"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 27 febbraio 2012

Storiedallitalia. 5 Buon pomeriggio avvocato Mills.

Chi di noi potrà mai dimenticare il mercante turco del celeberrimo, bellissimo film che è stato, e lo è tuttora, quel Mediterraneo di Gabriele Salvatores, premio Oscar quale miglior film straniero (1991)? Non ricordo il nome dell’attore che impersonò e caratterizzò, stupendamente, quell’indimenticabile figura umana. Mi viene di definirlo il signor “Non so” proprio perché con quelle poche, semplici, primitive sillabe il mercante turco rispondeva a qualsivoglia domanda gli venisse posta dagli occupanti il sacro suolo della Grecia, ovvero quel manipolo di eroi relegati in quella stupenda isola del mare Egeo, il mare del mito che non muore mai. “Non so”, rispondeva pedissequamente il mercante turco agli occupanti invasori, quelli che avrebbero dovuto “spezzare le reni alla Grecia”, a quello straordinario popolo. Necessiterebbe, ai giorni nostri, che come quel celeberrimo, indimenticabile “Non so” se ne alzasse un altro, all’unisono, da tutte le ubertose contrade del bel paese affinché fosse chiaro che, nella vicenda ultima del tribunale di Milano, non esista uno che abbia vinto ma semmai che esista una parte sconfitta che è l’intero popolo italiano. Necessiterebbe un “Non so” che si levasse all’unisono dal Monviso sino al Capo Boeo e che con il suo fragore assordasse l’accozzaglia informe che ha occupato, senza merito alcuno, il governo del Paese nell’ultimo quindicennio abbondante. È colpevole il signor B.? “Non so”. È innocente il signor B.? “Non so”. “Non sooo…”! È la condizione nella quale, dopo la sentenza ultima di Milano, si sono ritrovati tutti i cittadini del bel paese, ridotti a sudditi da uno strapotere economico, mediatico e politico capace di snaturare anche le sentenze di un tribunale ed ai quali è negata di conoscere quella “verità giudiziaria” della quale, in una democrazia compiuta, essi hanno diritto di avere contezza. Ha scritto Tobias Jones, giornalista e scrittore, corrispondente dall’Italia per lunghissimi anni, nel Suo già citato “ Il cuore oscuro dell’Italia “ a proposito del cattolicesimo controriformista del bel paese: “(…). … il cattolicesimo ha a che fare, nel bene e nel male, con l’obbedienza; il protestantesimo, nel bene e nel male, con la responsabilità. Nell’uno, il risultato maggiore è la sottomissione a un capo cristiano; nell’altro, la sottomissione a una coscienza cristiana individuale. Per l’Italia questo implica una continua delega: facciamo parte di una gerarchia e guardiamo all’insù verso i nostri superiori. È una catena alimentare verticale. L’Italia è un Paese che fa assegnamento sull’intervento di intermediari. Ci liberiamo dalla necessità di prendere decisioni perché qualcuno, più in alto di noi, le ha prese al nostro posto. (…).”. Ecco perché sarà impossibile che si alzi quel sonoro, terrificante “Non so”, che è proprio dei cittadini responsabili, che zittisca quel cicalare inutile e spregiativo delle prerogative proprie di un popolo che si dica vivere in una democrazia. “Non sooo…”! Di seguito riporto, in parte, la trascrizione della telefonata intercorsa tra il giornalista Enrico Franceschini, corrispondente da Londra per il quotidiano la Repubblica, e l’avvocato David Milss, condannato in via definitiva – in Cassazione - quale corrotto da parte di un corruttore definibile tale ma “a sua insaputa”. Bisognerebbe che “lor signori” venissero giudicati non dai tribunali, al pari di tutti i cittadini del bel paese, ma dalle camere, alte o basse che siano, meglio se basse, abbastanza credulone e soggiacenti al potere vissuto per il potere.

(…). - Buon pomeriggio avvocato Mills, come sta oggi? «Bene, grazie» (…).

(…). Ha sentito com`è finita a Milano? «Sì, certo».

E cosa ne pensa? «Non è il verdetto che avrei sperato, ma è meglio dell`alternativa».

Meglio una prescrizione che una sentenza di colpevolezza? «Esatto».

Ma lei sperava nell`assoluzione con formula piena. «Sì, perché in questa storia siamo tutti innocenti, Berlusconi e io. In ogni modo sono felice che sia finalmente finita».

Ha parlato con Berlusconi, dopo la sentenza? «No, niente affatto».

Si sente in qualche modo personalmente vendicato? «Beh, vendicato no, perché ci sarebbe voluto il riconoscimento della nostra innocenza da parte dei giudici. Ci sarebbe voluta l`assoluzione piena per Berlusconi, poiché, lo ripeto, sia lui che io siamo del tutto innocenti. Ma sono comunque sollevato. Dopo 16 anni questa vicenda che mi ha e ci ha tormentato si è infine conclusa. Certo non con la sentenza ottimale ma neppure con una di colpevolezza».

Scusi, avvocato, ma non le sembra strano che il processo, nei suoi vari gradi, abbia di fatto accertato l`esistenza di un corrotto, nella sua persona, visto che lei è stato condannato due volte prima della prescrizione, ma non possa assegnare, solo per la scadenza dei termini, l`esistenza di un corruttore? Se la corruzione è esistita, come può mancare la mano di colui che ha corrotto? «La corruzione non è esistita. Io non ero colpevole e Berlusconi non è colpevole. Ci sono documenti depositati in tribunale che lo confermano. Dopo di che l`accusa può dire quello che vuole».

La prescrizione non le pare una via di mezzo? «L`Italia è un paese cattolico, dunque crede nel  perdono. Il vostro sistema giudiziario ha tanti difetti, ma questo è un merito».

E lei è contento così? «Sì, sono felice che dopo sedici anni sia tutto finito».

Nella cornetta del telefono, prima che l`avvocato Mills interrompa la comunicazione, si sente un risolino: non è chiaro se di nervosismo per lo scampato pericolo o di genuina allegria per il "perdono" elargito a lui e a Berlusconi dalla giustizia della cattolica Italia.

1 commento:

  1. Ciao, Aldo Ettore. Un reato va punito non perdonato. Il perdono è un fatto morale. Posso concederlo a chi mi ha offeso ma lo Stato deve garantire la legalità. Affettuosamente.
    Franca Maria.

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