"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 28 ottobre 2012

Doveravatetutti. 6 Il complotto.



“E adesso povero uomo” si sarebbe chiesto quel complicato di Hans Fallada. Costretto a tornare sui suoi passi. Costretto a rimangiarsi tutto quanto imprudentemente aveva osato dire. Per il bene nostro, s’intende! Come leggeranno gli italiani questo rientro? Non saranno così smaliziati da pensare che lo faccia solo ed esclusivamente per mettere a posto la giustizia in modo che sia ridotta ad una istituzione pro domo sua? O continueranno a bersi le sue sparate? Il complotto. Quando si dice “doveravatetutti” è perché il copione è sempre lo stesso. E questa rubrichetta ha lo scopo di riproporre le cose dette e scritte quando tutti facevano finta di non sentire e di non sapere. Il “doveravatetutti” di oggi, a seguito della nota sentenza di condanna, ripesca in quella che dovrebbe essere una “memoria” consolidata e collettiva. Solo che di “memoria” questo paese non ne ha e non ne vuole avere. Scriveva Indro Montanelli in “Soltanto un giornalista”: (…). Questo Paese è quello che è – ignorante, superficiale, capace di qualche effimero furore, ma non di veri e propri sentimenti e risentimenti morali - perché così l’ha fatto la scuola ed è la politica che ha fatto la scuola così. (…). Un paese che non coltiva il bene della “memoria”, per l’appunto. È per rispondere a questa esigenza di “memoria” da salvare che il “doveravatetutti” di oggi ripropone uno scritto del compianto Giuseppe D’Avanzo. Il testo, pubblicato sul quotidiano la Repubblica, e riproposto di seguito in parte, è del 27 di novembre dell’anno 2010 ed ha per titolo “Il complotto”, per l’appunto. E di complotto se ne ritorna a parlare a seguito delle disavventure giudiziarie del signore di Arcore. Giustizia ad orologeria! Persecuzione giudiziaria! Scriveva il sempre compianto Giuseppe D’Avanzo: Quando il potere spinge il cospirazionismo nel cuore stesso della vita politica di un Paese si deve sapere udire il suono di un pericolo, l'annuncio di un rischio. È un ritorno al tempo che è stato. Al “rischio” mai scongiurato. Ci si è illusi d’essercene liberati per sempre? Senza “memoria”, come la leggeranno stavolta gli italiani?

(…). Ora qualche nebbia sembra diradarsi. Dunque, i problemi non sono i fatti ma chi li racconta o chi deve accertarli. Per il governo, non bisogna riferire e riflettere su "i fattori negativi". Se lo si fa, ci si iscrive alla schiera dei cospiratori, ai nemici dell'Italia che minacciano l'immagine nazionale e gli interessi economici del Paese. Un atteggiamento, dice Berlusconi, "anti-italiano". È "anti-italiana" l'informazione. È "anti-italiana" la curiosità della magistratura per Finmeccanica. Eliminato il giornalismo e l'ordine giudiziario - sembra di capire - l'Italia del Cavaliere non avrebbe più problemi né macchie né angosce. Contro questi "nemici" il governo invoca "fermezza e determinazione". Quali saranno, viene da chiedere, gli strumenti, le iniziative o le leggi che l'esecutivo disporrà o approverà per difendere immagine nazionale e interessi economici? Senza dubbio, si può anche beffeggiare quest'ultima trovata complottistica per coprire i sempre più fragorosi fallimenti del governo. Antonio Di Pietro lo fa disegnando un Frattini che alza troppo il gomito prima di prendere la parola in pubblico. Un minimalismo beffardo può essere un errore, però. Quando il potere spinge il cospirazionismo nel cuore stesso della vita politica di un Paese si deve sapere udire il suono di un pericolo, l'annuncio di un rischio. Si deve poter vedere non tanto la mediocre infelicità dell'iniziativa, ma la trama di una politica. Lo si può dire così. Come si può giustificare lo stupefacente crollo di un regime politico incardinato in un leader carismatico e popolarissimo, sostenuto da una maggioranza politica numericamente inattaccabile e da un consenso quasi ipnotico? Se l'autorità politica è incapace di riconoscere le proprie responsabilità e la sua incompetenza, si fa strada soltanto un'altra possibilità: la soluzione cospiratoria che più rendere ragione dei fatti - di tutti i fatti accaduti - in modo unitario, senza coinvolgere il malgoverno, le inettitudini delle persone, l'inidoneità delle politiche. È una strada - la teoria del complotto - che offre anche un qualche ragionevole elemento di speranza. Se si individuano e afferrano "i cospiratori", se li si colpisce o in ogni caso si impedisce loro di nuocere ancora, la battaglia può essere vinta, l'Italia potrà essere liberata non da chi l'ha ridotta in miseria e rovina ma, con un rovesciamento di ruoli e responsabilità, da chi ne ha subito finora le disgrazie. Non si deve trascurare l'irrompere nella "narrazione" del Cavaliere del cospirazionismo finora utilizzato per proteggere se stesso non per denunciare le minacce contro il Paese. È vero, il cambio di passo può essere semplicemente l'inizio della prossima campagna elettorale. La filastrocca la si può già sentire: una "potente centrale politica e finanziaria", con un complotto, mi ha impedito di governare e di fare gli interessi del Paese, datemi la maggioranza del 51 per cento e vi libererò da ogni nemico. Ma c'è anche un'altra possibilità che deve essere tenuta in considerazione. Che cosa può produrre la diffusione della leggenda di una cospirazione nello stato di insicurezza (percepito e concreto) che angoscia il Paese? Al crepuscolo della sua avventura politica, Berlusconi potrebbe essere tentato di giocare la carta dell'emergenza, una condizione straordinaria che, nell'interesse del Paese, richiede decisioni che sacrifichino le norme, un diritto liberato dalla legge. "La creazione volontaria di uno stato d'eccezione - ha scritto Giorgio Agamben - è divenuta una della pratiche essenziali degli Stati contemporanei, anche quelli cosiddetti democratici". D'altronde, lo abbiamo sempre saputo che Berlusconi avrebbe trascinato il Paese nella sua caduta.

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