"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 17 febbraio 2013

Uominiedio. 5 Ovvero, dell’“infallibilità con la scadenza”.



Prendiamola alla larga. Le circostanze straordinarie lo impongono. E mi va di ricordarVi “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”“Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde”, lettura giovanile molto diffusa - che è datata, la lettura intendo dire, all’anno del signore 1886. È, quel celeberrimo romanzo, di un tale a nome Robert Louis Stevenson nativo dell’Edimburgo di sempre. Perché prenderla così alla larga? Andiamo con calma. O, come suol dirsi in altri ambiti, “calma e gesso”, poiché all’esperto giocatore del biliardo che si appresta ad effettuare un tiro importante o di difficile esecuzione, abbisogna di valutare con calma la situazione, e per fare ciò, prendendo in esame la posizione delle biglie e quant’altro occorra, continua a strofinare con il gesso il girello, ossia la punta della stecca, la quale, impregnandosi di gesso, aumenta il suo attrito con la biglia permettendo così, all’esperto giocatore, di controllarne il tiro ed imprimerne gli effetti desiderati. Ed allora, si voleva dire, che quell’opera divenuta immortale fa a buon merito parte di quella nutrita pattuglia di grandi classici che gettano uno sguardo penetrante - ed allarmante al contempo - sul mondo del fantastico e dell’irrazionale, che esistono e coesistono dacché il mondo è il mondo che si apre ai nostri occhi, in tutti i tempi dei tempi. Ha rappresentato, quell’opera stevensoniana, il culmine dell'indagine – non so quanto scientificamente valido ed apprezzabile - sulla scissione della personalità degli esseri umani. Ed oltre non mi avventuro nella disamina dell’opera dianzi citata. Ora sentite questa, giacché siamo nel fantastico e “sentire” Vi sarà certamente impossibile – ma siamo anzi nel paranormale, diamine! -: (…) …il portavoce della Sala Stampa Vaticana, (…), ha dichiarato che dalla sera del 28 febbraio  prossimo Joseph Ratzinger non sarà più infallibile. Ora, se è già difficile capire come un essere umano possa  giungere a essere infallibile, forse ancora più difficile è comprendere come possa all’improvviso cessare di esserlo. (...). Il passo che ho appena trascritto – in grassetto ed in corsivo – è stato ripreso da una riflessione del teologo Vito Mancuso – “L’infallibilità con la scadenza” – pubblicata sul quotidiano la Repubblica all’indomani del “grande rifiuto” del vescovo di Roma. Ne ho già scritto nel post precedente. 128 anni dallo Stevenson e dal Suo caso di sdoppiamento della personalità non sono bastati affinché si rendesse chiaro ai più come la ragione e la razionalità non possano coesistere con la fede. È un’operazione impossibile. Ed in questa operazione si è cimentato, negli anni, il dimissionario vescovo di Roma, cercando in tutti i modi di piegare la realtà e le leggi che la governano ai dettami della sua verità parziale, della sua fede di parte. Un’impresa ostica assai, impossibile a parer mio. Dacché, forse, ne è derivato il suo stato di stanchezza. E quindi l’abbandono. Continua l’illustre pensatore – Vito Mancuso, teologo e cattolico per giunta -: E ha sottolineato che l’infallibilità “è connessa al ministero petrino, non alla persona che ha rinunciato al Pontificato”. L’attuale pontefice cioè è infallibile in quanto papa Benedetto XVI, perché, da papa, gode della particolare grazia  legata al suo stato di Romano Pontefice, che la teologia chiama precisamente “grazia di stato”. Non è per nulla  infallibile invece in quanto individuo di nome Joseph Ratzinger, il quale, da uomo come noi, può sbagliare nelle cose  ordinarie della vita, per esempio nei giudizi sulle persone (e non penso ci possano essere dubbi sul fatto che su  qualcuno dei collaboratori non abbia sempre visto giusto), nei giudizi politici, e persino in quelli biblici e teologici. Condivido in pieno il titolo che si è voluto dare alla riflessione: siamo in presenza di una “infallibilità con la scadenza”. E non mi si dica che, posta in tali termini, la questione non divenga un fatto da ascrivere al “paranormale”! Che sfida la comune intelligenza! È una tale forzatura che trascina tutti nell’assoluta irrazionalità. È la fede il luogo per eccellenza del paranormale e dell’irrazionalità? Urge una risposta. Scrive Luciano Violante su “la Repubblica” del 14 di luglio dell’anno 2000: Contrappongo una visione laica ad una visione ideologica (o di fede n.d.r.). La visione