"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 10 giugno 2012

Sfogliature. 4 Habemus papam.


Il post di oggi ripropone di seguito un post che è del 21 di aprile dell’anno 2011 ed è appartenuto alla categoria Se il divino diviene il problema, quando questo blog stazionava su di un’altra piattaforma della rete. Mi va di riproporlo alla luce degli avvenimenti accaduti nella chiesa di Roma. Ha scritto Giacomo Papi – “Il rosario” sull’ultimo numero del settimanale “D” de’ la Repubblica -: (…). Di crisi della fede si parla da decenni. Non ha giovato la sequela di guardie svizzere assassinate, di criminali seppelliti insieme ad altri anonimi scheletri in cripte di pertinenza vaticana, di ragazzine sparite, o violentate a migliaia, la sfilza di banchieri cacciati, cardinali litiganti e corvi gracchianti, non ha giovato il maggiordomo spione e il papa che, all'elezione eccitò le speranze di orde di reazionari, si rivela oggi soltanto un uomo debole e anziano. Qualche mese fa i cardinali del Consiglio per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede, diretti dal segretario di Stato Tarcisio Bertone, hanno diramato una nota in cui eprimono "preoccupazione per la situazione di crisi generale, la quale non risparmia neppure il sistema economico vaticano nel suo complesso.(...)".Non sorprende la “preoccupazione” di quei cardinali di quel tale Consiglio.

