"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 21 febbraio 2013

Cronachebarbare. 5 “Il Vaticano è una corte medioevale”.



Scrive Massimo Giannini sull’ultimo numero del Settimanale “Affari&Finanza” – 18 di febbraio 2013 - nell’editoriale che ha per titolo “Il Papa è moderno la finanza di Pietro no”: (…). La portata rivoluzionaria delle dimissioni del Papa, che desacralizzano la Chiesa e ritrasformano Benedetto XVI in Joseph Ratzinger, non è bastata. In qualunque altra istituzione, per quanto millenaria, un evento del genere avrebbe dovuto determinare un ripensamento profondo non soltanto del modo in cui si testimonia il messaggio di Cristo, ma anche del modo in cui ci si rapporta con le questioni di Cesare. Nutro grande considerazione e stima per l’illustre opinionista e leggo sempre con grande interesse ed attenzione le “cose” sempre valide che va scrivendo. Devo ammettere però – e penso d’avere espresso in post precedenti sufficientemente il mio pensiero – d’avere provato una sorpresa amara nel leggere di quella “portata rivoluzionaria” nell’editoriale citato. Non si finisce mai di sorprendersi, e di imparare. Per tal motivo la vita è interessante ma non bella. Ho avuto modo di dire che ben altri turiferari della prima ora si erano spinti a parlare di scelta secolare, rivoluzionaria, bla bla bla e via discorrendo. Non se ne può più, anche perché il vescovo di Roma non abbisogna d’essere incensato. Lui, da buon tedesco, che ha respirato anche se solo incidentalmente e forse contro la sua volontà l’educazione della “Riforma” si sarà reso conto che la sua posizione era solamente incompatibile ed impossibile da sostenersi nel “mercato” del potere temporale, terreno che la sua religione divenuta chiesa esprime da secoli e secoli. Si sarà ricordato di quell’uomo di Nazareth che, si racconta – ma sarà vero? -, scacciò dal tempio di Gerusalemme i mercanti rovesciandone le bancarelle attrezzate ai commerci più vari. È che da tedesco e da persona vissuta nei luoghi della “Riforma” gli riusciva quanto mai difficile conciliare l’inconciliabile con l’unico valore che la sua origine gli ha dettato e continua a dettargli: la “responsabilità”. E se, come presumo, è stato il senso della “responsabilità” personale e senza intermediazioni – nella scia profonda della “Riforma” di Lutero - ad averlo indotto nel “gran rifiuto”, allora sarebbe il caso di un’aggettivazione forte che possa fare intravvedere e parlare di una “rivoluzione”. Ma sul punto rimango guardingo. A ben ragione. L’uomo è rimasto, nel corso del suo magistero, ben ancorato alla precettistica di sempre della sua chiesa che non concede che ci possa essere una sfera prettamente religiosa-confessionale che, in assoluta libertà ed indipendenza e con coscienza, sia “cosa” ben distinta e che si perita di invadere la sfera civile dei diritti e dei doveri dove altre credenze, verità e sensibilità necessitano d’essere accolte con rispetto ed ascoltate. Affermava il professor Hans Küng – teologo tedesco - in una intervista al quotidiano la Repubblica del 27 di gennaio dell’anno 2009 a firma di Andrea Tarquini – “Nella Chiesa c'è una restaurazione” –, a proposito della revoca della scomunica a quattro vescovi seguaci di Lefebvre: "la questione della revoca della scomunica ai quattro vescovi (…) secondo me, da sola, di per sé non è davvero importante, ma ha un significato e va vista e inquadrata in un contesto generale di restaurazione". Era l’anno 2009. Bene. Ed alla domanda “Che significato hanno questo contesto generale e gli ultimi eventi?” l’illustre teologo affermava: "Nel contesto generale gli ultimi eventi sono un segno del continuo irrigidimento del Vaticano, la continua marcia indietro, il continuo susseguirsi di un passo indietro dopo l'altro". E ad una successiva domanda dell’intervistatore – “Cioè il problema non è solo la polemica cristiani-ebrei (a seguito del perdono accordato al vescovo negazionista dell’Olocausto Williamson e ad altri tre presuli n.d.r.) bensì le idee di fondo della Chiesa sul suo posto nel mondo