laica esamina il reale per quello che è, ne coglie la complessità, riflette sulle cause degli accadimenti, lo valuta sulla base del principio di responsabilità e del primato della dignità umana. La visione laica non è meccanicistica e non si risolve nella seminagione del dubbio. La visione laica si sforza di capire le cause dei fenomeni e di incidere su di esse. La visione laica ha fiducia nell’uomo e crede che la pedagogia valga più della coercizione. La visione laica non crede nella punizione come medicina del mondo,  ma la connette al principio di responsabilità individuale come fondamento della convivenza civile. Queste semplici, incontrovertibili “verità” – senza l’orpello dell’assolutezza, della superiorità e della unicità - sono state il “credo” con il quale ho identificato il mio essere e con il quale ho costruito ed indirizzato la mia vita. Ogni tanto ritorno a rifletterci su. Ha continuato a scrivere Luciano Violante: La visione ideologica (o di fede n.d.r.) parte invece da parametri precostituiti per costringere tutto il reale dentro quei modelli. La visione ideologica demonizza o angelizza, reprime o perdona. Sono facce della stessa medaglia che si fondano su una interpretazione del reale che prescinde da esso perché se ne disinteressa, essendo interessata ad altro (…). E spostando allora – si era nell’anno 2000 – il Suo sguardo nell’ambito della vita politica, concludeva: La politica, nelle sue fasi di debolezza, sposa l’interpretazione ideologica del reale. Creando così una commistione tra l’agire nell’ambito della laicità e la sfera confessional-religiosa che determina i guasti più profondi e laceranti nelle comunità degli umani. Ritorno alla riflessione del teologo Vito Mancuso, che ne traccia un profilo storico. Scrive infatti: L’infallibilità che spetta al Romano pontefice è il penultimo dei dogmi dichiarati dalla Chiesa cattolica. Venne proclamato dal Concilio Vaticano I con la Costituzione dogmatica Pastor aeternus del 18 luglio 1870, in un’Europa che il giorno dopo avrebbe visto lo scoppio della Guerra francoprussiana tra il Secondo Impero francese e il Regno di Prussia e in una Roma che quasi già preavvertiva l’arrivo delle truppe piemontesi pronte a dare l’assalto alla capitale dello Stato pontificio. Il papa regnante era Pio IX, che sei anni prima aveva pubblicato una vera e propria dichiarazione di guerra al mondo moderno, il famoso Sillabo ossia raccolta di errori proscritti. Ad essere assediata quindi, prima ancora che lo fosse la capitale dello Stato pontificio, era la mente cattolica, che assisteva all’inarrestabile processo che l’andava privando di quel primato morale e spirituale che deteneva da secoli. Si spiega così il desiderio di accentramento attorno alla figura del papa e del suo primato da cui scaturì il dogma dell’infallibilità pontificia. È pensabile che alla luce di quegli scenari politico-sociali che hanno determinato le scelte di allora e l’affermazione di “verità” dichiarate indiscutibili, nell’ambito di una sola fede religiosa, possano trovare rispondenza ed ascolto, quelle “verità”, nell’uomo del secolo ventunesimo? Come è possibile invocare una stevensoniana “verità” in un mondo sempre più disincantato? A meno che la credulità della cosiddetta gente sia da ascrivere “di natura” quale elemento pregnante della psiche della maggior parte degli umanoidi. La qualcosa lascerebbe ben poco da sperare nel futuro del genere umano. Conclude la Sua riflessione il teologo Vito Mancuso: E che per la fede cattolica non si tratti di un semplice optional, ci ha pensato il Vaticano I a renderlo chiaro: “Se poi qualcuno, Dio non voglia!, osasse contraddire questa nostra definizione: sia anatema”. Anatema, per chi non lo sapesse, è sinonimo di scomunica. (…). È credibile oggi un dogma come quello dell’infallibilità papale? A mio avviso esso finisce piuttosto per allontanare dal sentimento religioso. Io penso infatti che per la coscienza sia la stessa nozione di infallibilità a risultare oggi improponibile, quando le stesse scienze esatte si dichiarano consapevoli di presentare dati sempre sottoposti a possibile revisione e come tali dichiarabili solo “non falsificati” e mai assolutamente veri. Viviamo in un’epoca in cui la stessa nozione teoretica di verità risulta poco credibile, tanto più se si tratta di verità assoluta, dogmatica, indiscutibile. (…). Ed è quanto giunge a conforto di un sano sentire laico.

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