"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 23 aprile 2012

Sfogliature. 3 Banali leader.


Cattivi pensieri è stata una etichetta di questo blog quando esso “viveva”, con la sua fronzuta chioma, su di un’altra piattaforma che non c’è più. Il post, che di seguito trascrivo, risale al venerdì 11 di dicembre dell’anno 2009. Titolo di quel post: “Banali leader”, per l’appunto. Quanto tempo è trascorso da allora? Cosa è nel frattempo cambiato nel bel paese, a parte la grande “crisi” che ci attanaglia e che morde sempre di più, ché al tempo del post riproposto veniva negata dai “banali leader” di allora? È cambiato ben poco. Sono tutti lì a promettere di fare cose per la salvezza del paese, a banalizzare riforme o quant’altro serva esclusivamente alla loro permanenza al potere. Il tempo scorre inesorabilmente, ma per la politica de’ noantri esso è una entità di nessuna rilevanza e peso. Tutti assieme amorevolmente, ma pericolosamente assai per il resto del paese. È il rischio enorme che il bel paese incontra sulla sua strada senza vederlo con chiarezza: che dallo “schifo”, per dirla con un ministro tuttora in carica, per la politica si sviluppi quell’antipolitica che porterà il bel paese a ricadere in una esperienza nuova che ripeta pedissequamente il tenebroso ciclo politico da poco sepolto (ma per quanto tempo ancora?). è stata la grande, storica, epocale “miopia” della  mala politica che ha barattato le idealità della sana politica per il succoso piatto del potere. 

“Il politico è un animale mediocre. Dopo aver tentato di farcela nella vita seguendo le strade abituali: medico, falegname, transessuale, ricattatore, marito di una donna ricca, si trova impantanato nella sua mediocrità. Si guarda in giro, vede che passa un animale molto potente, si inginocchia: «Eccellenza abbia pietà di me mi prenda come portaborse» e gli bacia rumorosamente il dorso della mano pelosa. E quello con voce da lupo mannaro: «Sei disposto a tutto?». «Sì maestà». Questo l’inizio. In poco tempo impara i trucchi del mestiere e in pochi anni fa fuori il suo padrone con mezzi anche ripugnanti. Ed ecco che raggiunge il suo scopo: diventa ministro. Avete capito in che mani siamo? Invece di fa governare il paese da grandi medici, economisti, tecnici e famosi giuristi siamo nelle mani di animali stupidi e quindi pericolosi”.  Da “Animali pericolosi” di Paolo Villaggio nella rubrica “ La voce della lega “ pubblicata sul quotidiano l’Unità. Detto brutalmente alla Fracchia. Sono i pensieri che ronzano quotidianamente nella testa di milioni di esseri umani, cosiddetti pensanti. Pensanti di un pensiero unico però. Pensieri di cui si ha vergogna quasi di professare. Si coltivano amorevolmente, quei pensieri, sino a quando un Fracchia qualsiasi prende il coraggio nelle sue callose mani per “sputarli” forte ai quattro venti. Col rischio che il vento li ributti in faccia allo sputatore. Può pure accadere. è che il “politicamente corretto” proibisce di esibirsi in tali esternazioni. In cambio di cosa? Dell’assuefazione. A tutto. Alle banalità ed alle porcate. Oggigiorno, più porcate che banalità. Per la paura di apparire come quelli dell’antipolitica. Irreggimentati. Bel prologo alla Fracchia. Fuori dai denti. Un prologo alle più dotte riflessioni ed argomentazioni di Zygmunt Bauman, il sociologo della “vita liquida”, contenute nel suo lavoro che ha per titolo “Banali leader”, pubblicato di recente su di un supplemento del quotidiano La Repubblica. Ne trascrivo di seguito ampie parti. 

"(…). Sulla terra, nella valle dove la tribù ha costruito le proprie capanne di paglia e fango, nel villaggio da cui gli uomini ogni giorno partono alla ricerca di noci di cocco e a cui ogni sera fanno ritorno, le cose stanno cambiando. In passato qui giungevano di quando in quando dei mercanti, per acquistare noci di cocco. I mercanti imbrogliavano sui prezzi, ma gli indigeni, scaltri, riuscivano a loro volta ad ingannarli. Adesso però i mercanti non si vedono più. Al loro posto è sorto un ufficio della moderna Coccobello Corporation, che compra tutto il raccolto in blocco e impone i prezzi. Non si contratta più, e imbrogliare è impossibile: i prezzi vengono stabiliti in anticipo, prendere o lasciare. Naturalmente, lasciando si rischia di non sopravvivere sino al raccolto successivo. (…). La televisione ha cambiato, (…), il modo in cui vediamo i  nostri leader. Un tempo questi ci apparivano come figure distanti, poste in alto, su un palco, o erano raffigurati in ritratti atteggiati a espressioni di una fierezza convenzionale. Adesso invece, grazie alla tv, ognuno può scrutare in loro il minimo moto di lineamenti, lo scatto infastidito delle palpebre, alla luce dei riflettori, il nervoso umettare delle labbra tra parola e parola. In breve: i nostri leader sono diventati terribilmente banali, come tutti noi. E, al pari di noi, mortali. Vengono per poi andarsene. Appaiono per scomparire. Si attaccano al potere per perderlo. L'unico vantaggio che sembrano avere su di noi, comuni mortali, è di essere destinati ad una morte pubblica - una morte a cui siamo certi d'assistere, tutti insieme. Con un tono non del tutto ironico, Calvino si spinge a suggerire che è proprio questa consapevolezza a spiegare il motivo per cui un politico, fino a quando è in vita, è ‘circondato dal nostro interesse ansioso, anticipatore’. Quelle che seguono sono parole così intense da meritare di essere citate testualmente e per esteso: - Per noi la democrazia comincia solo dal giorno in cui si ha la certezza che nel giorno stabilito le telecamere inquadreranno l'agonia della nostra classe dirigente al completo, e, in coda allo stesso programma (ma molti degli spettatori a quel punto spengono l'apparecchio), l'insediamento del nuovo personale, che resterà in carica (e in vita) per un periodo equivalente -. Tutto ciò, conclude Calvino, viene contemplato ‘ da milioni di spettatori con raccoglimento sereno, come chi osserva i movimenti dei corpi celesti nel loro ciclico ripetersi’. Uno ‘spettacolo che quanto più ci è estraneo tanto più sentiamo come rassicurante’. L'abitudine di tenere gli occhi puntati verso il cielo non è, si direbbe, la prerogativa di un'unica, remota tribù. Né i motivi per farlo, o le conseguenze che ne derivano, differiscono molto da una tribù all'altra. A cambiare sono gli strumenti necessari a dedicarsi a tale attività/passività. E i nomi, e le storie degli stregoni - ma non il messaggio di quelle storie, né le intenzioni di coloro che le raccontano”.

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