"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 10 maggio 2012

Storiedallitalia. 11 Il chi di M&M.


A fianco. L'arte figurativa di Giovanni Torres La Torre.
 
«Le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere chi ha portato l'economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire». Frase detta da M&M a margine dei lavori di un convegno organizzato dalla Commissione Europea. “Chi”?. “Chi” è costui? È stata la domanda che è rimbalzata subitamente per tutte le verdi contrade del bel paese, dalle Alpi a Capo Passero. Ovvero, “chi” sono i disintegratori della economia del bel paese? Il “chi” di M&M non ha traccia alcuna. Dice e non dice. Allude ma non vuole alludere ad un “chi” ben preciso. Il suo valore pronominale vuole lasciare tutto nell’indefinito. Perché allora la repentina, inattesa “grande leccata di c…” pronunciata da M&M, tanto per dirla con l’irruenza chiara e vigorosa del giovine che mi è seduto accanto? È questo che fa male al Paese. Le piroette da abili saltimbanco. Che anche i cosiddetti “tecnici” hanno imparato rapidamente. Piroettare. Come navigati politici del peggiore politichese. Non sarebbe stato molto meglio dire, volendo precisare, come si suol fare quando il parlare è contorto e con poco senno, che con quel “chi” si intendeva dire di tutta una categoria di politici resasi, quella categoria della politica minima, negli anni responsabile del dissesto dell’oggi? A livello centrale, così come a livello periferico? Tutti insieme appassionatamente. Una volta tanto almeno. Ed invece no: un pronto e veloce piroettare per salvare lo scranno sul quale si sono posate le stanche, auguste terga. È il male profondo del Paese, che non lo renderà mai un Paese normale. Poiché non lo si vuole far diventare un paese normale. Del resto, dov’era M&M quando nel Paese si apprestavano misure e strumenti inadeguati ed indegni affinché meglio si potessero dilapidare, a favore dei soliti noti, le ultime risorse? Il disastro dell’oggi affonda in un tempo che è appena passato (fino a quando potremo considerarlo passato?). Il tempo dell’illusorio “miracolo”, in attesa del tempo delle immense “macerie” dell’oggi, per come ne ha scritto bene Guido Crainz sul quotidiano la Repubblica col titolo “Le macerie dopo il miracolo” che di seguito trascrivo in parte. Allora, chi è stato quel “chi”? Bella domanda, che non avrà risposta alcuna.

(…). …Berlusconi si era dovuto dimettere (…) per l´infuriare della crisi economica e per la sua totale inadeguatezza a farvi fronte. Anche in precedenza, del resto, era stata la crisi economica in tutta la sua ampiezza e in tutte le sue conseguenze a rivelare la natura e la miseria del “patto con gli italiani” del Cavaliere. Quel patto si era basato sulle sinergie non di virtù ma di accondiscendenze, e su distorsioni trasformate in normalità. Aveva avuto a propria bussola l´attenuarsi di regole e vincoli per governanti e governati, e la garanzia per entrambi di una “protezione” basata sull´uso dissennato delle risorse pubbliche. La nave va, diceva ai suoi tempi il Craxi trionfante, e ne condivise poi l´affondare. Berlusconi aveva riproposto in nuove e differenti forme le stesse illusioni, e con esse una ideologia che ha alimentato alcuni dei modi peggiori di essere italiani. Tutto questo ha iniziato a dissolversi quando parti crescenti del Paese hanno dovuto abbandonare un ottimismo infondato e irresponsabile. Quando la crisi, appunto, ha reso sempre più evidente che l´assenza di regole non è un´opportunità per nessuno ma la premessa di una comune rovina. (…). …quel patto è giunto a lacerarsi irrimediabilmente, lasciando “orfani” ampi strati sociali: esposti ora al disincanto, se non al rancore, e alla ulteriore chiusura negli egoismi individuali e di ceto. Non è stata, o non è stata solo, una virtuosa società civile a insorgere contro un centrodestra e un sistema politico screditato: l´abbaglio dei primi anni Novanta non può oggi ingannare nessuno, e già allora la disillusione fu molto amara. Che Italia ci lascia dunque la fine di questa stagione? Nel dicembre del 1994, nella crisi del primo governo guidato da Berlusconi, Sandro Viola scriveva lucidamente su questo giornale: “Quando il governo prima o dopo cadrà, sul Paese non sorgerà un´alba radiosa. Vi stagneranno invece i fumi tossici, i miasmi del degrado politico di questi mesi”. I mesi sono diventati anni, molti e lunghi anni, e i sintomi di una crescente involuzione sono stati evocati sempre più spesso da molte e preoccupate voci. Concordi nel segnalare il diffondersi di forme di “società incivile” poco rispettose dei beni pubblici e della legalità. Concordi anche nel tracciare i contorni di un Paese sfibrato e sfiduciato: un Paese che, per dirla con Raffaele Simone, considera le questioni ideali “come il fumo che gli impedisce di mordere l´arrosto delle proprie urgenze quotidiane”. Una Italia che ha visto nuove forme di “plebeismo” insinuarsi sin “nel cuore ansioso dei nuovi ceti medi”, sempre meno attivi nel promuovere e attivare “processi di civilizzazione”  (…).

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