"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 3 giugno 2012

UominieDio. 3 L'assassino siede alla destra del suo Dio.


(…). …da secoli l'Italia si è conquistata nel mondo una grande fama come patria dei veleni. Chiedere per conoscenza all' inventore del Rinascimento italiano, lo storico Jacob Burckhardt, o a Stendahl, quell'Arrigo Beyle milanese appassionato lettore delle antiche cronache italiane. Nell' Italia del Rinascimento, secondo Thomas De Quincey, il veneficio conferì all'assassinio la raffinatezza di un'opera d'arte: da allora in poi chi ricorre al pugnale o alle armi da fuoco è come chi preferisce una rozza riproduzione al capolavoro originale. È un fatto che da noi, in Italia, le lotte per il potere, per l'amore, per la gloria, hanno mostrato una decisa predilezione per le vie sottili e tortuose degli intrighi e dei venefici evitando la prova di forza a viso aperto, la violenza semplice e brutale. È noto che il veleno come opera d'arte conobbe la sua massima raffinatezza e il più intenso uso nella corte papale: celebri fra tutti i casi dei Borgia, che fecero sistematicamente uso di quei mezzi e lasciarono a Lucrezia, che fu in tutti i sensi la donna di famiglia, la discutibile eredità di una fama sinistra, non cancellata dalle tardive pratiche devote. L'arte del veleno fu dunque una invenzione tutta italiana, una «abominable innovation from Italy», scrisse De Quincey. Strumento prediletto delle congiure, i principi rinascimentali italiani le dedicarono la stessa cura che altri sovrani europei investivano allora nell'organizzazione di eserciti e flotte. E se lo zio di Amleto non era un italiano, William Shakespeare apprese molto dall'Italia, come si conveniva al supremo artista del teatro del potere. L'arte poi declinò ai tempi dell'incipiente borghesia, involgarendosi a strumento di gelosie d'amore e di inferni domestici. Ma una volta identificati e classificati i preparati mortali nei laboratori di polizia cominciò a languire il fascino sinistro del veleno: quello di una morte che arriva a destinazione, spedita da mano lontana, strisciando come il serpente nascosto nel giardino dell'Eden. La possibilità di sbarazzarsi dell'avversario senza lasciare tracce ha sempre aguzzato gli ingegni. È per questo che, nel declino della morte per veleno (che tuttavia esiste), ne è rimasta immortale l'idea e si è ripresa la ricerca. C'era bisogno di qualcosa di nuovo. E ancora una volta è stata l'arte italiana a trovare la risposta, rinverdendo la sua antica perizia nelle invenzioni abominevoli, il suo gusto impareggiabile per la scelta di astuzie coperte al posto della violenza palese e dello scontro sul campo. Oggi il veleno che uccide non è un artificio segreto: è una cosa che sta sotto gli occhi di noi tutti, come la lettera smarrita di un celebre racconto di Edgar Allan Poe. Basta una carticella, un documento adeguatamente ritoccato e cucinato, non importa se falso o autentico, meglio se misto di verità e di invenzione: lo si tiene in serbo per usarlo al momento opportuno. Lo si inocula nella forma più pubblica e clamorosa possibile, via Internet, sulla stampa quotidiana, in televisione. Più si domina il campo dell'informazione meglio è. L'opinione pubblica diventerà il portatore sano del veleno spedito alla vittima designata. Da quel momento in poi basterà aspettare. Il destinatario potrà avere reazioni diverse: accasciarsi e sparire in silenzio, (…), reagire con ira e con clamore, (…). Non importa. L'effetto è sicuro. La vittima designata assorbirà il veleno e subirà gli effetti letali della gogna mediatica rilasciata a dosi quotidiane tanto più rapidamente quanto più rigido sarà il suo senso dell'onore, più forte la sua sensibilità all'esposizione della propria immagine pubblica. Ma prima o poi si leverà di mezzo o altri lo convinceranno a farlo. Questa almeno è ciò che spera il mandante, che intanto si manterrà lontano, silenzioso e apparentemente estraneo alla vicenda. Ai nuovi canoni si sono dovuti adeguare le formazioni o i raggruppamenti degli umani che operino nelle verdi contrade del bel paese. E lo ha fatto la politica. Lo ha fatto pure quella che passa per la chiesa di Roma. Che continua la “sua” “missione