"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 15 aprile 2012

Cosecosì. 12 In viaggio con la cara amica defunta.

A fianco. L'arte figurativa di Giovanni Torres La Torre.
 
Credete Voi nell’aldilà? Credete Voi, molto più laicamente, al solo “caso” che domini la vita di tutti gli esseri viventi? O avete bisogno di un ente soprannaturale, superiore, preposto a coordinare la vita errabonda dei viventi? Insomma, sareste disposti ad affidare la vostra esistenza al “caso”, o vi sentireste più garantiti di una superiore provvidenzialità che tutto dispone e coordina? Ci sono accadimenti della vita per i quali risulta ben difficile stabilire che sia stato il “caso” ad inverarli ovvero sia stato l’intervento provvidenziale di una entità superiore a far sì che quegli accadimenti si siano potuti verificare. Spesso le cose della vita stanno proprio in tali ambigui termini. Sentite questa. …e fu allora che vollero raccontare la loro incredibile storia. Viaggiavano, mesti, da ****** verso ******. La loro cara amica **** non c’era più. Immaturamente estintasi. Avevano da poco lasciato il raccordo autostradale e si erano immessi nella lunga arteria bituminosa che li avrebbe portati a ******. Percorsi pochi chilometri appena, un automezzo adibito ai tristissimi trasporti si era parato come d’improvviso dinnanzi a loro. È che nessuno dei due aveva avuto voglia di parlarne, con i cuori oppressi così come se li ritrovavano. Fu lei che, presa di coraggio, provò a dirgli: - Lo hai visto quel carro funebre? -. Lui, non ebbe modo di negarlo, ché lo aveva visto sin dal suo improvviso apparire e porsi dinnanzi. – Sono convinta che là dentro c’… - e lasciò morire così le parole. Non ne scambiarono altre, di parole. Non servivano. Come per un tacito accordo fatto in nome della cara amicizia e di quanto ancora serbavano in animo per ****, e senza più scambiarsi una parola per l’appunto, si accodarono all’automezzo come per seguirne le tracce. E lo seguirono mestamente, in silenzio, qualunque fosse stata la persona che quell’automezzo trasportasse per chissà dove. Se ne staccarono a malincuore quando videro svoltare l’automezzo in una stazione di servizio. Si convinsero allora di avere erroneamente pensato e creduto quel trasporto essere il trasporto, venuto da lontanissimi luoghi, della loro cara estinta amica diretto a******. Ne furono quasi sconsolati, poiché quel loro viaggiare dietro quell’automezzo donava loro la pace ritrovata dopo i dolorosi colloqui telefonici e le dolorosissime ultime notizie per quella immatura scomparsa. Era come se il viaggio di quell’automezzo, che aveva di già percorso in solitudine centinaia e centinaia di chilometri, avesse ritrovato un che di calore e di testimonianza da rendere alla cara estinta amica. E fu allorché, all’imbarco su di un traghetto per l’isola di *****, rividero l’automezzo disporsi pur esso al traghettamento, che la certezza di quel che avevano pensato percorrendo il lungo serpente d’asfalto si ripresentò rafforzata. Non c’erano più dubbi: **** aveva viaggiato con loro e loro si disponevano ad accompagnarla in quell’ultimo suo viaggio. È che da sempre avevano pensato ad un viaggio fatto assieme a ****. Viaggio che, per le circostanze delle loro vite, non si era potuto realizzare. Ed ora il caso, o una provvidenzialità superiore, disposta da un ente imperscrutabile, che non osavano definire diversamente, o tutte e due le cose assieme, li avevano posti sulla scia di quell’automezzo che partito da tanto tanto lontano, da luoghi brumosi e di poca luce, riportava in quell’angolo di terra inondato invece di tanto sole e di tanta luce, di forti odori salmastri e di un verdeggiare a tutte le stagioni, la loro cara amica scomparsa. Il racconto di quella storia, in verità straordinaria, voluta dal “caso” o da una provvidenziale superiore bontà, sprofondò tutti in un silenzio che aveva dell’assordante. E nessuno si lasciò tentare a dare una interpretazione ed una risposta che sia ai mille interrogativi che la vicenda aveva di certo sollevato e sollecitato nel profondo degli animi dei presenti. Ci fu chi, rotto l’assordante silenzio ebbe a dire: - Questo straordinario racconto sta a significarci che solo una grande e vera amicizia, l’amicizia di tutta una vita, ha potuto dirigere ed influenzare il corso della storia ascoltata -. E tutti rimanemmo in silenzio, in compagnia dei più contrastanti pensieri. E ci fu chi, poi, per rendere come un ultimo, grande omaggio a quell’amicizia cara e disinteressata, trasse da un suo blocco d’appunti un piccolo ritaglio e volle che ne ascoltassimo la commovente, suggestiva lettura:

“Chi potrebbe affermare che i morti siano veramente sotterra? Una volta gettata l’ultima palata sulla loro fossa, essi si alzano e si allontanano vacillando pei sentieri oscuri, quali verso i cieli, quali verso i mari, quali verso le verdi profondità del globo, e Dio solo sa dove andranno e quale forma rivestiranno, e se non ci fissano ogni giorno, assorti, sotto forma di un povero animale o di un fiore. Questa Vita è talmente indipendente dal nostro pensiero limitato, che tutto, dico tutto, ogni più nobile cosa può accadere: e lo sa chi, capace di ricordare e osservare, prova continuamente davanti a essa un sentimento di rispetto e terrore”.

Una lettura di speranza. Scoprimmo, ma solo tanto tempo dopo, che quella lettura che ci aveva resa un’immagine diversa della vita che non è vita dei nostri cari che non sono più era stata tratta da  quella straordinaria opera che ha per titolo “Vita di Dea”  della scrittrice Anna Maria Ortese.

2 commenti:

  1. Che bel racconto, caro Ettore. Ti lascio un saluto. Franca.

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  2. Caso? Ormai mi sono convinta che non sono semplici coincidenze e li chiamo "segni"... Credo che siano risposte che ci rassicurano, modi diversi di comunicare in un dialogo che continua anche oltre la morte di quell'involucro che racchiude temporaneamente il nostro vero essere.

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