"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 3 aprile 2013

Cosecosì. 49 “Il sogno di un consenso al 100 per 100”.



Entra tutto in quella che vado da tempo definendo la “scarnificazione del pensiero”. E che concorre a rendere la nostra democrazia una “luccicante scatola vuota” per dirla con Noam Chomsky. L’ha tirato in ballo B.G. Noam Chomsky, in una delle sue comparsate. Avere “scarnificato” il pensiero ha condotto la nostra derelitta democrazia ad approdare sugli inospitali anfratti dei “cinquestellati”. E non è stato un buon approdo. Poiché la “scarnificazione” del pensiero collettivo porta direttamente ed immancabilmente alla democrazia su delega, alla quale ha sapientemente e ciecamente condotto l’”antipolitica” al potere nel bel paese. Oggigiorno non esistono gli antidoti per fronteggiare l’inatteso fenomeno “cinquestellato”. Non c’è la possibilità ed il tempo utile per apprestare i soccorsi alla democrazia malata, per chiamare a raccolta il popolo della democrazia non più partecipata. È come se si fosse eclissato quel popolo, con la pratica di quella “scarnificazione”. Poiché la democrazia è la forma più imperfetta di partecipazione alla gestione della cosa pubblica. Abbisogna di partecipazione diretta e non delegata, di assunzione di responsabilità personali e collettive diffuse e non racchiuse in un circolo esclusivo. Ha bisogno di continue verifiche e di mediazioni che solamente una partecipazione attiva, vigile e diffusa alla vita pubblica non delegata può esercitare. Di tutto ciò nulla che sia avvenuto nel bel paese da quando l’”antipolitica” al potere ha voluto delegare solamente agli specialisti ed ai loro adepti il discorso e la pratica di una corresponsabilità nella conduzione della cosa pubblica. La democrazia muore se non la si vivifica di continuo e se ad essa non si propongono sempre equilibri nuovi. La “stasi” è la morte della democrazia. Ha scritto Massimo Recalcati – sul quotidiano le Repubblica del 3 di aprile, “La pastorale americana” -: (…) …Grillo si caratterizza per essere animato da quel fantasma di purezza che accompagna tutti i rivoluzionari più fondamentalisti. Egli proclama a gran voce la sua diversità assoluta dagli impuri: si colloca con forza fuori dal sistema, fuori dalle istituzioni, fuori dai circuiti mediatici, fuori da ogni gestione partitocratica del potere. È il fantasma che troviamo al centro della vita psicologica degli adolescenti. Aver “scarnificato” il pensiero ha avuto come risultato ultimo e non trascurabile l’arretramento ad una fase adolescenziale di larghi strati della società italiana, arretramento che l’insigne studioso e psicoterapeuta così delinea: Così agisce (…) la critica sterile dell’adolescente rivoltoso nei confronti dei propri genitori. Il mondo degli adulti è falso e impuro e merita solo di essere cancellato. Ma quale mondo è possibile in alternativa? E, soprattutto, come costruirlo? Qui il fondamentalismo adolescenziale si ritira. La sua critica è impotente perché non è in grado di generare davvero un mondo diverso. Può solo chiamarsi fuori dalle responsabilità che scarica integralmente sull’Altro ribadendo la sua innocenza incontaminata. Questo fantasma di purezza che ha origini in una fissazione adolescenziale della vita si trova anche a fondamento di tutte le leadership totalitarie (non di quella berlusconiana che gioca invece sul potere di attrazione della trasgressione perversa della Legge). E sappiamo bene dove esso conduce, o può condurre. Ha condotto alla situazione di stallo che pericolosamente sta vivendo il bel paese. Poiché la richiesta e/o l’impossessamento più o meno occulto e proditorio della delega, impossessamento che si è rimproverato all’”antipolitica” al potere, è invece il bersaglio scoperto al quale mira l’adolescenziale insofferenza degli improvvisati movimenti che, se inizialmente solo d’opinione, si siano successivamente trasformati, come d’incanto, in pseudo-strutture partitiche. Il salto è in una nuova, inesplorata ma pericolosissima situazione d’“antipolitica” al momento ferma allo stadio dei nuovi barbari in arrivo. Continua a scrivere Massimo Recalcati: Lo stato mentale di un movimento o di un partito si misura sempre dal modo in cui sa accogliere la dissidenza interna. Sa tenerne conto, valorizzarla, integrarla o agisce