politica” con i mezzi propri della politica secolare. È solo un ricordo lontano assai la pratica venefica della Lucrezia citata en passant da Adriano Prosperi nel Suo pezzo “L’arte del veleno un’invenzione italiana”, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 28 di settembre dell’anno 2010, che ho appena trascritto in parte. I veleni oggigiorno si inoculano per altre vie, come la storia irrisolta, al momento, dei “corvi vaticani” insegna. È che quella chiesa è rimasta prigioniera della sua storia più tenebrosa. Dichiara don Andrea Gallo nella intervista rilasciata a Fabrizio d’Esposito de’ “il Fatto Quotidiano” – intervista che ha per titolo “Ratzinger è debole, comanda l’Opus Dei” -: (…). - Sono un prete da oltre 52 anni e sai perché? Perché ho aderito a Gesù e alla Chiesa, pensa un po’. Mi chiamano contestatore ma io non contesto nulla. Ho avuto cinque cardinali arcivescovi e accetto la correzione fraterna. Non me ne vado ma non taccio  -”.(…).
I classici giochi di Curia si sono trasformati in una guerra senza precedenti. - Vent’anni fa conobbi un monaco di cui non faccio il nome perché è vivo e scrive libri. Era un importante dirigente vaticano. Gli chiesi: “Come va a Roma? ”. Lui mi rispose: “Roma è una sede vacante, governa l’Opus Dei” -.
La prelatura fondata da Josemaria Escrivà, oggi santo. - Ho rivisto il monaco due anni fa e gli ho fatto un’altra domanda: “È sempre valido quello che mi dicesti? ”. Mi ha fatto un sorriso bellissimo e mi ha detto: “È ancora valido”. Uno dei tre inquisitori che indagano è il cardinale Casado, allievo di Escrivà. Il vero problema della Chiesa è una grande crisi di leadership. (…). –
Un papa debole. – (…). La Controriforma è continuata e Roma è rimasta cieca e sorda di fronte ai fedeli. Ci sono pilastri dogmatici che nulla hanno a che vedere con la Bibbia -.
La casa di Dio invasa dal fumo di Satana. - Quando sento dire che il vento diabolico soffia sulla casa di Dio mi chiedo: ma chi è questo Dio che abita in Vaticano? È quella la vera casa di Dio? La Chiesa però è sempre gloriosa. Ed è “semper reformanda” -.
Uno dei punti del Concilio Vaticano II. - Concilio significa confronto non arroganza del ministero ed esclusione dalla comunione. Ratzinger ha sfiorato l’eresia nell’omelia dell’ultimo Giovedì Santo, rispondendo all’appello dei teologi tedeschi -.
Chiusura netta. - Ha negato l’ordinazione femminile perché non c’è alcuna indicazione in merito da Nostro Signore, ha detto. Ma allora il Signore ha dato indicazioni più precise per fondare lo Ior? Poi ha citato un’enciclica del Beato Giovanni Paolo II che “irrevocabilmente nega” il sacerdozio femminile. Hai capito? Giovanni Paolo II era una persona sulla terra non Dio eppure ha il potere di negare irrevocabilmente -. (…).
Colpa degli scandali, dalla pedofilia alle lotte di potere? - Aggiungo l’obbligo del celibato. Ma la Chiesa siamo noi e dobbiamo salvarla, come ha scritto nel suo ultimo libro il grande teologo Hans Kung. Il Vaticano è il nuovo Vitello d’oro. Finirà che da disubbidiente divento teologo -.

Mi fa un certo effetto ancora e mi scorre come un brivido improvviso lungo la schiena rileggere, dopo anni ed anni, la brevissima lirica del poeta e musicista Ivan della Mea (1940-2009), lirica pubblicata sul quotidiano l’Unità del 27 di settembre dell’anno 2001 che ha per titolo “L'assassino siede alla destra del suo Dio”. La trascrivo di seguito in parte.

(…). Il dio di Cortez e di Pisarro era un dio genocida sì e il mio cuore ancora cerca i suoni di un “ condor pasa” libero su Ande libere.

Il dio del generale Custer era un dio idiota, e presuntuoso e assassino sì e il mio cuore è ancora sepolto a Wounded Knee.

Il dio di Hitler era un dio sterminatore sì e gemello del dio Stalin e il mio cuore ancora non trova pace tra i campi di sterminio nazisti siccome tra i ghiacci dei gulag siberiani.

Il dio di Osama Bin Laden è un dio sanguinario sì e il mio cuore smarrito cerca ancora di ritrovarsi e di capirsi tra le macerie delle Twin Towers. (…).

Quell’assassino siede sempre alla destra del suo dio. Non è stato ancora scacciato dal tempio del Signore. Perché? Fino a quando?

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