"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 20 febbraio 2012

Lavitadeglialtri. 3 Voglio tutto.


Di Giampaolo Visetti ho già detto, anzi ne ho già scritto. Gli sono in debito di riconoscenza e gratitudine. Poiché con le Sue corrispondenze da quello che è stato chiamato l’impero celeste ci rende un po’ più partecipi della vitadeglialtri. Poiché nell’era della globalizzazione si ha necessità di alzare lo sguardo, oltre gli abituali orizzonti. Giampaolo Visetti ce lo consente. Abbiamo così modo di guardare oltre, di guardare, con i Suoi occhi attenti, l’altro, o gli altri, trattando egli, nelle Sue straordinarie corrispondenze, dei singoli, o dei piccoli gruppi umani, o dei gruppi umani più vasti, talora di popoli interi. Poiché mi è venuta a noia la vitanostra, quella del bel paese, con le sue stravaganze, le sue cattiverie, la sua disumanità a più strati conclamata. Per non dire della vita associata, della vita politica. Uno schianto. Uno schianto di cattiveria del potere, di purissima “strafottenza”, che è la sublimazione dell’arroganza sì, ma anche dell’insolenza, dell’impertinenza, dell’impudenza, della maleducazione, della prepotenza, della sfacciataggine, della sfrontatezza, che, pur essendo tutti suoi sinonimi, non ne compendiano compiutamente l’orribilità. La sua cattiveria, la sua violenza. Ha scritto nel Suo indimenticabile lavoro editoriale “Il cuore oscuro dell’Italia” il giornalista e scrittore inglese Tobias Jones, per lunghissimi anni corrispondente da quello che è stato il bel paese: “(...). In Italia la violenza civile è fortissima. (…). È una cosa anormale, mostruosa, grottesca. Gli italiani sguazzano nel fatto di essere bravi ragazzi, misurati e all’antica… Ma c’è una violenza endemica tra vicini che si cela come una sorte di febbre sottopelle. (…)”. Stanchi di tutto ciò, di questo modo d’essere visti, o d’essere e non solo d’apparire. Gli italiani “brava gente”! Perché mai? Quando mai? Oggigiorno è lavitadeglialtri, di quelli di quell’impero così lontano, non più celeste ma sempre impero, che ci interessa, che ci deve interessare. E non perché esso riempia di manufatti ed oggetti le nostre case, le nostre vite, con le paccottiglie e le cianfrusaglie con le quali inonda il mercato globale. È che esso, il nuovo impero del capitalismo, già celeste e poi rosso, è divenuto giocoforza un laboratorio a cielo aperto nel quale a milioni cercano una storia nuova, una storia diversa. Una vita nuova, una vita diversa. Come ai tempi del Dickens della nostra primitiva, selvaggia industrializzazione. Giampaolo Visetti è il novello Dickens. Ci fa scoprire il mondo nuovo che emerge, anzi che irrompe, ché poi tanto nuovo non lo è. È l’eterna storia di chi cerca di arricchirsi con gli altri o contro gli altri. Mai anche per gli altri. Come in questa Sua corrispondenza che ha per titolo “Voglio tutto”, dell’ottobre 2011, che è il vogliotutto di sempre, come lo si è visto in tutte le storie che si rispettino ai quattro cantoni di questo mal ridotto pianeta. Vogliotutto, e subito. È sempre la stessa storia.

(...). Yixi (…) a 21 anni è diventata famosa in pochi istanti. Si è fotografata con due borse di lusso e ha messo tutto in internet. Il popolo dei netizen è insorto. Una studentessa universitaria di Guiyang, pur figlia del vice governatore, non può permettersi accessori da 15mila euro. Il padre era prossimo alle dimissioni dal partito. Per salvarlo, Yixi ha spiegato che una borsa gliela ha regalata lo zio, l'altra il fidanzato. Valore 3mila euro. Le hanno risposto 8mila post. "E loro dove hanno preso i soldi?". La studentessa ha dovuto confessare: "È roba falsa, 16 euro". È stata sommersa da una risata web di massa. "Non sei nessuno - il coro - non bastano pochi yuan per diventare qualcuno". Yixi, accusata di falsificazione della vanità, ha tentato il suicidio. "Non volevo farmi invidiare - si è scusata - ma solo mostrare le mie borse, come qualsiasi ragazza della mia età". I cinesi non erano a conoscenza del nuovo obbligo di esibire le borse online. "Non siamo sprovveduti - ha risposto tale Chen Chi, 16 anni - Approfondiremo". Fatto. È emerso che le borse erano originali e il padre di Yixi è sotto inchiesta per corruzione. Scandalo, ma il modello-Yixi piace. (…).

I quattro playboy di Pechino sono il sogno degli adolescenti. Ricchi da malore, si chiamano tutti Wang, non lavorano e non hanno limiti. Sono figli dei più noti costruttori della capitale e hanno deciso che la notte spetta a loro. Hanno qualche comprensibile passione: fuoriserie, donne, alcol, pistole. Sono entrati nella mitologia contemporanea quando hanno deciso di fare una gara tra bolidi lungo Wangfujing, il tempio dello shopping. Problema: è zona pedonale, sempre gremita da migliaia di instancabili consumatori. Va bene: non è colpa dei playboy Wang se qualche nottambulo sprovveduto è rimasto tra le ruote, ma anche secondo la polizia hanno esagerato. Non si capiva se avesse vinto Wang Shuo, o Wang Ke, e non è un dettaglio. In palio c'era un'attrice: è partita qualche pallottola, un'auto ha preso fuoco e l'altra ne ha stesi una decina per fuggire in retromarcia. Per capire: tutto a due passi dalla mummia del Grande Timoniere. Non è successo niente. Ennesima insurrezione online, fino a scoprire che un Wang aveva la targa di un generale, l'altro di un viceministro. Accigliati analisti di Stato hanno smesso di telestabilire che la legge è uguale per tutti e il Giornale del Popolo ha chiuso il caso: "I quattro playboy di Pechino erano appena usciti da momenti difficili". Un sondaggio ha chiesto allora perché i ricchi cinesi sono tanto arroganti e si permettono di umiliare tutti gli altri. Risposta esatta: "Non sono arroganti, non umiliano nessuno e speronarsi su Wangfujing per andare a letto con Cheung Man, star di Hong Kong, è uno sballo". (…).

Possibile che questa pancia immutabile dell'Asia, ufficialmente fedele alla rivoluzione proletaria, sogni invece di esibire borse online, comprare lingotti d'oro al bancomat, svuotare cantine di champagne, strappazzare fotomodelle e stirare pedoni con la propria fuoriserie? Sì. La prova è il dramma di Li Hao. Trent'anni, funzionario di Luoyang, sposato, due figli, casa a centro metri dalla stazione di polizia. In due anni ha scavato di nascosto una cantina, poi è andato in un karaoke e ha rapito sei commesse tra i sedici e i vent'anni. Per altri due anni le ha usate come schiave, è chiaro perché. Ne ha pure uccise e sepolte due, alle altre ha trovato clienti sul marciapiede. Una infine gli è scappata e un mese dopo un giornalista è riuscito a dare la notizia. Epilogo. Il cronista è stato arrestato per violazione di segreto di Stato. La polizia ha chiesto scusa per aver turbato l'armonia collettiva, non censurando il fatto. Quattro agenti sono stati sospesi. E Li Hao? Vergogna, però spopola sulle t-shirt. Un esempio: voleva tutto e ci ha provato.

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