solo tramite meccanismi espulsivi? Sa garantire il diritto di parola, di obiezione, di opinione personale oppure procede eliminando l’anomalia, estromettendola con forza? (…). Come può essere credibile in fatto di democrazia un movimento che attribuisce al suo leader il ruolo di incarnare una eccezione assoluta? Il culto demagogico della trasparenza nasconde questa presenza antidemocratica di un potere incondizionato. Se l’azione politica è la pazienza della traduzione, se non ammette tempi brevi, non contempla l’agire di Uno solo, il nuovo leader inneggia all’antipolitica come possibilità di avere una sola lingua – la sua – che non è necessario tradurre, ma solo applicare. Come non vedere che c’è un paradosso evidente tra l’esigenza che nessuno parli a partire dalla sua testa e l’esistenza di un leader anarcoide che resta esterno al movimento che ha fondato e che esercita il suo diritto di parola in modo arbitrario? (…). Il rischio segnato in questi movimenti è che essi siano l’avvisaglia di un radicamento nuovo che nulla avrà di diverso rispetto alla “casta” che si era a grandissima voce demonizzato e voluto combattere per estrometterla dal potere. Con più di un’aggravante: ovvero della manifesta pretesa d’avere una purezza propria, di possedere incontrovertibili verità laddove la democrazia può sopravvivere solamente avendo caro il culto sacro del relativismo che dovrebbe presiedere in tutte le pratiche inerenti alla vita pubblica. E questo pericolo è individuato e ben delineato dall’Autore laddove scrive: Un leader degno di questo nome lavora alla sua successione dal momento del suo insediamento mantenendo il movimento che rappresenta il più autonomo possibile dalla sua figura. Prepara cioè le condizioni di una eredità. Tutto ciò diventa di difficile soluzione quando un movimento non ha storia, non ha padri, ma un genitore vivo e vegeto che rivendica il diritto di proprietà sulla sua creatura. “Io ti ho fatta e io ti disfo”; così una madre psicotica ammoniva una mia paziente terrorizzata. Una leadership democratica deve sempre rispondere al criterio paterno di una responsabilità senza diritto di proprietà. (…). Ecco la minaccia più narcisistica che un fondatore può fare: io starò con te finché tu mi assomiglierai, finché mi riprodurrai; se tu assumerai un tuo volto, una tua originalità io non ne vorrò più sapere di te e me ne andrò. Il pluralismo è temuto (…) da tutti i leader autoritari. Il sogno di un consenso al 100 per 100 è un sintomo eloquente. Era il sogno degli uomini di Babele mentre sferravano il loro attacco delirante al cielo, la loro sfida a Dio: un solo popolo, una sola lingua. No, le cose umane non vanno così. Dio sparpaglia sulla faccia della terra quella moltitudine esaltata obbligandola alla differenza, al pluralismo delle lingue, esigendo la pazienza della traduzione. Esistono in democrazia più lingue e ciascuna ha diritto di manifestarsi e di essere ascoltata. Guai se il fantasma di purezza si realizzasse al cento per cento. Lo ricorda giustamente Roberto Esposito: una democrazia che si realizzasse compiutamente sarebbe morta, annullerebbe tutte le differenze nel corpo compatto della “volontà generale”, darebbe luogo ad una tirannide. La democrazia si vivifica di continuo nella misura in cui il pensiero collettivo non inclina alla delega e fa della partecipazione attiva – attiva! – alla gestione della cosa pubblica un diritto ed al contempo un dovere irrinunciabile. L’”antipolitica” al potere, nei decenni, ha “scarnificato” il pensiero collettivo, ha ristretto la partecipazione, ha fatto assurgere a regola democratica la delega più ampia da consegnare dopo ogni ritualità di voto ai “sacerdoti” di quella “casta” resa intoccabile. Il danno è fatto. La democrazia è il più imperfetto dei “sistemi” di governo e di partecipazione, vive e si vivifica della e nella sua “imperfezione”. Poiché anche la democrazia che si realizzasse con la “scarnificazione” del pensiero e con la scomparsa di “tutte le differenze nel corpo compatto della “volontà generale”, darebbe luogo ad una tirannide”. È questo il rischio altissimo che si sta correndo. Che non sia il prezzo altissimo da pagare ora e subito alla “scarnificazione” del pensiero operata dall’”antipolitica” al potere

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