Dal popolo dei fax ai girotondi, dal Palavobis al popolo viola, da 5Stelle alle altre emersioni del fenomeno carsico che Ginsborg chiama “ceto medio riflessivo”, l’obiettivo è sempre il compromesso al ribasso destra-sinistra contro la Costituzione, la legalità, la magistratura indipendente e la libera informazione. È ora di cambiare slogan e prendere atto della realtà: urlare “Perché lo fate?” o “Non fatelo!” è troppo ingenuo per bastare. Perché l’hanno sempre fatto e sempre lo faranno. E non perché si sbaglino ogni volta. Non si può sbagliare sempre, ininterrottamente, per vent’anni. È paurosa la sensazione di disorientamento di queste ore. Si scopre però una certezza: il popolo della “sinistra” è guidato da strateghi resi ciechi dalla supponenza del potere, dall’alterigia propria di creature inadeguate a condurre oltre il guado un paese in affanno ed immiserito.

1 commento:

  1. Ciao, Ettore. Da ieri sto cercando di far firmare l' appello per Rodotà PredidentedR. Ma che è successo al PD? Lascio un saluto.Franca.

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