"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 12 febbraio 2013

Cosecosì. 43 Benedetto XVI ed il “gran rifiuto”.



E poi c’è, come la definisce Ezio Mauro – sul quotidiano la Repubblica -, “l’irruzione della modernità”, che leva alta la voce e vede, forse, nell’atto del vescovo di Roma, “…la tentazione superba di ribellarsi alla volontà di Dio, che per la Chiesa porta attraverso lo Spirito Santo i cardinali in conclave a scegliere il Papa realizzando un disegno celeste. La razionalità e la fragilità, combinandosi insieme nella ragione che prende atto della debolezza, possono scombinare ciò che Dio ha disposto attraverso l’illuminazione dello Spirito? (…). Può un uomo, nella sua fragilità, opporsi ad un “disposto” di Dio? È la domanda che i tanti si pongono – ci poniamo - in queste ore. Ché non sia la teutonica arroganza di un fine intellettuale prestato ad una missione pastorale che sente non più sua? E poi ci sono i turiferari “de’ noantri”, soprattutto tra quelli dell’antipolitica al potere, che mai si sognerebbero di abbandonare gli scranni conquistati, anche quando la decenza lo richiederebbe a furor di popolo, che agitano i turiboli fumanti d’incenso parlando di scelta coraggiosa, di grandezza dell’uomo, alcuni, sfrontatamente, di rivoluzione, parlando a sproposito di quel vescovo di Roma che si era fatto conoscere da subito in quel di Ratisbona, che aveva corteggiato i seguaci di Marcel François Lefebvre che annoverano tra le proprie schiere scalmanate dichiarati antisemiti, negatori della Shoah, che aveva osteggiato subdolamente il Concilio Vaticano Secondo prescrivendo ed incoraggiando il ritorno alle pratiche celebrative preconciliari. C’è tutto questo che si diffonde nell’aria carnascialesca quasi a fare da controcanto a tutto quanto avviene in questi giorni, nelle piazze di Bengodi, piene di baldoria sciocca e senza fine. Da domani è quaresima. Per nostra salvezza. Alcuni diranno della stanchezza dell’uomo. Troverei invece più giusto, e per rendere l’onore con le armi della verità, di  parlare semmai di gesto di “responsabilità”. Grossa cosa la “responsabilità”, ché da queste parti non  trova dimora accogliente. Ha scritto Tobias Jones, nel Suo più volte citato “Il cuore oscuro dell’Italia”: “… il cattolicesimo ha a che fare, nel bene e nel male, con l’obbedienza; il protestantesimo, nel bene e nel male, con la responsabilità. Nell’uno, il risultato maggiore è la sottomissione a un capo cristiano; nell’altro, la sottomissione a una coscienza cristiana individuale. Per l’Italia questo implica una continua delega: facciamo parte di una gerarchia e guardiamo all’insù verso i nostri superiori. È una catena alimentare verticale. L’Italia è un Paese che fa assegnamento sull’intervento di intermediari. Ci liberiamo dalla necessità di prendere decisioni perché qualcuno, più in alto di noi, le ha prese al nostro posto”. L’obbedienza non ha bisogno della “responsabilità”. E così avviene che, un gesto responsabile, divenga grande, rivoluzionario, straordinario. È che questo paese disastrato non ha metro alcuno per misurare la “responsabilità” grande che necessita agli uomini del potere, di qualsivoglia potere. E poi ci sarebbe l’uomo del quale parlare. E mi viene di farlo ripensando al bellissimo film di Nanni Moretti “Habemus papam”. È che ho trovato sempre, nelle opere cinematografiche di Nanni Moretti, come delle profezie. Nanni ha sempre anticipato la realtà. Lo ha fatto in quella interminabile partita di pallanuoto - “Palombella rossa” (1989) - quando, con lo struggersi di Michele Apicella precorre i tempi dello sgretolamento del muro di Berlino e delle rovine che quello sgretolamento comporterà nella coscienza di ogni militante di quel tempo. Lo ha fatto quando con “Caro diario” – 1993 – ed ancor più in “Aprile” -1998 – riflette sulle condizioni del bel paese che si avviava alla estenuante esperienza dei governi dell’egoarca di Arcore. Per non dire del “Caimano” – 2006 – con il quale precorre gli anni raffigurando lo “sfiguramento” sociale e l’involuzione politica e dei costumi che subirà il disastrato paese. Ma, per tornare al vescovo di Roma ed al suo gran rifiuto d’oggi, mi sento di riproporre  - in parte - quanto ebbi a scrivere all’uscita del film in un post che è del 21 di aprile dell’anno 2011. (…). Giganteggia la figura di Michel Piccoli, che riesce ad umanizzare straordinariamente il ruolo che gli è stato affidato. È Michel Piccoli e la Sua figura di papa ad avere fatto vibrare il “registro” delle mie emozioni e ad avermi fatto pensare a quello straordinario lavoro letterario che è “L’avventura di un povero cristiano” di Ignazio Silone. Un accostamento inevitabile. L’appena eletto papa di Nanni ha l’aspetto bonario di un padre, anzi del “padre” tout-court, così come anche un non credente si augurerebbe d’incontrare. È, il papa di Nanni Moretti, l’uomo moderno che avverte la complessità del mondo odierno; è, il papa di Nanni Moretti, l’uomo moderno con le sue contraddizioni e le sue ansie per un messaggio religioso, del quale è portatore, che stenta ad entrare in sintonia con la vita vissuta, messaggio che crea spesso una cesura tra la propria appartenenza confessionale ed il proprio stare nel mondo complesso qual è divenuto oggigiorno. Ed avviene che, al manifestarsi del suo tentennamento a divenire il successore di Pietro sull’alto soglio, nell’imbarazzo dei potenti porporati del palazzo, nello sconforto che il suo tentennamento induce negli animi più semplici che lo circondano, egli si accordi un tempo per una necessaria “scansione” del suo animo e, contrariamente a quanto il palazzo ingenuamente pensa, riesce a sfuggire ai preposti alla sua sorveglianza ed invece di rinchiudersi a pregare, come lo si vuole immaginare, si avventura nella città vissuta, nelle sue caotiche strade, ne scruta le pieghe più riposte e solo così trova, alla fine, una risposta, anzi la risposta convinta che gli spiana il passo al grande “rifiuto”. È nel mondo che vive, anziché in un “pregare” solitario e lontano dal mondo che vive, che il papa di Nanni trova la forza per sostenere coscientemente l’inadeguatezza della sua persona. Un messaggio forte, che chiama in causa e rende “relative” e più in sintonia col tempo tesi e prassi di un “credo” che resiste affannosamente allo scorrere impietoso del tempo. Straordinario. (…). Ecco, il papa di Nanni Moretti trova la “sua” verità andando in giro tra gli uomini, per le strade del mondo, come fece anche l’uomo di Nazareth che non creò chiesa alcuna. È forse questa la “verità” più che umana che sta dietro a questo inaspettato, moderno “gran rifiuto”? O che forse esso, il “gran rifiuto”, vuole essere una pubblica denuncia dell’inadeguatezza della istituzione chiesa? Sono convinto che si continuerà a parlare di “stanchezza” dell’uomo venuto dal nord, dalla terra di Lutero, dalla terra nella quale padroneggia la “responsabilità” personale e collettiva. Fa comodo a tutti parlare della “stanchezza” dell’uomo. Intanto ha squinternato gli assetti, ha scombinato i giochi di potere. I corvi rientrano nei pertugi. Non volano più. E forse, da questo punto di vista, bisognerebbe essergliene grati. Assai. Da non credenti.

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