"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 26 ottobre 2012

Sfogliature. 14 Compagni, tornate a comportarvi da marxisti!



Scorro con dolente rassegnazione l’e-book ed alle pagine 2540 e 2541 ritrovo il post scritto il 16 di giugno dell’anno 2010. Sembrano trascorsi invano – ma per chi? - gli ultimi inutili anni. Mi sembra, comunque, che il post di allora – facilissime profezie! - faccia bene il paio con il post di ieri – “L’ultima classe” – ove riportavo una citazione dal libro di Étienne Balibar “Cittadinanza” – Bollati Boringhier Editore (2012), pagg. 178, € 9 -. In aggiunta alle cose dette ieri e dette allora mi garba completare la citazione del Balibar (pag. 62): “(…). …quelle lotte hanno realizzato a loro modo un’articolazione dell’impegno individuale e del movimento collettivo, che è il cuore stesso dell’idea di insurrezione. È un aspetto tipico della cittadinanza moderna, il cui valore è indissociabilmente etico e politico, che i diritti del cittadino siano attribuiti a soggetti individuali, ma siano conquistati attraverso movimenti sociali capaci di inventare, in ogni circostanza, le forme e i linguaggi appropriati della solidarietà. (…).” È ciò che è mancato alla politica; è ciò che è mancato alla coscienza di quelli dell’”ultima classe”. Il post che ripropongo di seguito era il secondo della sezione “Tatzebao”. Altri tempi!
(…). La Fiat è disposta a investire 700 milioni di euro per liberarsi di lacci e lacciuoli, come il capitalismo postmoderno ci ha abituato a chiamare la tutela di chi, sul mercato, ha da spendere soltanto la sua fatica, la sua competenza, il suo tempo. Non è una gran cifra per un risultato così funzionale alla crescita del profitto. In altri tempi toccava sparare sugli inermi, guastandosi il sonno, con il sangue degli altri. Oggi è tutto meno cruento: ci si nasconde dietro la crisi (europea, mondiale, cosmica), ci si giustifica sventolando lo spauracchio della Grecia (dove in effetti si è sparato), ci si fa scudo della globalizzazione (se l’operaio polacco costa meno è mica colpa nostra!). E ci si può permettere questo balletto perché c’è, ovunque, un contingente massiccio di precari pronti a prendere il posto degli operai che non ci stanno. L’obbiettivo è allargare il “parco schiavi”, fino a levarsi definitivamente di torno “la classe operaia”. Sarà una Paese sempre più povero, l’Italia. Povero e immobile. Ricchi saranno i peggiori, quelli con più pelo sullo stomaco, aggregati in comode cricche, a far soldi, nell’asfittico mercato dei loro appalti truccati, protetto dall’inesauribile lavorio politico di “legalizzazione” dell’illegalità. In questo scenario dickensiano (pre-rivoluzione industriale), vi scongiuro, compagni del centrosinistra, tornate a comportarvi da marxisti! Lo stato di cose presente va rovesciato!Da “Il futuro è già passato” di Lidia Ravera sul quotidiano l’Unità. Non sarà ancora la fine della storia. Come non sarà ancora la fine del capitalismo. È per non cadere in un abbaglio simile, la fine del capitalismo prossimo venturo che alcuni cantori immemori s’ingegnano di preconizzare, che resto legatissimo alla mia visione dell’eterno flusso e riflusso; il capitalismo avrà modo di far suo ancora lo sviluppo a venire della umanità globalizzata. A dispetto di quei cantori immemori. È una ben magra consolazione; ma le macerie, materiali ed immateriali, accumulate con la sconfitta sul campo del cosiddetto “socialismo reale” stanno lì a renderci amaramente disincantati. E quello, del “socialismo reale”, è stato l’unico ed ultimo esperimento andato a male. A meno che… Del declino del capitalismo ne ha scritto a più riprese il professor Umberto Galimberti. Di seguito ne trascrivo una riflessione, “Il declino del capitalismo”,  pubblicata di recente su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica”.
- Il nemico più implacabile e più pericoloso del capitalismo è il capitalismo stesso. - (Emanuele Severino). (…) … da Agostino (354-430 d.C.) in poi, la religione cristiana assegna allo Stato non il compito di provvedere al bene comune, ma quello più modesto di togliere gli impedimenti che si frappongono alla salvezza dell'anima. Questo tipo di mentalità perdura tuttora nella reiterata richiesta a tutti i politici cattolici, a qualsiasi schieramento appartengono, di provvedere, nella loro funzione, a non approvare leggi che contrastino con l'itinerario della salvezza dell'anima. Su questo nesso tra la religione che afferma il primato dell'individuo e il capitalismo come ricerca dell'interesse e della ricchezza individuale si è espresso con molta chiarezza il grande sociologo del primo Novecento Max Weber in quella sua opera fondamentale che ha per titolo: L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, dove si sostiene che il capitalismo trae la sua forza propulsiva dall'etica calvinista (che è una variante del cristianesimo), volta all'utilità personale, e che ha il suo fondamento nel dovere professionale assunto come dovere morale. Il capitalismo, promosso dal primato dell'individuo sulla società come vuole l'assunto cristiano, si è sganciato dalle sue radici religiose e, attraverso l'occidentalizzazione del mondo, è penetrato anche nei paesi totalitari che, pur non riconoscendo il primato dell'individuo, hanno favorito la ricchezza individuale che ha come sua ricaduta il progressivo affermarsi della potenza collettiva. Ora però si pone un problema, ben evidenziato da Emanuele Severino, il quale sostiene che siccome il capitalismo si alimenta del consumo della terra, - arriverà il giorno in cui dovrà rendersi conto che, distruggendo la terra, distrugge se stesso. E sarà questa coscienza, non la coscienza morale o religiosa, a spingere il capitalismo al tramonto -. La salvaguardia della terra oggi può essere garantita solo dalla tecnica, per cui, se il capitalismo vuole salvare la fonte della sua ricchezza, non potrà più servire solo il profitto, ma due padroni: il profitto e la tecnica, perché questa sola può rallentare l'usura della terra, vero fondamento della ricchezza. A questa situazione limite siamo già giunti, non ancora a una matura coscienza di questo limite.

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