moderno?” – rispondeva senza tentennamento alcuno: "Sì. La questione è l'insieme del corso che Papa Ratzinger ha fatto imboccare alla Chiesa. Purtroppo un percorso significativamente all'indietro". Era l’anno 2009. Bene. Concludeva Andrea Tarquini la Sua intervista con una domanda che sollecitava una schietta risposta: “Il Papa vive davvero nel mondo moderno, capisce i fedeli?” La risposta del teologo Hans Kung allora è stata: "Il Pontefice vive nel suo mondo, si è allontanato dagli uomini, e oltre a grandi processioni e pompose cerimonie, non vede più i problemi dei fedeli. Per esempio la morale sessuale, la cura pastorale delle anime, la contraccezione. La Chiesa è in crisi, io spero che egli lo riconosca. Sarei felice di passi di riconciliazione specie verso gli ambienti dei fedeli progressisti. Ma Benedetto non vede che sta alienando se stesso dalla gran parte della Chiesa cattolica e della cristianità. Non vede il mondo reale, vede solo il mondo vaticano". In una intervista del 28 di maggio 2012 – tre anni dopo - sempre il giornalista Andrea Tarquini – su la Repubblica, “Il Vaticano è rimasto una corte medioevale” – chiedeva all’illustre teologo: E lei che opinione ha maturato di questa situazione (dopo gli scandali dei cosiddetti corvi in Vaticano n.d.r.), che lei appunto descrive come coincidenza di eventi legati l'un l'altro? «Tutti questi eventi mi appaiono come sintomi della crisi di un sistema intero nel suo complesso. Io parlo del sistema della curia romana, del sistema romano delle cui caratteristiche negative soffre la Chiesa cattolica tutta, nel mondo intero. E naturalmente questi eventi contemporanei danno l'impressione di una incapacità papale. Di avere a che fare con un pontefice incapace. (…).». Per un affondo finale poi che non ammette l’incenso a piene mani distribuito dai turiferari d’occasione: Perché parla al tempo stesso di crisi strutturale, di sistema? «Perché la struttura e l'organizzazione della Curia romana cerca facilmente ma invano di ingannarci, di nascondere il fatto-chiave: che il Vaticano nel suo nocciolo è restato ancora oggi una Corte. Una Corte al cui vertice siede ancora un regnante assoluto, con costumi e riti medievali, barocchi e a volte moderni e tradizioni cristallizzate, consuetudini. Nel suo cuore il Vaticano è rimasto una società di Corte, dominata e segnata dal celibato maschile, che si governa con un suo proprio codice di etichette e atmosfere. E quanto più ti avvicini al principe regnante salendo nella carriera ecclesiastica, tanto più in prima linea non vale e non conta più la tua competenza, la tua forza di carattere, le tue capacità e talenti, bensì conta che tu abbia un carattere duttile con una capacità di adattarsi soprattutto ai voleri del regnante. È lui solo, il regnante, a stabilire se tu sei persona grata o invece persona non grata». Dove sta allora la “portata rivoluzionaria” di quel “gran rifiuto”? Solamente non esiste. Conclude Massimo Giannini il Suo editoriale, che sconfessa da sé stesso e senza mezzi termini la “portata rivoluzionaria” in precedenza adombrata: Se è vero che a spingere il Pontefice alla rinuncia ha contribuito anche la vicenda dell’Istituto delle Opere Religiose, senza presidente da otto mesi e lambito dalle inchieste su Mps e Finmeccanica, allora il Vaticano ha perso una grande occasione. Avrebbe dovuto approfittare dello storico passo indietro del Santo Padre rispetto alla sua missione cristiana, per compiere un gesto analogo di forte discontinuità rispetto alla gestione della banca vaticana. (…). John Plender, sul Financial Times, sostiene che la mancanza di trasparenza e di «accountability» della Ior è un «anacronismo inescusabile». Ha perfettamente ragione: è ora che anche i Papi «rendano conto» in questa vita, e non solo in quella ultraterrena. È che un ravvedimento di quel clero è dato come storicamente impossibile vista l’enorme concupiscenza, come brama e desiderio di potere in tutte le sue sfaccettature e declinazioni, che lo divora da sempre.

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