Sono stato a vedere l’ultimo lavoro cinematografico di Nanni Moretti, “Habemus papam”. Ci sono andato con lo spirito di un laico, di un non credente. Non poteva essere altrimenti. E devo dire che questa nuova prova di Nanni è stata all’altezza delle aspettative di un laico, di un non credente. Per i credenti sarà stato diverso. Innanzi tutto essa, l’opera in questione, ha fatto vibrare quasi incessantemente il “registro” delle mie emozioni; e quando un’opera creativa, di qualsivoglia natura, riesce a far vibrare quel “registro” è opera indubbiamente riuscita e di valore. E poi: è un’opera cinematografica che tocca con straordinaria levità – nell’accezione piena di “delicatezza, grazia” secondo il Sabatini-Coletti - argomenti difficili assai da trattarsi e che suscitano sempre ed immancabilmente opinioni contrastanti se non ferocemente avverse  – ed in questi giorni se ne sono sentite di già –, se non novelle crociate all’insegna del “dagli addosso al miscredente”, non ritenendosi un’opera cinematografica, settima musa, degna ad indagare gli stati dell’animo anche di un essere umano “toccato” dal Signore. Ma sono convinto che a spingere in certe critiche non sia l’opera visionata in sé stessa ma quella prevenzione che accompagna da sempre la cosiddetta diversità, se non “minorità”, del non credente, non credente così come Nanni Moretti si definisce. Di questo aspetto del vivere (in)civile nel bel paese ne ha scritto magistralmente il professor Gustavo Zagrebelsky alla pagina 85 del Suo “Contro l’etica della verità” – Laterza editore (2008) pagg. 171 € 15,00 -: “(…). L’interlocutore non cattolico, per la Chiesa, è uno che, in moralità e razionalità, vale poco o niente; è uno che le circostanze inducono a tollerare, ma di cui si farebbe volentieri a meno. A ben pensarci, l’amichevole proposta ai non credenti di vivere (almeno) come se Dio esistesse è conseguenza di questo disprezzo. Se ci si confronta con loro, è perché le condizioni storiche concrete non consentono altrimenti. Il dialogo non è questione di convinzione, ma di opportunismo dettato da forza maggiore o da ragioni tattiche, nell’attesa che cambi la situazione. C’è una distinzione molto cattolica fra tesi e ipotesi, una distinzione che consente alla Chiesa i più spericolati adattamenti pratici anche molto distanti dalle sue concezioni del bene e del giusto. La tesi è la dottrina cattolica nella sua purezza; l’ipotesi è quanto di essa le circostanze consentono di realizzare. Il dubbio è che il dialogo, per la Chiesa, sia solo in ipotesi, in vista di tempi migliori, come è per lo stratega (…), che prende tempo e accresce le sue munizioni. (…).” Fine della citazione. Ritorno al film. Giganteggia la figura di Michel Piccoli, che riesce ad umanizzare straordinariamente il ruolo che gli è stato affidato. È Michel Piccoli e la Sua figura di papa ad avere fatto vibrare il “registro” delle mie emozioni e ad avermi fatto pensare a quello straordinario lavoro letterario che è “L’avventura di un povero cristiano” di Ignazio Silone. Un accostamento inevitabile. L’appena eletto papa di Nanni ha l’aspetto bonario di un padre, anzi del “padre” tout-court, così come anche un non credente si augurerebbe d’incontrare. È, il papa di Nanni Moretti, l’uomo moderno che avverte la complessità del mondo odierno; è, il papa di Nanni Moretti, l’uomo moderno con le sue contraddizioni e le sue ansie per un messaggio religioso, del quale è portatore, che stenta ad entrare in sintonia con la vita vissuta, messaggio che crea spesso una cesura tra la propria appartenenza confessionale ed il proprio stare nel mondo complesso qual è divenuto oggigiorno. Ed avviene che, al manifestarsi del suo tentennamento a divenire il successore di Pietro sull’alto soglio, nell’imbarazzo dei potenti porporati del palazzo, nello sconforto che il suo tentennamento induce negli animi più semplici che lo circondano, egli si accordi un tempo per una necessaria “scansione” del suo animo e, contrariamente a quanto il palazzo ingenuamente pensa, riesce a sfuggire ai preposti alla sua sorveglianza ed invece di rinchiudersi a pregare, come lo si vuole immaginare, si avventura nella città vissuta, nelle sue caotiche strade, ne scruta le pieghe più riposte e solo così trova, alla fine, una risposta, anzi la risposta convinta che gli spiana il passo al grande “rifiuto”. È nel mondo che vive, anziché in un “pregare” solitario e lontano dal mondo che vive, che il papa di Nanni trova la forza per sostenere coscientemente l’inadeguatezza della sua persona. Un messaggio forte, che chiama in causa e rende “relative” e più in sintonia col tempo tesi e prassi di un “credo” che resiste affannosamente allo scorrere impietoso del tempo. Straordinario. “Rifiuto l'appellativo di ateo” scrive il professor Galimberti nella Sua riflessione che ha per titolo “Metodo catechistico e metodo socratico”, riflessione pubblicata sul supplemento “D” del quotidiano “la Repubblica”, che di seguito trascrivo in parte. Ed ancora si chiede il professor Galimberti: “Dove abita la verità? Nella dottrina o nell'uomo?”. Ecco, il papa di Nanni Moretti trova la “sua” verità andando in giro tra gli uomini, per le strade del mondo, come fece anche l’uomo di Nazareth che non creò chiesa alcuna. “Dove abita la verità? Nella dottrina o nell'uomo? Rifiuto l'appellativo di ateo (…). Collocare coloro che regolano i propri pensieri e la propria vita seguendo i percorsi dischiusi dalla sola ragione in quella definizione privativa che li definisce a-tei o non credenti significa confermare la posizione di quanti ritengono che il modo giusto di essere uomini è quello di chi crede in Dio, e continuare a dar credito in tal modo a quell'antica e impropria tradizione medioevale e rinascimentale che identificava l'uomo col cristiano, aprendo così le porte all'intolleranza quando non ai massacri di chi cristiano non era, come l'impresa di Colombo in America testimonia. Ci ricorda infatti Ernesto Balducci ne La terra del tramonto (Edizioni Cultura della Pace) che gli indigeni dell'America latina erano più di sette milioni all'arrivo di Colombo, saranno appena 15.600 sedici anni dopo. Non conosco l'episodio dei bersaglieri che, dopo Porta Pia fecero entrare a Roma un carro carico di bibbie in italiano, proibite da Pio IX che le definiva blasfeme traduzioni. Però la (…) ipotesi che la Chiesa di allora preferisse l'ignoranza del popolo alla sua acculturazione è testimoniata da una lettera del 3 gennaio 1870 inviata da Pio IX a Vittorio Emanuele II in cui il pontefice scrive: - Vi unisco poi la presente per pregarla a fare tutto quello che può affine di allontanare un altro flagello, e cioè una legge progettata, per quanto si dice, relativa alla istruzione obbligatoria. Questa legge parmi ordinata ad abbattere totalmente le scuole cattoliche e soprattutto i Seminari. Oh quanto è fiera la guerra che si fa alla Religione di Gesù Cristo! Spero dunque che la V. M. farà sì che in questa parte almeno, la Chiesa sia risparmiata. Faccia quello che può, Maestà, e vedrà che Iddio avrà pietà di Lei. Vi abbraccio nel Signore. Pio PP. IX -. Non bisogna scandalizzarsi per queste parole e neppure considerarle figlie di quel tempo, ma piuttosto iscriverle nella concezione della Chiesa che si considera depositaria della verità assoluta, la quale deve essere semplicemente trasmessa a quei vasi vuoti da riempire (vasum receptionis, dice Paolo di Tarso) che sono le menti degli uomini. Questo metodo che possiamo definire catechistico è l'esatto opposto del metodo inaugurato da Socrate, il quale riteneva che la verità fosse presente in ogni uomo in modo confuso distorto e approssimativo, e come tale bisognosa di essere ripulita dalle persuasioni personali e soggettive, in modo da proporsi solida e fondata su solide argomentazioni oggettive. Naturalmente il metodo socratico rivela una fiducia nell'uomo, pensato come depositario anche confuso della verità, che il metodo catechistico rifiuta, relegando la verità in un corpo dottrinale di cui solo il Magistero è depositario. Pio IX, quindi, non commette errori figli del tempo ma, in quanto pontefice della Chiesa, è perfettamente coerente con la sua dottrina.”

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